Amnesty: «Fermate la nave saudita che carica armi»
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«La nave saudita Bahri Yanbu deve essere fermata! Il cargo transiterà attraverso il porto civile di Genova dove si ritiene venga a caricare attrezzature militari dirette in Arabia Saudita»: è l'appello di Amnesty International.
«La nave saudita Bahri Yanbu deve essere fermata! Il cargo transiterà attraverso il porto civile di Genova dove si crede venga a caricare attrezzature militari dirette in Arabia Saudita»: è l'appello di Amnesty International.
«Azioni legali, manifestazioni e mobilitazioni per contrastare il ritorno della Bahri Yanbu sono in corso in diversi porti europei. Dal 27 gennaio 2020 questa nave da trasporto di proprietà saudita ha già spedito armi per decine di milioni di dollari per alimentare il conflitto in Yemen» spiega l'associazione per la difesa dei diritti umani.
L’ultimo viaggio della nave saudita carica di armi
Essendo tornata da un viaggio transatlantico durante il quale ha effettuato una sosta negli Stati Uniti e in Canada a dicembre, la nave avrebbe dovuto attraccare in cinque porti europei dal 2 febbraio 2020, prima di continuare il suo viaggio in Arabia Saudita: Bremerhaven (Germania), Anversa (Belgio), Tilbury Docks (Regno Unito), Cherbourg (Francia) e Genova (Italia). Alla fine non c’è stata la sosta in Belgio: le autorità belghe hanno esercitato pressioni sulla nave per non farla attraccare e non farla transitare nelle loro acque.
Essendo tornata da un viaggio transatlantico durante il quale ha effettuato una sosta negli Stati Uniti e in Canada a dicembre, la nave avrebbe dovuto attraccare in cinque porti europei dal 2 febbraio 2020, prima di continuare il suo viaggio in Arabia Saudita: Bremerhaven (Germania), Anversa (Belgio), Tilbury Docks (Regno Unito), Cherbourg (Francia) e Genova (Italia). Alla fine non c’è stata la sosta in Belgio: le autorità belghe hanno esercitato pressioni sulla nave per non farla attraccare e non farla transitare nelle loro acque.
«Durante un viaggio simile effettuato a maggio 2019, le proteste e le azioni legali hanno impedito il caricamento di alcune delle armi destinate al conflitto in Yemen sulla “Bahri Yanbu” -spiegano da Amnesty - Nonostante le proteste e i tentativi di bloccare tutte le operazioni di carico, parte della fornitura, del valore di decine di milioni di dollari, è arrivata a destinazione. Numerosi stati hanno fallito nel loro obbligo internazionale di interrompere i trasferimenti di armi utilizzate per commettere crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani».
Con questo nuovo viaggio della Bahri Yanbu, i governi europei sono chiamati nuovamente ad adempiere ai loro obblighi e a fermare ogni nuovo carico di armi.
I carichi segreti delle navi saudite
«Data la segretezza che circonda la spedizione di Bahri Yanbu, non disponiamo di informazioni specifiche che indichino che tipo di armi il cargo stia trasportando in Arabia Saudita- prosegue l'associazione - Tuttavia, date le circostanze di questo viaggio e la deplorevole storia della nave, temiamo che gli stati stiano correndo il rischio reale di non adempiere nuovamente al loro obbligo legale di impedire trasferimenti illegali di armi. L’agente belga di trasporto logistico per la società Bahri ha confermato ai media fiamminghi, il 2 febbraio, che sulla nave è presente “materiale rotabile” e ci sono “materiali destinati ai servizi militari”».
«Data la segretezza che circonda la spedizione di Bahri Yanbu, non disponiamo di informazioni specifiche che indichino che tipo di armi il cargo stia trasportando in Arabia Saudita- prosegue l'associazione - Tuttavia, date le circostanze di questo viaggio e la deplorevole storia della nave, temiamo che gli stati stiano correndo il rischio reale di non adempiere nuovamente al loro obbligo legale di impedire trasferimenti illegali di armi. L’agente belga di trasporto logistico per la società Bahri ha confermato ai media fiamminghi, il 2 febbraio, che sulla nave è presente “materiale rotabile” e ci sono “materiali destinati ai servizi militari”».
«In base a quanto riportato nelle polizze di carico che abbiamo analizzato - è ancora Amnesty - Bahri Yanbu ha trasportato, dall’inizio della guerra in Yemen nel 2015, quasi 360 milioni di dollari in attrezzature militari o ad uso misto nei dieci viaggi compiuti tra Stati Uniti e Arabia Saudita prima di questo ultimo trasporto. I dati attualmente disponibili mostrano che, durante il viaggio, la nave è stata in diversi porti europei. A maggio 2019 la Bahri Yanbu aveva già trasportato 47 milioni di dollari in parti e attrezzature militari, molti dei quali corrispondevano ad aerei militari. Germania, Belgio, Canada, Spagna, Francia, Italia e Regno Unito sono tutti stati parte del Trattato sul commercio di armi. Sebbene gli Stati Uniti siano firmatari, il governo di Donald Trump ha dichiarato di non avere intenzione di ottemperare agli obblighi imposti da questo testo».
«Il trattato proibisce i trasferimenti internazionali di armi che sarebbero utilizzate per commettere crimini di guerra, come attacchi a civili. Inoltre, la posizione comune del Consiglio d’Europa stabilisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari e vieta anche agli Stati membri dell’Ue di autorizzare i trasferimenti di armi in tali circostanze».
Il conflitto in Yemen e la crisi umanitaria
«La guerra aerea e terrestre condotta dalla coalizione guidata da Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti nello Yemen ha lasciato migliaia di civili morti e feriti, compresi gli attacchi lanciati in violazione del diritto internazionale umanitario che, probabilmente, costituiscono crimini di guerra. Il conflitto è caratterizzato da gravi crimini ai sensi del diritto internazionale, tra cui sparizioni forzate e tortura - conclude Amnesty - È in questo contesto che, con altre organizzazioni, abbiamo chiesto al Tribunale penale internazionale l’11 dicembre 2019 di mettere in discussione la responsabilità dei fornitori di armi nei confronti della coalizione».
«La guerra aerea e terrestre condotta dalla coalizione guidata da Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti nello Yemen ha lasciato migliaia di civili morti e feriti, compresi gli attacchi lanciati in violazione del diritto internazionale umanitario che, probabilmente, costituiscono crimini di guerra. Il conflitto è caratterizzato da gravi crimini ai sensi del diritto internazionale, tra cui sparizioni forzate e tortura - conclude Amnesty - È in questo contesto che, con altre organizzazioni, abbiamo chiesto al Tribunale penale internazionale l’11 dicembre 2019 di mettere in discussione la responsabilità dei fornitori di armi nei confronti della coalizione».
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