Sulle strade allarme baby prostitute: “Una su quattro ha appena 16 anni”

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Bergamo, 2 agosto 2014 – Hanno lasciato le loro case nei paesi di origine per il sogno di una vita migliore, che si è infranto sul marciapiede di tante strade bergamasche. Sono soprattutto romene (almeno il 45%) e nigeriane (il 35%), ma non mancano le albanesi (il 10%), bielorusse, moldave, ucraine (il restante 10%). E a sorpresa tornano anche le italiane tra le lucciole che si dividono uno spicchio di strada nella Bergamasca. Nulla sembra cambiato dal blitz dello scorso luglio che ha sgominato un’organizzazione dedita allo sfruttamento della prostituzione sulle strade della Bassa. È quanto emerge dalla fotografia impietosa scattata dall’associazione La Melarancia, da oltre 13 anni in prima linea in soccorso delle vittime delle tratte e dello sfruttamento sessuale. «Nell’ultimo anno abbiamo censito circa 500 lucciole tra la strada Francesca, che collega la città alla Bassa, la Villa d’Almè-Dalmine e la zona dell’Isola Bergamasca — dice Marzia Gotti, coordinatrice della Melarancia — ma i numeri sono certamente superiori se si considera che noi abbiamo soltanto una unità mobile di strada e usciamo 3-4 volte la settimana. Il dato più allarmante è che circa il 25% delle prostitute è minorenne, tra loro ci sono molte sedicenni. Una stima per difetto, perché la maggior parte nasconde l’età per paura. Inoltre la crisi ha fatto tornare sulle strade anche le italiane, ne abbiamo contate una decina. Sono una goccia nel mare rispetto alle straniere, ma la loro presenza è un campanello d’allarme. Vuol dire che la crisi non risparmia più nessuno». Proprio la crisi che costringe anche le donne italiane a fare il mestiere più antico del mondo, ha fatto calare i prezzi delle prestazioni, non tanto il numero di clienti. E a poco è servito il blitz di due mesi fa: pochi giorni dopo stesse strade, stesso scenario. Sesso a buon mercato e senza troppe cautele.
«Le ragazze dell’Est prendono 30 euro a prestazione, le africane la metà. A fine mese le più “quotate” possono arrivare fino a 8mila euro, le altre non superano i 4mila, ma nelle loro tasche resta in genere meno di mille euro, gran parte dell’incasso va ai loro sfruttatori, tanto che alcune devono lavorare fino a 12 ore al giorno per poter mandare a casa 200 euro al mese». Numeri confermati anche dai carabinieri di Treviglio, che continuano ad annodare i vecchi fili di nuove tele per ricostruire la trama di sfruttamento che c’è dietro i più recenti giri di lucciole. Il maxiblitz di due mesi fa con 47 ordinanze di custodia cautelare, di cui 24 eseguite dai militari dell’Arma di Treviglio, ha squarciato il velo su un meccanismo perverso che sembra autorigenerarsi puntualmente, con bande che si spartiscono il territorio, o meglio le piazzole, e le subaffittano a organizzazioni dedite allo sfruttamento della prostituzione.
Meccanismo di cui le lucciole sono due volte vittime.
«Quasi tutte le ragazze che abbiamo contattato — conclude Gotti — hanno subito stupri, aggressioni, rapine da parte di uomini che si sono presentati come clienti e dopo aver consumato un rapporto le hanno picchiate e derubate». Perché il mostro, in qualche caso, ha il volto di un insospettabile.

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