La scomparsa degli insetti: “Solo il biologico ci può aiutare”

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Di Michela Dell' Amico

Una lunga concatenazione di studi scientifici sottolinea una situazione ormai drammatica per api, farfalle, scarabei e molti altri insetti alla base della catena alimentare. Ma la soluzione esiste.
Diversi allarmi stanno gettando luce negli ultimi anni, e nelle ultime settimane, sul vasto e complesso problema della scomparsa di insetti: le api sono tra le categorie maggiormente a rischio, ma non sono la sola specie in forte e costante declino. «Il principale problema riguardo agli insetti è che ne sappiamo poco, si pensa che siano numerosi e non rischino. Invece non è così. Un primo fondamentale lavoro è stato quello degli entomologi tedeschi che, dall’89 al 2013, hanno monitorato la quantità, la massa di insetti presente in certe aree protette del Paese. Ebbene in 24 anni, e sottolineo che si trattava di aree protette, la diminuzione registrata è stata del 78%, il che significa un disastro nella rete ecologica alimentare, perché gli insetti sono la base della catena alimentare, garantiscono la sopravvivenza di talpe, pipistrelli, uccelli e via dicendo». Stefano Mazzotti è il direttore del Museo civico di Storia Naturale di Ferrara, è un entomologo e studia da anni questi fenomeni.
Dopo questo primo imponente lavoro, racconta, ne sono arrivati altri. «Su Plos One uno studio su 60 aree protette in Germania ha confermato la prima analisi, registrando diminuzioni variabili dal 76 all’82% in 27 anni».
Ancora: l’anno scorso un lavoro simile, portato avanti in Costa Rica, ha trovato una perdita paragonabile, sempre nel medio termine, parlando della sesta estinzione di massa per quanto riguarda gli insetti. 
Una review di quest’anno, pubblicata su Biological Conservation, ha sancito nuovamente l’estinzione delle prime specie e perdite ingentissime: la massa di insetti si è ridotta dal 60 al 90 per cento. 
Insomma, la gravità di questi fenomeni sta emergendo solo adesso, e rimediare sembra molto difficile. «Questi dati sono una novità, anche perché solo adesso stiamo iniziando a studiare il fenomeno» continua il Direttore. «Scarabeidi, farfalle e farfalle notturne, carabidi, cioè insetti del suolo, dove inevitabilmente si concentrano le sostanze tossiche, insetti acquatici e api sono ad oggi le specie più a rischio, molte delle quali già estinte. Le api selvatiche sono a forte rischio, alcune specie sono ormai estinte: ed è un processo irreversibile». 
Eppure, nonostante questi primi studi, stiamo parlando ancora di ambiti molto poco noti. «Mentre sappiamo molto dei vertebrati, abbiamo liste precise ad esempio sui mammiferi a rischio di estinzione, conosciamo i numeri e le stime, non sappiamo quasi nulla degli insetti e non facciamo nulla per cambiare, né per investire in ricerca, né per bloccare i sistemi che sappiamo che generano questo collasso. Devo dire ad esempio che la polemica in atto nel governo riguardo il biologico (si discute in Senato sull’utilità di promuovere o meno l’agricoltura biologica, considerata da molti politici e alcuni esperti troppo poco produttiva, n.d.r.) si basa su questa ignoranza. Ci sono sì ricercatori contrari al biologico, ma le loro tesi si basano sull’assenza di dati storici e sulla gravissima scarsità di dati recenti». 
«Il biologico andrebbe certamente incentivato, e non sono solo io a dirlo» sottolinea Mazzotti. « Sul sito dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) si parla del declino di varie specie di insetti e si spiega chiaramente che il principale responsabile è l’agricoltura intensiva chimico industriale, che è anche una delle principali cause dell’alterazione climatica in atto, oltre che dell’avvelenamento di acque e suolo. Le alternative ci sono. Se la biodinamica è una pratica religiosa ed esoterica che va sicuramente circoscritta tra i fenomeni dell’antropologia culturale, è invece fondamentale sapere e valutare le sostanze chimiche ammesse nel biologico (il rame) e il peso del loro impatto rispetto ad esempio ai glifosati. In questo momento stiamo facendo regredire la realtà delle cose, in natura, a una sola specie, come facciamo per le monocoltura… ma il mondo, la natura… non funzionano così: non posso semplicemente cancellare dalla faccia della terra le cosiddette erbacce disperdendo veleni nel suolo. Visto il collasso di insetti e il loro ruolo fondamentale per l’impollinazione, ci sono stime dei danni già oggi portati all’agricoltura da questo fenomeno (cioè la mancata impollinazione, n.d.r.). Questi processi sono molto complessi e articolati, e in gran parte sconosciuti, ed è dunque difficile stabilire una linearità di causa ed effetto. Ma da quel che sappiamo è lampante che l’agricoltura intensiva deve prendere altre strade, e rivolgersi al biologico». 

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