CONTRO IL PENSIERO UNICO

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L’uomo è l’animale che ragiona. Così si dice.
Penso che se ne possa discutere.

(Mark Twain)
La nostra epoca assiste indifferente al tramonto del pensiero critico sostituito da paralogismi preconfezionati disposti per consumo immediato e, quindi, funzionali a una facile deperibilità, utili esclusivamente all’espressione del momento. Soprattutto, il pensiero si traduce facilmente in slogan,soundbites, ectoplasmi sonori concepiti per promuovere un prodotto, una persona, un’organizzazione, ma privi di ogni ambizione superiore all’istante di un’esaltazione.
La contrazione concettuale e verbale della nostra cultura significa anche il trionfo della citazione, dell’aforisma, della frase zippata: formule che affidano alla sinestesia e al paradosso ogni speranza di verità e che, spesso, non vogliono dire molto di più di quello che serve.
In questa temperie, proporre al pubblico una selezione di citazioni, aforismi e apoftegmi del grande Mark Twain potrebbe sembrare un’ulteriore deriva dell’intelligenza.
In realtà, le parole brevi di Mark Twain posseggono due qualità rare: quella di lacerare le pareti di grigio lattiginoso che impediscono alla mente di guardare al di là dei limiti che il nostro tempo le pone e quella di esporre, nella sua crudezza, l’ordine del discorso (come lo chiama Michel Foucault) che imbeve tutte le nostre parole, tutti i nostri confini comunicativi, sottraendolo alla mediocrità dell’ovvio e mettendo in discussione il sapore trasmesso.
Si può ancora parlare oggi di religione, politica, società in maniera non corriva? Certo, è molto difficile che le nostre parole ricevano una censura ufficiale ed esplicita. Ma quando un discorso sui PACS viene accusato di “irresponsabilità”, un commento che si oppone all’ultimo sermone dell’autorità religiosa viene dichiarato “di cattivo gusto” e un’accusa al moloc del libero mercato viene accolta come il discorso di un “pazzo”, si ha la netta sensazione che ogni pensiero sia irretito all’interno di un ordine tanto vincolante quanto invisibile che interiorizziamo sin da bambini e che ci fa credere nell’esistenza di un pensiero unico.
Contro questa minaccia, scagliare intorno a noi le riflessioni irresponsabili, irriverenti, imperdonabili, spregevoli, scorrette e rabbiose di Twain significa respirare, seppure solo per lo spazio di un aforisma, un’aria di libertà, non afflitta da ipocrisie e menzogne.
Le parole del terribile curmudgeon della letteratura americana hanno la stessa efficacia di quelle del bambino della favola che rivelava la nudità dell’imperatore a dispetto del silenzio dei grandi. Solo che lui – Twain – pronunciò le sue parole “infantili” fino alla morte, nonostante i tentativi di familiari, amici e critici di zittirlo e ridurlo ad autore di libri per bambini. Bambini, evidentemente, fin troppo sottomessi al volere dei genitori.
Quelle che troverete nelle pagine del libro sono circa 200 “sassate” verbali scagliate contro la vigliaccheria e l’indolenza del nostro tempo.
Non tentate di schivarle. Rimarreste solo intrappolati nella vostra viltà.
[Questo testo è la prefazione scritta dal traduttore e curatore del libroImprecazioni d’autore – 238 aforismi rabbiosi di Marc Twain]

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