Dall’ufficio contabilità alla “Comunità dei braccianti”: la sfida di Carmela

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Il suo è stato un sogno venuto da lontano, forse sempre portato nel cuore che sta piano piano diventando realtà. “Con fatica – ammette Carmela – ma con tanta convinzione”. Ha trovato un “maestro”, ha comprato la terra, preserva la biodiversità, punta al chilometro zero e all’agricoltura sostenibile. “Perché questa è una vera scelta di vita, fatta con la testa ma anche con il cuore”.

di Giovanni Fez - 24 Novembre 2014


Lei si chiama Carmela Malangone e ha 31 anni. Il podere sul quale sta costituendo quella che ha voluto chiamare “Comunità dei braccianti” è nel Comune di Serre, località Persano, in provincia di Salerno, alle pendici dei monti Alburni.
“Ho frequentato il liceo scientifico a Salerno, mi sono iscritta all'università, facoltà di Scienze dei Beni Culturali, che non ho portato a termine per pochi esami, e per esigenze personali avevo anche un lavoro – spiega Carmela - Il mio primo impiego è stato in un'azienda di trasporti frigo, dove gli utenti erano aziende agricole; mi occupavo di contabilità. Dopo qualche anno ho dovuto integrare i miei studi con un tirocinio che, per mia scelta, si è svolto al parco eco-archeologico di Pontecagnano Faiano, sempre in provincia di Salerno, gestito da Legambiente e sede del centro educazione ambientale. La voglia di intraprendere una strada diversa mi ha spinta ad abbandonare il lavoro, a svolgere il servizio civile volontario e ad occuparmi di progettazione sociale da operatore Cea al parco stesso. Il parco eco-archeologico ospita più di 50 orti sociali ed è stata una delle prime esperienze del genere sul territorio nazionale. Non condividendo più la strada universitaria, ho deciso di abbandonare gli studi e il parco per dedicarmi ad un corso di restauro del mobile antico presso una bottega di Napoli. Ho sempre preferito la pratica alla teoria e ho iniziato a lavorare in farmacia come collaboratrice. La mia curiosità non ha limiti, per questo ho iniziato ad interessarmi di tecniche di produzione birraria approdando al Cerb (Centro di eccellenza per la ricerca sulla birra) all'università di Perugia, poi ho sostenuto l'esame da imprenditrice agricola professionale”.
Carmela non proviene da una famiglia con esperienze in questo campo, i bisnonni e i nonni erano agricoltori ma di questo non ha memoria storica. “Il ricordo che più mi piace è quello legato alla raccolta delle lumache nei campi, in estate, con mia nonna – racconta ancora Carmela - Credo che l'approccio alla terra e alla natura sia prettamente legato ad una sensibilità personale. A 30 anni, dopo diverse esperienze e con la voglia di fare una scelta di vita che caratterizzasse anche la mia qualità di vita, ho deciso di intraprendere la strada dell'agricoltura.Sono partita da zero, ovviamente con il sostegno economico e morale della mia famiglia senza la quale non avrei mai potuto iniziare questo percorso; ho cercato un posto che mi facesse sentire bene, a casa; l'ho trovato, il podere è uno di quelli che l'ente di riforma (Ersac) assegnava ai coltivatori diretti, un podere destinato a rendere autosufficienti le famiglie (oltre al terreno vi sono una stalla ed un forno). A vendermi il podere è stato Antonio, che ha tanto amato la sua terra e che, grazie a me, ha potuto dare continuità a ciò che era caduto in stato di abbandono. È il mio maestro, lui comprende veramente la felicità che si prova nello svolgere un lavoro del genere anche con le molteplici avversità”.
“Ho dato il mio nome all’azienda agricola, il mio progetto è la Comunità Dei Braccianti; sto cercando di realizzarlo. Il nome proviene da un vecchio timbro di un'associazione di categoria del sud Italia, ritrovato in un mercatino di Roma. Il progetto prevede il ripristino materiale del podere; la messa in opera di un orto naturale biologico per fornire prodotti ai Gruppi d’acquisto solidale o a persone che abbraccino la scelta del chilometro zero; voglio preservare e tutelare vecchie varietà sia ortive che da frutto, seguire la strada di un'agricoltura contadina ma che sia allo stesso tempo giovane. Provvederò al ripristino del forno che spero divenga forno sociale, con cotture collettive e punto al ritorno all'autoproduzione. Comunità non è solo questo, è la condivisione di esperienze parallele che spesso convergono in un unico punto. È difficile da spiegare così, ma abbiamo in programma collaborazioni con giovani coetanei artigiani e professionisti che avranno un loro slancio all'interno del nostro mondo. Diverse professioni e professionalità che in qualche modo si inglobano a quello che è il settore agricolo; è una questione di sensibilità”.
Carmela sta realizzando un sogno e la fa con il suo pragmatismo, la concretezza delle cose belle. “Sto cercando di realizzare questo progetto con le mie forze, con l'aiuto della mia famiglia, di Antonio e dei miei fantastici amici che sono sempre pronti nel momento del bisogno. Non è la fatica legata al lavoro del campo che mi toglie le energie, ma quella legata alla burocrazia e alla sua inefficienza, questa è la mia più grande difficoltà. Per il resto la difficoltà della terra l'ho scelta io e sapevo che non sarebbe stata una strada leggera, ma è pur sempre quella che da più soddisfazioni!”
Poi Carmela è motivata, eccome. “La motivazione che mi spinge ad andare avanti e a non perdere di vista l'obiettivo? Non è l’aspetto economico che mi interessa, quando piuttosto il pensiero di una possibile utopia legata alla solidarietà e alla sostenibilità”.

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