Una manciata di gruppi privati possiede la maggior parte della terra in Europa
Dinamiche nascoste che pochi conoscono ma che sono state rivelate dal rapporto “Land concentration, land grabbing and people’s struggles in Europe”, 25 autori che hanno esaminato la situazione di 11 nazioni: una manciata di gruppi privati possiede un’estensione enorme di terre in Europa.
di Giovanni Fez - 23 Gennaio 2015
La concentrazione della terra in mano a pochi grandi gruppi privati non è solo un problema del Sud del mondo, bensì un’emergenza che coinvolge l’Europa con uguale intensità. E le battaglie (di cui quasi nessuno parla) che i piccoli agricoltori ancora combattono devono essere il segnale di quanto sia necessaria una politica transnazionale in grado di contrastare la concentrazione nelle mani di pochi di un bene che appartiene all’umanità.
Il rapporto “Land concentration, land grabbing and people’s struggles in Europe” spiega come quella che ormai si può chiamare “l’elite della terra” sia stata favorita e sostenuta da enormi iniezioni di fondi pubblici, proprio mentre per tutto il resto i fondi pubblici venivano tagliati. Nell’Europa orientale il fenomeno della concentrazione della proprietà si è enormemente accelerato negli ultimi decenni.
La concentrazione della terra nelle mani di pochi
I proprietari terrieri in Europa hanno tratto a questa concentrazione benefici che hanno eguali solo in paesi come Brasile, Colombia e Filippine, nazioni note per l’iniquità nella distribuzione delle terre. In Europa ci sono 12 milioni di aziende agricole; quelle la cui estensione supera i 100 ettari rappresentano solo il 3% del totale ma controllano il 50% della terra coltivata.
Il fenomeno è iniziato qualche decennio fa ma si è grandemente accelerato. In Germania, per esempio, nel 1966/1967 i proprietari terrieri erano 1 milione e 246mila, nel 2010 sono diventati 299.100. L’area coperta dalle aziende agricole con meno di 2 ettari è passata da 123.670 ettari nel 1990 a 20.110 ettari nel 2007, mentre le aziende agricole di oltre 50 ettari sono passate da 9,2 milioni di ettari nel 1990 a 12,6 milioni di ettari nel 2007.
Nell’Europa orientale la concentrazione della proprietà terriera è aumentata dopo il crollo del muro di Berlino. Molti agricoltori finirono in bancarotta con l’ingresso nell’Unione Europea e il mercato venne invaso da prodotti fortemente sostenuti dai sussidi. Nei primi 6 anni dopo la caduta del muro, gli agricoltori della Germania dell’Est non potevano accedere ai contributi pubblici e le loro terre vengono comprate a prezzi stracciati dagli speculatori. In Italia nel 2011 solo 0,29% delle aziende agricole ha avuto accesso al 18% degli incentivi e lo 0,0001% di queste (cioè 150 aziende) si è accaparrato il 6% dei sussidi: quindi tanti soldi spartiti fra pochissimi proprietari. In Spagna il 75% dei sussidi sono stati assegnati al 16% delle aziende agricoli di maggiori dimensioni. In Ungheria nel 2009 l’8,6% delle aziende agricole ha ottenuto il 72% di tutti i contributi agricoli.
Il landgrabbing strisciante
Soprattutto nell’Europa orientale sono comparsi nuovi soggetti nella corsa all’accaparramento delle terre. Ci sono compagnie cinesi in Bulgaria che si danno alla produzione su larga scala di mais e compagnie mediorientali in Romania che coltivano cereali, ma ci sono anche gruppi privati europei che si prendono la terra anche per scopi non agricoli. Così come avviene nei paesi in via di sviluppo, dall’Etiopia alla Cambogia, anche in Europa tutto ciò segue strade non trasparenti e sempre segrete.
Non che i nostri “vicini” vivano situazioni migliori. In Ucraina le 10 maggiori agroaziende possiedono 2,8 milioni di ettari; in Serbia le quattro più grandi società controllano insieme 100.000 ettari. E la terra fa gola per diverse ragioni: produzione di materiali grezzi per l’industria agroalimentare trasnazionale, per l’industria estrattiva, per la grande fregatura delle biomasse, per le enclaves turistiche, eccetera. In Francia ogni anno oltre 60.000 ettari di terreni agricoli vengono perduti per fare spazio a strade, supermercati ed espansione urbana.
I giovani sono ostacolati
Questo è una dinamica senza precedenti. Di fatto la politica dei sussidi non agevola l’ingresso nel settore di persone giovani, anzi pare proprio innalzare ancora di più le barriere. E non dimentichiamo che l’accesso alla terra è condizione basilare con potersi garantire la sovranità alimentare.
La cosa positiva è che, malgrado gli ostacoli, l’attenzione dei giovani per la terra sta aumentando e in tanti vogliono tornare a questa dimensione di vita.
Cresce la lotta per la terra
Ci sono comunque moltissimi movimenti, gruppi e anche singoli che nei paesi europei stanno facendo sentire sempre di più la loro voce per contrastare questo fenomeno di concentrazione. Il rapporto fa anche degli esempi, come la comunità di Narbolia in Sardegna che si è battuta per non perdere terre coltivabili dove si voleva impiantare pannelli solari o Notre Dames des Landes che si è battuta contro il progetto dell’aeroporto a Nantes in Francia. Il SOC in Andalusia ha visto i piccoli contadini occupare la terra e coltivarla in modo biologico; il gruppo SoLiLa a Vienna è costituito da giovani che si sono messi insieme per coltivare terreni urbani sottraendoli al destino di ospitare centri commerciali.
Anche l’Europa dunque si sta trasformando in un campo di battaglia per la terra. Ed è ora di aprire gli occhi; occorre sentirsi tutti coinvolti e mobilitati.
Leggete il rapporto, scaricatelo QUI.
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