Farmaci: il mercato del terzo millennio. La nostra salute fa male alle multinazionali

Dal Web

C'è qualcuno che ancora crede che la nostra salute sia compatibile con gli interessi delle case farmaceutiche? Beh, ecco qualche dato che potrebbe farvi cambiare idea...

Ecco solo una breve lista di scandali che riguardano i farmaci.
Il Ministero chiede un risarcimento a Pfizer, Roche e Novartis – 28/5/2014
AIFA ritira farmaci con Valstaran. Sono potenzialmente cancerogeni – 6 luglio 2018
Scandalo Novartis. Come funziona il sistema delle prescrizioni pilotate – 23 novembre 2015
In Francia esplode il caso Mediator. Storia tragica di un farmaco… - 23/12/2010
Scandalo Eutirox per la tiroide… gravi danni alla salute – 3 aprile 2018
Corruzione, in manette medici e imprenditori farmaceutici in tutta Italia – 8 maggio 2017
L’avidità di Big Pharma uccide decine di migliaia di persone nel mondo. Gli esperti chiedono urgentemente una pubblica inchiesta sulle “oscure” pratiche. Un gruppo di sei eminenti medici, tra cui Sir Richard Thompson, presidente dell’Ordine Reale dei Medici, mette in guardia sull’influenza delle compagnie farmaceutiche nelle prescrizioni di medicine… - 23/2/2016
Naturalmente è solo un assaggio.
Gli scandali che coinvolgono l’ambiente medico si susseguono da anni, senza scalfire la fiducia delle masse nella “scienza medica” ufficiale e paludata. Quella scienza medica al servizio del mercato e delle multinazionali farmaceutiche, nella quale si trovano a loro agio e prosperano individui privi di scrupoli, che si ammantano dell’immeritato prestigio di una professione il cui mito comincia ora a sgretolarsi, anche se lentamente e in modo quasi impercettibile. Come succede per quelle crepe e quegli scricchiolii apparentemente insignificanti, che precedono il crollo di edifici imponenti ma dalle fondamenta instabili.
Le multinazionali farmaceutiche controllano ormai quasi completamente la “scienza” medica, l’istruzione dei novelli scienziati e medici, la politica sanitaria nazionale e internazionale, i media “ufficiali” che sono anche quelli diffusi ovunque. Così è facile confondere le acque, rintuzzare qualsiasi critica al sistema del mercato dei farmaci, facendola passare per “antiscientifica”. E’ facile anche far passare sotto silenzio e rendere inapplicabile qualsiasi studio scientifico che non porti acqua, o meglio soldi, alle tasche senza fondo dei capitalisti di Big Pharma. Perché questo è oggi la medicina: un investimento sicuro per i predatori del capitale globale.
Allora vediamo chi sono i capi di tutta questa scienza a cui dovremmo affidare anima, corpo, e finanze degli stati, cioè nostre. Scegliamo, non a caso, i capi di alcune tra le più grosse e grasse aziende farmaceutiche mondiali.
“Uno dei settori economici più maturi e consolidati è quello farmaceutico” ci dicono, e non è difficile credergli. Da ciò deriva, ovviamente, che i farmaci sono un mercato, e che più se ne consumano e meglio è per i “mercanti”.
Infatti i loro capi sono tutti uomini d’affari, e dunque il loro compito è creare e consolidare mercati.
Alex Gorsky, presidente della Johnson & Johnson, ha studiato all’Accademia Militare di West Point e ha fatto il militare di carriera per sei anni, prima di decidere che non era la sua vocazione. La sua vocazione era far soldi, evidentemente, dato che ottiene un master in “business administration”, cioè in affari, e comincia a farli, gli affari. Nel suo curriculum si susseguono mercati, vendite, profitti da Novartis in poi.
Il suo “secondo”, Dominic Caruso, ha una laurea in Amministrazione Aziendale. Prima di dedicarsi agli “affari farmaceutici” lavorava per la KPGM, una finanziaria internazionale che si occupa di “servizi alle imprese”.
Questi servizi sono consulenze, per esempio, su come e dove investire e su come non pagare tasse (sempre legalmente, per carità). Poi, si vede che investire in farmaci era OK, è passato alle farmaceutiche, una via l’altra.
Il terzo in ordine d’importanza, Joaquin Duato, è un altro laureato in “come far soldi”. Dicono molto bene di lui i suoi amici di Big Pharma e, secondo il loro punto di vista, ha tutti i meriti poiché possiede: “… Una comprovata capacità di creare soluzioni commerciali innovative… I risultati sono chiari: 16 nuovi prodotti lanciati sul mercato dal 2009 e l’aspettativa di 10 miliardi di dollari di profitti prima del 2019”.
Profitti in più, naturalmente. I miliardi per l’industria della medicina (della malattia?) sono noccioline: uno tira l’altro e non ci si sazia mai. Non per niente il loro Joaquin collabora con tre o quattro università, dove insegna scienza del business ai giovani futuri pescecani della finanza. E, per finire, questa macchina da affari in sembianza umana dirige anche Save the Children. Ma da chi li salverà, i bambini?
Passiamo alla seconda industria della medicina, Hoffmann La Roche, e vediamo cosa troviamo.
Al suo vertice Christoph Franz, laureato alla Scuola Superiore di Commercio di Lione (potevamo scommetterci), e poi anche in Ingegneria Industriale. Tanto per avere qualche possibilità in più. E’ stato dirigente di Lufthansa, di Deutsche Bahn (ferrovie tedesche), di Swiss International Air Lines, immaginiamo in veste di ingegnere. Poi deve aver prevalso il commercio ed è passato a Big Pharma. Ma dirige anche Zurich Insurance Group e una serqua di altre cose finalizzate a fare tanti soldi.
Il suo vice, André Hoffmann, è un economista. Non ci sorprendiamo più. Stiamo parlando di mercati, non di salute, guarigione, cura. Stiamo parlando di profitti astronomici come unico obiettivo. E infatti il signor André Hoffmann si è fatto le ossa lavorando per una finanziaria misteriosa e fantomatica, James Capel & Co. Limited, che si occupava di “mediazioni d’affari e consulenza finanziaria”, avendo le proprie sedi in paradisi fiscali (!?!?).
Ha lavorato anche per la Nestlè e fa parte di undici fondazioni filantropiche (chissà perché si chiamano così, forse perché anche i capitalisti globali sono uomini e queste fondazioni sono loro amiche) dal Sud Africa alla Gran Bretagna, oltre che di altre quattro multinazionali, da San Francisco a Londra.
Andiamo avanti, passiamo alla Pfizer. Il suo capo, Ian Read, è laureato in ingegneria chimica (un po’ di cambiamento) ed è anche presidente del Worldwide Biopharmaceutical Businesses, che significa “Mercati Globali Biofarmaceutici”. Non dimentichiamoci mai che di mercati si tratta. E’ anche direttore della Kimberly Clark Corporation, la multinazionale di tutta quella carta usa e getta, più una quantità di detergenti tossici che sicuramente aiutano il mercato dell’industria farmaceutica.
Come piccolo esempio dei redditi di questi benefattori dell’umanità, è bene sapere che il salario che il “nostro” riceve solo dalla Pfizer ammonta a 29 milioni di dollari (e rotti) l’anno. Non dubitiamo che poi guadagni anche dalle azioni della Pfizer e delle altre compagnie che così lautamente lo pagano; è ovvio che sarà per lui un incentivo in più per aumentarne i guadagni.
Pensate che basti? Un altro piccolo sforzo. L’informazione a volte può salvare la vita.
Siamo arrivati alla GlaxoSmithKline, quella che fornisce l’Italia di vaccini a gogò, e che in questo mercato “scommette un miliardo in Italia nei prossimi quattro anni”. E possiamo immaginare che questi signori scommettano solo quando sono sicuri di vincere. “Un investimento sostanzioso e forse addirittura sottostimato rispetto ai programmi mondiali di GSK, che proprio dalle attività nel nostro paese conta di incrementare il business del gruppo… Leader mondiale dei vaccini con 3,7 miliardi di sterline di fatturato su 23,9 totali, è da questo settore che la multinazionale britannica si aspetta una autentica escalation nei prossimi anni”
Ecco, i vaccini sono un grosso business e la Glaxo era sicura di vincere la scommessa italiana (non scommettono se non sono sicuri di vincere) con l’aiuto di qualche ministro, di tutti i mediaservi e di tutti quegli “scienziati” della medicina che fanno parte del business, lavorando per le multinazionali farmaceutiche e guadagnando dai brevetti di molecole varie da schiaffare nei vaccini stessi.
Il primo della lista GlaxoSmithKline è Sir Philip Hampton. “Sir”, sapete, è un titolo nobiliare; si eredita dal proprio papà o viene conferito ex novo dalla Corona Britannica. Di solito per servigi resi al paese, spesso di ordine pecuniario. I Beatles furono nominati Sir perché facevano entrare nelle casse dello stato britannico milioni di sterline. Anche il pirata Francis Drake, la cui attività consisteva nell’attaccare le colonie spagnole in America e le navi spagnole, massacrando e depredando, e nel fare commercio di schiavi, e che attaccò la roccaforte scozzese nell’isola di Rathlin, massacrando 400 donne e bambini, fu nominato Sir per le sue conquiste vantaggiose per l’Impero Britannico. Ora, noi non sappiamo quanta affinità ci sia tra Sir Philip Hampton e Sir Francis Drake, però, con qualche informazione, possiamo fare delle deduzioni.
Sir Philip Hampton, prima di approdare (tanto per usare un termine nautico e rimanere nel romantico ambito della pirateria) alla GSK è stato: direttore finanziario della privatizzata British Steel, la maggior produttrice di acciaio in Britannia; direttore finanziario della privatizzata British Gas; direttore finanziario di BG Group, multinazionale di gas e petrolio; direttore finanziario di British Telecom, multinazionale delle telecomunicazioni; direttore finanziario di Lloyds TSB, considerata una delle quattro più importanti banche (cioè multinazionali della finanza) mondiali; direttore di Sainsbury,s, la terza catena di supermercati del Regno Unito, nonché gruppo immobiliare e bancario.
Lascio a voi decidere se in tutte queste vesti abbia fatto più o meno vittime di Sir Francis Drake.   
Non è il caso di dilungarsi sugli altri dirigenti della GSK, fanno sempre parte della stessa ciurma. Solo un piccolo, pittoresco particolare. Emma Walmsley, la seconda in ordine d’importanza, tra i suoi numerosi incarichi come donna d’affari, ha diretto DIAGEO, la più grande multinazionale degli alcolici a livello mondiale (Smirnoff, Johnnie Walker, Bayley’s, Moet Chandon, Hennessy sono tutti suoi marchi). Chissà se anche allora si preoccupava della salute dell’umanità.
Andiamo ora a dare un’occhiata anche alla Merck.com, il cui presidente, Kenneth C. Frazier, ha il vantaggio per noi di essere particolarmente emblematico di ciò che è importante per una multinazionale farmaceutica. Una persona-simbolo da non sottovalutare.
Avvocato, lavorava per Drinker Biddle & Keath, una “azienda della legge”. Così le chiamano gli americani, e bisogna dar loro atto di chiamare le cose con il loro nome. Magari avrete visto in qualche film USA queste “aziende” situate in qualche grattacielo di Manhattan, con decine se non centinaia di avvocati che si occupano di difendere i potentati economici multinazionali. Bene, il signor Frazier, prima di passare alla Merck è stato “per la maggior parte della sua storia professionale, consigliere legale delle corporations”, ed è questo anche il gran merito che lo ha fatto diventare presidente di Merck. Perché Frazier è stato il difensore della multinazionale farmaceutica Merck nella causa concernente il farmaco VIOXX, un antinfiammatorio che provocò 38.000 tra infarti e ictus, di cui circa 27.000 mortali, negli Stati Uniti.
E quanti soldi guadagnati per la Merck?
Il Vioxx negli USA ebbe vita breve ma intensa. In soli cinque anni, dal 1999 al 2004 apparve e spopolò (è proprio il caso di dirlo) sui mercati e fu ritirato dal commercio. Venne fuori che gli “scienziati” della Merck, perché fosse approvato dalla Food and Drug Administration, avevano stralciato dal resoconto della loro sperimentazione alcune cosette: gli ictus e gli infarti che provocava. Nel solerte zelo di voler risparmiare all’umanità il mal di testa o i dolori mestruali. Con 27.000 azioni legali a suo carico, la Merck se la cavò pagando meno di 5 miliardi di risarcimenti e, visto che ne aveva guadagnati almeno il doppio dalle vendite del Vioxx, ritenne evidentemente di aver vinto una dura battaglia.  Grazie a quel benefattore dell’umano consorzio di Kenneth C. Frazier, che fu compensato giustamente con un bell’avanzamento di carriera.
Egli è anche direttore di Exxon Mobil, un’altra di quelle multinazionali che contribuiscono direttamente al benessere del mercato dei farmaci. E’ quella che si chiama “sinergia”.
Si potrebbe andare avanti un bel pezzo, elencando tra i dirigenti farmaceutici una sequela di specialisti in speculazioni finanziarie anche ai limiti della legalità. Del resto sono loro che hanno le “aziende della legge”, e quindi la “legalità” è diventata parola, se non proprio vuota, di scarso significato. Ma forse non c’è bisogno di andare avanti, forse bastano gli esemplari già elencati per capire in che mani sia oggi la medicina e quali scopi persegua.
Per capire che la nostra salute è incompatibile con gli interessi delle industrie farmaceutiche, colossi economici che hanno interesse solo nella malattia. Che sia vera, e spesso da essi provocata, o falsa e da essi inventata di sana pianta.
Per capire che la medicina e la produzione dei farmaci non devono essere appannaggio di interessi privati, ma devono essere pubbliche e democratiche, cioè di proprietà degli stati e controllate dal popolo e dai suoi rappresentanti. Una rivoluzione? Certo, e quanto mai necessaria e urgente.
A quei signori di cui vi ho elencato le benemerenze, se per un caso immaginoso e improbabile fossero vostri vicini di casa, affidereste il vostro gatto quando andate in vacanza? Le piante da annaffiare sul balcone? Non lo fareste. Sapete bene che sono individui che non faranno mai un favore a nessuno, e che non si curano di alcun essere vivente a parte sé stessi. A meno che quell’essere vivente non permetta loro di aumentare il proprio potere, il proprio prestigio e il proprio denaro.
Perché affidiamo loro la nostra salute e quella dei nostri cari?

… Ma la notte vegliano
preparano gli agguati
l’armi loro affilano per fare i pirati…
Se una nave avvistano
son pronti all’arrembaggio
che mestiere facile è fare il brigantaggio…
(La canzone dei pirati)  

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