Nel Varesino un gioiello in bioedilizia: grazie a Paea

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È terminata la ristrutturazione in bioedilizia dell'edificio a uso residenziale la cui progettazione e risistemazione è stata interamente seguita dal personale dell'associazione Paea. Un gioiello che ha recuperato un casale degli anni '60 rendendolo un esempio di comfort e risparmio energetico.

La ristrutturazione del "brutto anatroccolo" degli anni ’60 ha avuto termine e ha raggiunto ottimi risultati in termini di estetica e comfort interno, conseguendo una prestazione energetica di classe A4. Sono stati installati: una pompa di calore aria-acqua per il riscaldamento, un Nuos (scaldacqua a pompa di calore) per l’acqua calda sanitaria ed un impianto fotovoltaico da 3 kW.
Grande la soddisfazione di tutti gli attori dell’impegnativo processo di trasformazione: i committenti, Marina Russo e Walter Milanesi, che hanno avuto un ruolo chiave nella progettazione essendo Marina a capo di Area Progetto dell’Associazione Paea, ma anche i tecnici collaboratori e gli artigiani che hanno prestato il proprio lavoro.
Marina e Walter abitano la loro casa da quasi un anno e hanno avuto prova di cosa significhi vivere in spazi ben coibentati e studiati per il benessere delle persone che li abitano.
Avevamo scritto dell’inizio dei lavori già nel 2017. L’edificio di Caronno Pertusella (VA) era disabitato da qualche anno e vantava tutti i pregi e i difetti dell’epoca di costruzione (anni ’60): generose aperture ma molto disperdenti, come d’altronde tutto l’involucro. Per fortuna si trattava di una costruzione sana dal punto di vista delle fondamenta e non presentava problemi di umidità di risalita.
L’inconveniente di avere due lati dell’edificio coincidenti con la linea di divisione dei lotti confinanti ha fatto escogitare un intervento misto di isolamento delle pareti perimetrali: quelle corte sul confine sono state isolate solo dall’interno con 10 cm di polistirene e 5 cm di sughero biondo mentre le altre due con un cappotto esterno di 15 cm in calce canapa e sughero interno di 5 cm. I ponti termici delle solette di piano sono comunque stati coibentati esternamente con una striscia di polistirene super compresso di 2 cm scrostando l’intonaco esterno per alloggiare l’isolante nello scavo ottenuto.
La falda del tetto esistente è stata isolata con 15 cm di polistirene e 5 cm di sughero naturale, doppio assito per la ventilazione e copertura in lamiera verniciata antirombo; la coibentazione della copertura relativa all’ ampliamento è stata realizzata con calce e canapa posata semi a secco nell’ intercapedine della struttura lignea .





Isolamento di coperturaCassero della parete esterna, zona notte



Il cappotto di canapa e calce è stato realizzato con lo stesso metodo usato per la parete nuova al secondo piano, cioè provvedendo a montare un’intelaiatura di legno, procedendo con una casseratura (da disarmare man mano che il muro sale) ed un getto formato da un impasto di calce e canapa.
L’impasto si ottiene in cantiere miscelando calce idraulica naturale e canapulo con una betoniera planetaria orizzontale.
Si tratta di lavorazioni semplici che devono rispettare le dosi definite di acqua, calce e canapa, comunque svolgibili anche da manovalanza comune.
 Questo rende il sistema proponibile nelle più svariate situazioni: isolamento interno, cappotti esterni, nuove pareti, intonaci.
A parte la descrizione tecnica, ci interessa capire altri aspetti che hanno riguardato la costruzione e abbiamo chiesto a Marina di illustrarceli.
Marina, innanzitutto come vivete la vostra nuova casa?
Questa casa ci sta dando molte soddisfazioni: in estate, le persone che entrano mi chiedono se abbiamo l’aria condizionata dato il comfort di freschezza percepito; e questo inverno che è stato così rigido in Lombardia, abbiamo sperimentato una temperatura costante di 21 gradi giorno e notte, pur avendo i caloriferi praticamente spenti.
Le aspettative iniziali sono state soddisfatte?
Direi proprio di si in quanto volevamo creare un edificio che rispondesse al criterio fondamentale della sostenibilità come la concepiamo noi di PAEA, e cioè che non dobbiamo risparmiare ene

Quali sono stati gli obiettivi raggiunti?
Quello di abitare un edificio ad emissioni zero, portandoci verso l’uso di risorse provenienti esclusivamente da fonti rinnovabili; inoltre abbiamo inserito un serbatoio per l’acqua piovana proprio per evitare il più possibile di consumare acqua potabile per il giardino.
Le difficoltà incontrate sono state di carattere tecnico o di mancanza di competenze tra gli operatori del settore?
Inizialmente abbiamo avuto qualche difficoltà con le maestranze, in quanto facevano fatica a capire la filosofia che desideravo seguire in relazione ai dettagli legati ai ponti termici, ma alla fine con l’impresa Gierre Edile (opportunamente formata), siamo riusciti a terminare la ristrutturazione egregiamente. La formazione è stata affidata al capocantiere dell’Associazione PAEA, Verdiano Donini , il quale ha tenuto un corso rivolto a tecnici e maestranze sulla corretta posa e realizzazione del cappotto in calce e canapa. L’Associazione PAEA ha rilasciato un attestato che è stato consegnato ai partecipanti.
Avete voluto usare per lo più materiali a basso impatto ambientale, questo ha comportato delle difficoltà o dei costi aggiuntivi?
Qualche difficoltà l’abbiamo dovuta affrontare facendo ampie ricerche di mercato per trovare di volta in volta prezzi ragionevoli relativi ai materiali naturali.  Per quanto riguarda la manodopera, per le coibentazioni con materiali naturali non abbiamo potuto avvalerci di prezzi stabiliti dalla Camera di Commercio e questo ha fatto lievitare un po’ i prezzi. Possiamo concludere che se i collaboratori sono eticamente professionali si riesce a contenere i costi.
Perché avete scelto la coibentazione in calce canapa?
Abbiamo scelto questo tipo di coibentazione perché la canapa è una pianta dalle mille risorse (dall’edilizia alla salute, alla bonifica dei terreni inquinati) e della quale, secondo noi, andrebbe incentivata la coltivazione.

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