Il pane è tassato al 4%, il latte l'8,4%. Il gioco d'azzardo lo 0,6%.

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"Da una parte si grida allo scandalo e si parla a voce forte di lotta al gioco d'azzardo, dall'altro si votano in sordina emendamenti dell'ultimo minuto che in realtà lo favoriscono. Guardando meglio, poi, si osserva qualcosa di ancora più curioso: il gioco online, se paragonato ad altro, è praticamente esentasse. Se prendiamo ad esempio due beni di prima necessità come il pane e il latte, scopriamo poi che la differenza è addirittura abissale: il pane infatti è tassato al 4%, mentre il latte al 8,4%.
Il gioco d'azzardo online? 0,6%. Ovviamente, in Italia.
A far notare questa piccola differenza è Simone Feder, 
psicologo e coordinatore dell'Area Giovani e Dipendenze 
della Casa del Giovane di Pavia. Assurdo, se si pensa che
 poi vengono spesi soldi pubblici, raccolti proprio attraverso
 le tasse, per realizzare pubblicità contro quella che è una 
vera e propria malattia in grado di rovinare intere famiglie. 
Ma si sia, l'Italia è la culla dei paradossi, 
 per mantenere alta la reputazione è diventata, 
per l'appunto, uno dei Paesi che più favorisce la diffusione
 della dipendenza da gioco d'azzardo.
"Ora stiamo geolocalizzando tutte le macchinette di Pavia" 
spiega Feder, il quale è uno dei massimi promotori del 
"Movimento No Slot" che ha dato vita a una campagna 
di sensibilizzazione direttamente nei bar, "la battaglia 
deve esser vinta sul piano culturale. I gestori dei bar
 possono mettere sulla loro vetrina un adesivo che indica
 che nel loro esercizio commerciale
 non ci sonoSlot o Video Lottery.
 Bisogna scegliere di andare a bere il caffè in questi locali".
Strano ma vero, per combattere il gioco d'azzardo tocca
 ai semplici consumatori intervenire, boicottando dal basso 
una pratica che sembra sempre più favorita dal 
legislatore nostrano per motivazioni che, apparentemente,
 trascendono una logica sociale."
(Fonte:http://siamolagente.altervista.org/succede-solo-italia-pane-e-latte-tassati-10-
volte-piu-del-gioco-dazzardo-ma-sapete-le-lobby-del-pane-e-del-latte-non-sono-abbastanza-
ricche-per-ricompensare-adeguatamente-nostri-pol/)
Anatomia di un paradosso: l’Italia, nel 2012, 
sarà il secondo Paese al mondo per 
diffusione del gioco d’azzardo,
 con un volume d’affari che si assesterà fra
 gli 88 e i 94 miliardi 
di euro contro gli 80 del 2011.
 Eppure l’Erario incasserà circa il 10% 
in meno da giochi
 e dalle lotterie rispetto all’anno precedente. 
Impossibile? Assolutamente no, 
stando almeno ai risultati del dossier
«Azzardopoli 2.0» redatto da Libera e 
ai risultati della 
campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”
 contro i rischi 
del gioco d’azzardo condotta da un
 cartello di associazioni 
fra le quali 
Acli, Anci, Arci, Cgil, Cnca, Uisp e Gruppo Abele. 
Numeri che certificano come, 
nonostante l’aumento esponenziale 
del volume d’affari della «terza impresa italiana», 
il gioco d’azzardo sia un affare colossale per le
 concessionarie private e per le mafie ma rappresenti 
un investimento in perdita per le casse statali. 
Che dal gioco d’azzardo, incredibilmente, incassano
 sempre meno in termini di tasse mentre sono costrette
 a spese sempre maggiori per far fronte ai costi sociali,
 in costante aumento,
 legati alle ludopatie e all’invasività delle mafie.

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UNO SGUARDO AI DATI
Nei primi otto mesi del 2012, s
econdo lo studio di Matteo Iori del
 «Coordinamento nazionale gruppi
 per giocatori d’azzardo», 
in Italia sono stati giocati
 56,9 miliardi di euro, 
con un aumento del 17,7%
 rispetto a quanto
 successo nel 2011.
 Numeri che permettono di ipotizzare 
che il volume di 
affari legale, 
alla fine dell’anno, si aggirerà fra gli 88
 e i 94 miliardi di euro contro gli 80 del 2011. Un aumento a cui
 non corrisponde il segno più per quanto riguarda invece l’incasso
 per l’Erario: nel primo semestre dell’anno in corso, infatti, l’Italia
 ha incassato 4,1 miliardi dal gioco d’azzardo con una diminuzione
 del 9,9% rispetto allo stesso periodo del 2011. 
Per cui, se la tendenza sarà confermata, alla fine dell’anno 
l’Erario incasserà dal settore del gioco d’azzardo una cifra 
inferiore agli 8 miliardi, numeri simili a quelli dell’anno 2008
 quando però il volume d’affari complessivo 
era di circa la metà dell’attuale. 
E se le entrate per lo Stato nel 2004
 rappresentavano il 29,4% del totale del fatturato,
 nel 2012 questo rapporto si assesterà ad un incredibile 8,4. 
«Che significa - spiegano i curatori del rapporto - 
una cifra più o meno simile di entrate
 fiscali mentre il fatturato 
è cresciuto di quasi il 400%». 
Questo perché, secondo Iori,
 «i giochi introdotti negli ultimi anni
 hanno una tassazione inferiore
 rispetto ai precedenti, 
a vantaggio del pay out per i 
giocatori e dell’industria del gioco». 
Se infatti dei proventi del Superenalotto
 l’Erario incassa il 44,7%,
 dai ben più«moderni» Poker Cash e casinò on line
 lo stato italiano incassa in tasse soltanto lo 0,6%.
UN PAESE DI GIOCATORI
Nel 2011 l'Italia è stato il primo Paese europeo,
 il terzo al mondo, 
per volume d'affari del gioco d'azzardo.
 Con 18,4 miliardi di euro, infatti,
 il nostro paese ha rappresentato oltre il 15% del 
mercato europeo del gioco 
e più del 4,4% del mercato mondiale a fronte dell'1%
 della popolazione del globo.
 Un record non invidiabile che, secondo le stime, 
è destinato ancora a migliorare nel 2012 quando
 il nostro paese salirà al secondo posto 
nella classifica del pianeta.
Segno che il gioco d’azzardo non conosce crisi e
 che gli italiani 
continuano a spendere per giochi e 
lotterie nonostante si siano 
ormai abituati a fare economia sulle spese alimentari 
(secondo l’Istat nel 2010 il 65,3% dei nuclei
 familiari ha comprato meno cibo) 
e siano crollati i risparmi delle famiglie
 (12%, il minimo dal 1995). 
La spesa pro capite degli italiani per il gioco d’azzardo, 
infatti, ha toccato quota 1703 euro
 (1.450 se si considerano anche i neonati)
 con picchi da 2.110 euro in Abruzzo e 2.078 nel Lazio. 
Impressionante anche il dato delle persone che
 hanno problemi di dipendenza
 che si assesta, secondo le stime, fra i 500 e gli 800mila. 
Numeri che costringono 
l’Italia a spendere una cifra compresa
 fra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro annui
 per far fronte ai costi sociali e sanitari 
che il gioco d’azzardo patologico 
comporta per la collettività. 
LE MAFIE INGRASSANO
A questi, poi, vanno aggiunti i costi
 difficilmente quantificabili
 legati alle infilatrazioni mafiose e alla crescita 
del fenomeno dell'usura. 
Perché quello dei giochi è un settore di
 punta nel business delle mafie:
 un volume d'affari che, 
secondo Libera, si aggira attorno ai 15 miliardi annui.
 Questo spiega perché, su tutto il territorio nazionale, 
sono stati censiti ben 49 i clan coinvolti
 nel controllo dei giochi illegali e non.
 Nomi che coinvolgono il gotha mafioso come i 
Casalesi, i Bidognetti, i Mallardo, i Santapaola,
 i Condello, i Mancuso, i Lo Piccolo e gli Schiavone.

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