Greenpeace: «Shell chiede 8 milioni di dollari per zittire ogni protesta»

 Dal Web 

«Il gigante petrolifero Shell ha avviato un’azione legale intimidatoria contro Greenpeace UK e Greenpeace International, chiedendo di interrompere per sempre ogni protesta contro le sue infrastrutture in mare o in porto, in qualsiasi parte del mondo, pena un’ingiunzione e una richiesta di risarcimento danni di 8,6 milioni di dollari»: a renderlo noto è la stessa Greenpeace.

«Il gigante petrolifero Shell ha avviato un’azione legale intimidatoria contro Greenpeace UK e Greenpeace International, chiedendo di interrompere per sempre ogni protesta contro le sue infrastrutture in mare o in porto, in qualsiasi parte del mondo, pena un’ingiunzione e una richiesta di risarcimento danni di 8,6 milioni di dollari»:

 a renderlo noto è la stessa Greenpeace.

«L’azione legale è la risposta di Shell alla protesta pacifica di sei attiviste e attivisti di Greenpeace International, avvenuta all’inizio di quest’anno, che avevano occupato per tredici giorni (dal 31 gennaio al 12 febbraio) la piattaforma petrolifera Penguins di Shell, per denunciare i danni provocati dal gigante fossile al clima del pianeta. 

Questa richiesta di risarcimento è una delle più grandi minacce legali contro Greenpeace negli oltre 50 anni di storia della nostra organizzazione» si legge in una nota dell'associazione. 

«Ho vissuto la devastazione causata da Shell e dalle altre aziende fossili. 

Dieci anni fa ho parlato ai colloqui sul clima della COP19 mentre mio fratello era ancora disperso in seguito agli impatti del super tifone Haiyan», spiega Yeb Saño, direttore esecutivo di Greenpeace Sud-Est asiatico, tra gli attivisti citati nella richiesta di risarcimento. 

«Nel 2013 Saño ha subito personalmente l’impatto del tifone Haiyan e per questo motivo si è offerto volontario per partecipare alla recente protesta contro la piattaforma petrolifera di Shell» spiega l'associazione. 

«Incredibilmente, mio fratello è sopravvissuto, ma ha aiutato a trasportare i corpi di 78 persone innocenti che tragicamente non ce l’hanno fatta. 

La Shell sta cercando di mettere a tacere le mie legittime richieste: deve fermare la sua insensata e avida ricerca di combustibili fossili e assumersi la responsabilità della distruzione che sta causando nel mondo.

 Se la Shell si rifiuta di smettere di trivellare, io mi rifiuto di smettere di lottare per la giustizia climatica».

«Al momento della protesta, Shell e il costruttore di piattaforme Fluor avevano annunciato che avrebbero chiesto un risarcimento di oltre 120 mila dollari.

Nelle successive comunicazioni, hanno invece dichiarato che i danni ammonterebbero a oltre 8 milioni di dollari, ma hanno offerto di accordarsi per un importo ridotto e un impegno legale secondo il quale tutti gli uffici di Greenpeace si dovrebbero impegnare a non protestare più sulle infrastrutture di Shell, in qualsiasi parte del mondo, scrive Greenpeace. 

 È un chiaro tentativo di zittirci. 

Ma le minacce di Shell non ci fanno paura.

 Smetteremo di protestare solo quando Shell smetterà di distruggere il clima, rispettando l’ordinanza del tribunale dei Paesi Bassi che impone all’azienda di ridurre le proprie emissioni del 45% entro il 2030, rispetto al 2019, in tutte le attività. 

Non gliela daremo vinta».



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