In politica e al lavoro si richieda il curriculum dell'etica
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di Paolo Ermani
di Paolo Ermani
Sarebbe molto interessante se presentandosi ad un colloquio di lavoro venisse richiesto oltre al curriculum classico anche il curriculum dell’etica. Potrebbe essere utile infatti sapere se chi si presenta per un posto di lavoro è un totale menefreghista oppure no, soprattutto se si tratta di lavori che si fanno in team...
La collaborazione, il reciproco aiuto, l’attenzione verso gli altri e l’ambiente potrebbero rivelarsi, per tutti i posti di lavoro, certi valori aggiunti di grande beneficio sia per il clima delle relazioni interne che per raggiungere risultati migliori da ogni punto di vista. Sul posto di lavoro il curriculum dell’etica potrebbe essere facoltativo ma consigliato e avere comunque un peso, mentre in politica dovrebbe essere reso obbligatorio da ogni formazione politica per i suoi membri, pena la non possibilità di essere eletti in nessuna carica, comunale o nazionale che sia. Per chi bara e dice il falso bisognerebbe prevedere l’immediata espulsione dalla formazione politica e decadenza dai qualsiasi carica pubblica eventualmente ricoperta. In politica il curriculum dell’etica dovrebbe essere mostrato pubblicamente agli elettori prima di ogni elezione e basterebbero voci semplici che testimonino la vera volontà di mettersi al servizio degli altri.
Trattandosi di gestire la cosa pubblica ovviamente ci dovrebbero essere le azioni fatte per il prossimo: volontariato, impegno sociale, lavoro nel terzo settore, supporto a chi è in difficoltà. Poi una serie di aspetti fondamentali circa l’ambiente che è la casa di tutti i cittadini che si vogliono amministrare. Dire ad esempio quanto consuma a livello energetico e idrico la propria casa o le proprie case, se si sono installate delle energie rinnovabili, se si fa qualcosa di attivo per la salvaguardia dell’ambiente o se lo si è fatto, come ci si muove principalmente e quante auto si possiedono; in quali banche si hanno i propri soldi, se sono banche armate o meno, se si hanno interessi o investimenti in aziende che producono quali prodotti, se si hanno conti all’estero. Qualora si trattasse di candidati imprenditori, occorrerebbe spiegare se questi rispettano i diritti dei lavoratori e quali sono le produzioni o servizi di cui si occupano. Se ci sono eventuali cariche ricoperte in consigli di amministrazione aziendali, allora sarebbe necessario verificare se possono andare in conflitto di interesse con una carica pubblica. Bisogna anche sapere se il candidato ha avuto delle condanne, in particolare per mafia, truffa, bancarotta o si è reso protagonista di fallimenti con relativi lavoratori e creditori lasciati in difficoltà. In questo modo si capirebbe meglio chi sono veramente le persone che si vanno a eleggere e se hanno qualità etiche, secondo parametri che possono essere più o meno estesi. Poi starà ai cittadini decidere quanto far pesare il curriculum dell’etica e decidere a chi dare fiducia, ma intanto si avrebbero informazioni preziose e si diminuirebbero eventuali sorprese a posteriori. In questo modo la valutazione delle persone non sarebbe più solo attraverso la loro pseudo competenza, i titoli, la visibilità mediatica, l’influenza più o meno mafiosa, ma anche su parametri di altro tipo che hanno veramente a che fare con il servizio per gli altri, come in teoria dovrebbe essere la politica piuttosto che sulla capacità di ingannare meglio il prossimo.
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