Gli accademici scoprono l’acqua calda: il mercato non può superare i limiti ambientali
Dal Web
Ci sono senza dubbio coloro che fanno sacrifici e si impegnano moltissimo per ottenere la laurea; ma, diciamolo, per tante discipline il mondo accademico è un autentico bluff. E quando si parla di tematiche energetiche e ambientali ancora di più!
di Paolo Ermani
Ci sono persone che si iscrivono a discipline universitarie varie, spendono soldi, passano notti insonni a studiare, si impegnano moltissimo, fanno sacrifici, cercano anche di andare in prestigiose università, frequentare i migliori professori, raggiungono lauree e quindi poi applicano quanto studiato. Ok, è un dato di fatto. Ma, diciamolo, per quanto riguarda diverse discipline il mondo accademico è un autentico bluff.
Nei corsi di formazione che organizziamo come Associazione Paea, in collaborazione con il Parco delle Energie Rinnovabili, su tematiche energetiche e ambientali in oltre venticinque anni di lavoro sulla formazione, ne abbiamo avuto costante conferma. Persone che studiano anni e anni e poi non sanno l’abc del risparmio energetico, della fisica delle costruzioni applicata alle performance energetiche, dell’impatto ambientale dei materiali e così via, in un sistema accademico dove pochi sono i professori che si aggiornano realmente e che propongono aspetti nuovi e utili.
Non poche volte il professore universitario, sicuro del suo inamovibile posto, non ha grande interesse a scoprire nuove concezioni, modelli, sistemi, tanto il suo lautissimo stipendio lo prende comunque e inoltre in virtù del suo trono accademico, viene anche chiamato a presenziare, a parlare in televisione, scrive libri che magari non legge nessuno se non gli studenti costretti a farci gli esami, ma scriverli fa pecunia e curriculum. E dato che il soldo muove il mondo, una delle facoltà più importanti è quella di economia dove, per ribadire ulteriormente il concetto che è il soldo che conta, ci si associa spesso il commercio.
Dalle facoltà di economia soprattutto prestigiose si formano spesso i manager di alto livello, i politici che contano e da lì sono state gettate le basi per costruire il mondo attuale a immagine e somiglianza del dio denaro. Va da sé che in queste facoltà tutto è insegnato tranne l’unica economia degna di questo nome e cioè quella della natura che ha precise regole e limiti che nessun microscopico uomo può sfidare o sovvertire senza venire spazzato via così come sta puntualmente accadendo. E quindi si è andati avanti a raccontare favolette sulla crescita, su come aumentarla in maniera costante e sostanzialmente ci sono solo due tesi degli economisti per aumentare la crescita: ci sono quelli che dicono di lasciare fare tutto ai privati e al mercato e invece quelli che dicono di metterci un po’ di Stato nella minestra, altrimenti diventa troppo salata. Sostanzialmente su queste tematiche hanno vissuto moltitudini di professori e imparato eserciti di studenti. Hanno imparato queste storielle che non tengono conto delle vere basi dell’economia e i risultati li vediamo con una Terra sempre più impoverita di risorse, sempre più inquinata e una umanità prossima all’autodistruzione.
Un vero economista, Georgescu Roegen, già negli anni ‘70 fu uno dei pochi nella storia recente che rimise al centro gli aspetti base dell’economia e cioè quelli ambientali, ragionando anche sui limiti che il mercato e l’economia in genere dovevano tenere nella massima considerazione. Essendo queste tesi della massima serietà e intelligenza ma che andavano contro le dottrine classiche, furono marginalizzate e Roegen non ebbe quel riconoscimento che sicuramente gli sarebbe spettato. Dopo di allora ogni tanto spunta fuori qualche economista classico che facendo 1 + 1 invece di avere risultati fantasiosi come accade normalmente agli economisti, gli viene incredibilmente il risultato 2. Certo bisogna aver sudato parecchio per ottenere questo clamoroso risultato però qualcuno ce la fa. Uno di questi è un accademico stimato, Paul De Grauwe, che insegna alla prestigiosa università di economia e scienze politiche di Londra e che ha girato le cattedre di mezza Europa, con un curriculum di tutto rispetto.
De Grauwe ha scritto un libro intitolato “I limiti del mercato” dove, udite udite, ha capito che il mercato ha dei limiti e quei limiti sono anche quelli ambientali. Non oso immaginare quanto abbia faticato il tapino, quanto avrà spremuto le meningi ma l’importante è che ce l’abbia fatta: uno dei maggiori studiosi europei dell’economia ha scoperto l’acqua calda. Chiunque infatti può capire che non è possibile far coesistere un sistema come quello di mercato che depreda e distrugge tutto quello che incontra sul cammino e deve crescere costantemente, con un sistema da risorse finite e dai limiti della natura come quello che ci ospita altrimenti chiamato Terra. Ma se queste ovvietà le dice un accademico di fama, ecco allora che ci appare la luce.
Senza essere accademico, c’è chi queste cose le dice da decenni e fornisce anche soluzioni non fantasiose o scontate che non siano il solito: lo Stato dovrebbe intervenire. Ci sono infatti varie persone che sulla scia di pensatori come Roegen o Martinez Alier, che già nel 1987 pubblicava il bellissimo Economia Ecologica, hanno analizzato a fondo la questione e dato soluzioni concrete all’impossibile economia della crescita e della vendita di qualsiasi cosa, compresa l’anima. Mi permetto umilmente di affermare che il libro “Solo la crisi ci può salvare”, scritto da me assieme ad Andrea Strozzi, che analizza mercato, crescita, ambiente, risorse, dà soluzioni assai concrete ed è un tantinello più avanti dell’accademico in questione e di altri che solo ora giungono all’ovvietà. Forse quando la si smetterà di dare credito a titoli e parrucconi ma si baderà alla sostanza e alle soluzioni reali, si potrà fare quel cambiamento necessario e non più rimandabile di un mondo in balia del mercato senza limiti.
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