Perché dovremmo utilizzare le batterie al sale?

 Dal Web

Una tecnologia con i suoi pro e i suoi contro, ma che indubbiamente va nella direzione di una maggiore sostenibilità.

Morris MacMatzen//Getty Images

Cercare di produrre energia sostenibile non è più un’ostinata idea di pochi: viviamo in un’era dove il rispetto per l’ambiente è diventato un valore assoluto e la missione prioritaria di tantissime aziende, che fanno della circolarità e del riciclo delle risorse parte integrante dei propri piani industriali. 

Sono tante le idee e le iniziative per concorrere in questa direzione, specialmente nell’ambito della conservazione di energia: è in questo contesto che si sviluppa il recente interesse per le batterie al sale.

Molto meno inquinanti delle batterie al litio, la loro diffusione è ancora limitata per via dei costi elevati e del ridotto numero di utilizzi possibili: nell’ultimo decennio alcune start-up, tuttavia, le stanno implementando nel settore della mobilità, così come in quello dell’autoproduzione di  energia rinnovabile

Per esempio, esistono alcuni bivacchi in montagna e piccoli moduli abitativi alimentati con le batterie al sale

Ma cos’è nello specifico questa tecnologia? E come funziona?

Cosa sono le batterie al sale

Le batterie al sale, conosciute anche come accumulatori di sale, sono dei dispositivi che immagazzinano  energia

l’obiettivo, diciamo così, è lo stesso delle batterie al litio, ma a cambiare è la composizione chimica interna

Questo tipo di accumulatore viene detto “al sale” per via dell’altissima presenza di cloruro di sodio (32%): 

il sodio è un elemento della tavola periodica che, rispetto al litio delle batterie canoniche, è più facile da reperire ed è anche riciclabile, anche se presenta una gestione più difficile.

Tuttavia, non è tutto oro ciò che luccica: 

come vi abbiamo accennato in apertura, non solo le batterie al sale sono più costose di quelle al litio, ma presentano anche una forte componente di nichel (20%), di gran lunga l’elemento più presente dopo il sodio e seguito in misura minore da ceramica, ferro, rame ed elementi vari.

Il nichel, rispetto al sodio, è più difficile da reperire e necessita di accorgimenti particolari nell’ambito dello smaltimento per non impattare sulla natura.

Composizione e funzionamento

Ma come sono costituite, nello specifico, le batterie al sale?

 Perdonateci la breve parentesi tecnica, è necessaria per inquadrare al meglio questa tecnologia.

Ogni cella nello stato carico vede un elettrodo positivo di cloruro di rame e nichel (catodo) e uno negativo di sodio liquido (anodo), a separare i due elettrodi c’è un tubo ceramico chiamato elettrolita ceramico beta-alluminato.

 Il contatto tra quest’ultimo e l’elettrodo positivo è garantito da un elettrolita secondario fuso. 

Non entreremo eccessivamente nei dettagli, sappiate comunque che il funzionamento si basa sul raggiungimento delle alte temperature per fondere un elemento specifico, in questo caso il sodio (97,8°C), in sostanza, le batterie al sale lavorano con un range compreso tra i 270°C e i 350°C.

Da dove arrivano le batterie al sale

Nonostante l’utilizzo piuttosto recente, in realtà le batterie al sale nascono nei lontani anni ’80 in Sudafrica: dietro questa intuizione c’è la Zeolite Battery Research (Zebra) che inventa la Zebra Battery

Una storia molto vecchia, quindi, che vede l’azienda in questione cambiare diverse proprietà, un elemento che di fatto rallenta di molto gli investimenti economici e lo sviluppo sul mercato di questo tipo di tecnologia. 

Una svolta importante arriva con l’azienda italiana Elettra 1938, che riesce a produrre queste componenti in serie sotto il nome di FZSoNick, facendole adottare da alcune compagnie di autobus.

Anche nel resto del mondo le batterie al sale trovano diverse aziende molto interessate alla loro produzione: 

l’esempio più noto è quello costituito dalla CATL, società cinese considerata la più grande produttrice di batterie in tutto il mondo.

 Anche l’azienda italiana AMG Italian Energy Storage, nonostante la giovane età, sta fornendo un contributo importante allo sviluppo capillare di questa tecnologia.

Pro e contro delle batterie

Dunque, quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa tecnologia?

 Perché conviene investire su di essa? 

Le batterie al sale, come già indicato, costituiscono una soluzione estremamente valida per andare verso una sostenibilità energetica:

 oltre a essere riciclabili, presentano una lunga durata, non necessitano di manutenzione, non presentano rischio di incendio e non sono tossiche per l’essere umano. 

In aggiunta, possono funzionare anche a basse temperature ambientali per via dell’ottimo isolamento termico e, non risentendo delle variazioni di temperatura, presentano un’efficacia costante che non diminuisce con l’utilizzo prolungato. 

Un quadro estremamente interessante e positivo, dunque.

Purtroppo, esistono anche dei punti a sfavore

una svolta scaricate, le batterie al sale hanno bisogno di circa 10-12 ore per tornare alla temperatura interna operativa, rendendole poco adatte a cariche saltuarie e veloci. 

In aggiunta, le dimensioni non consentono l’utilizzo per dispositivi di piccola taglia (come i cellulari) e non c’è ancora una catena di distribuzione capillare e rodata come quella delle batterie al litio.


Molto meno inquinanti delle batterie al litio, la loro diffusione è ancora limitata per via dei costi elevati e del ridotto numero di utilizzi possibili: nell’ultimo decennio alcune start-up, tuttavia, le stanno implementando nel settore della mobilità, così come in quello dell’autoproduzione di












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Per esempio, esistono alcuni bivacchi in montagna e piccoli moduli abitativi alimentati con le batterie al sale

Ma cos’è nello specifico questa tecnologia? E come funziona?








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