Garganta Villera

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Si chiama La Garganta Poderosa ed è la voce più fantasiosa e interessante delle villas, gli immensi quartieri poveri della periferia di Buenos Aires che i lavoratori migranti costruirono da sé prima e durante la dittatura. Esprime in modo efficace e irriverente la cultura ribelle, sovversiva che si sta consolidando tra los de abajo della capitale argentina. Stampa ogni mese copertine piuttosto originali, con grandi personaggi che gridano, e cura la qualità, perché vuole rompere l’assedio dei grandi media sul territorio. Gridano i presidenti e soprattutto gli eroi del futbol, perché siamo in Argentina. Anche in quella splendida e surreale di Osvaldo Soriano: la Garganta non si limita a tifare, gioca. I gol delle donne valgono il doppio e prima di ogni partita si fanno assemblee per decidere le regole. Di arbitri non c’è bisogno. Parte dei lettori si mette in gioco anche col movimento dei villeros, il principale protagonista della realtà urbana odierna di Buenos Aires, che dà vita a mense, cliniche mediche, spazi educativi, culturali, mezzi di comunicazione. Non ha ancora invaso le grandi avenidas ma da quelle parti accade spesso che grandi movimenti si rendano poco visibili fin quando l’onda della protesta non rompe ogni argine. È in quel tempo della latenza, però, che il cambiamento s’immerge nella vita quotidiana e cambia il mondo
di Raúl Zibechi
Nella vita quotidiana dei settori popolari si stanno producendo cambiamenti che preludono a cicli di proteste. Spesso questi cambiamenti sono impercettibili per i media, che vi pongono attenzione solo quando poi le proteste riempiono i grandi viali, come è successo nel giugno del 2013 con le manifestazioni che hanno scorso il Brasile. Si tratta di mutamenti che si verificano nel periodo di latenza dei movimenti, quando l’attività di trasformazione si immerge nella quotidianità.
777Qualcosa del genere sta accadendo nel “mondo villero“ argentino. Il 26 luglio si è tenuto il terzo congresso della Corriente Villera Independiente. Il giorno prima, centinaia di villeros hanno tenuto una conferenza stampa nei pressi dell’Obelisco [1], dove per 55 giorni è rimasta installata una tenda, la Carpa Villera, con lo scopo di ottenere risposte alle richieste di urbanizzazione. A rotazione, i villeros hanno letto un comunicato invitando a prender parte alle dieci commissioni di lavoro che si sono riunite il giorno seguente presso la Confederación de Trabajadores de la Economía Popular di Buenos Aires.
Le villas sono quartieri auto-costruiti dai lavoratori e dagli immigrati nord-argentini, boliviani, paraguaiani e peruviani che sono stati protagonisti di importanti lotte negli anni 60 e 70, quando hanno opposto resistenza all’azione della dittatura militare che li allontanava dal centro della città. Solo nella capitale ci sono 18 villas, con 200 mila abitanti, in tutta l’enorme area metropolitana di Buenos Aires si calcolano invece 1000 villas con 2 milioni di abitanti, il 7 per cento della popolazione della città.
Secondo il censimento del 2010, nell’ultimo decennio, la popolazione delle villas è aumentata del 50 per cento: un dato che indica una dinamica propria, diversa da quella macroeconomica, se si considera che questo periodo è quello che ha registrato il maggior sviluppo economico. Negli ultimi anni il movimento villero ha dovuto affrontare le intenzioni del governo di destra della città, che voleva allontanare la gente. Dopo i successi del Parque Indoamericano nel 2010 (quando migliaia di senzatetto hanno cercato di occupare la più grande area verde della città) hanno iniziato a dar forma al movimento fino alla creazione della Corriente Villera.
Il movimento ha un’identità potente, divenuta più forte a seguito dell’omicidio compiuto nel 1974 dalla Triple A [2], del sacerdote e militante sociale Carlos Mugica, fondatore della parrocchia Cristo Operaio nella Villa 31 del quartiere Retiro, nonché membro del Movimento dei Sacerdoti per il Terzo Mondo. Per la destra e per le classi medie razziste che abitano la città, i villeros sono “negri” che devono essere trasferiti per mano degli apparati repressivi. Per i parroci villeros, presenti in tutte le villas della città, sono persone dalle quali imparare,proseguendo l’esempio di Mugica (qui un bel documento storico in video di Arco Iris Tvndr).
Sebbene non abbia avuto un ruolo rilevante durante le proteste dei piqueteros(1997-2002) [3], il movimento dei villeros è diventato il principale protagonista della realtà urbana. Ha dato vita a iniziative politiche, sociali, economiche e culturali di enorme importanza, attraverso un considerevole sviluppo dell’organizzazione: mense, cliniche mediche, spazi educativi, sportivi e culturali e mezzi di comunicazione che sono riusciti a rompere il cerchio dell’isolamento imposto dalos de arriba, coloro che stanno in alto.
La Corriente Villera sta dando al movimento una coscienza che supera la divisione tra quartieri, mobilitandosi e negoziando le rivendicazioni in forma congiunta, superando cioè la tradizionale frammentazione tra le diverse villas. Alla Correntereclamano l’urbanizzazione dei quartieri; nel frattempo, come sottolinea il comunicato del congresso, hanno ottenuto “accordi sull’acqua potabile e per migliorare le linee elettriche, ambulanze, lavori in alcuni quartieri e meccanismi per regolare la raccolta della spazzatura” della quale vivono molti dei suoi abitanti.
In secondo luogo, la Carpa Villera ha costituito la base che ha permesso allaCorrente di rafforzare alleanze con altri movimenti, come quello dei lavoratori dell’Hotel Bauen [4], recuperato e autogestito e ancora minacciato di chiusura, e con molti altri collettivi della città. Dalla Carpa sono passati gruppi di piqueteros e gruppi della sinistra politica, attori e musicisti. È diventata insomma uno spazio dove poter discutere le politiche per la città.
Durante il terzo congresso, in uno spazio aperto e gelido, centinaia di villeroshanno discusso in gruppi di lavoro. Spiccava, come sempre, la forte presenza di donne con figli e nipoti, ma c’erano anche molti giovani. Nel gruppo che si occupava della comunicazione, c’erano i redattori de La Garganta Poderosa, una rivista fatta nelle villas che è riuscita a rompere l’assedio dei grandi media.
410377La conversazione è incredibile. Chiedo al mio interlocutore il suo nome. Risponde “La Garganta Poderosa”, impossibile smuoverlo di lì. “LaGarganta Poderosa è il nome che abbiamo tutti quando parliamo con i media. È il modo che abbiamo scelto per evitare ogni cooptazione personalistica o partitica, poiché quello di cui abbiamo bisogno è che cresca il collettivo”. Parla a una velocità siderale. Hanno iniziato tre anni fa come articolazione de La Poderosa, un coordinamento di 15 assemblee di altrettantevillas,che promuove iniziative gastronomiche, tessili, di raccolta dei rifiuti e adesso di comunicazione.
La Garganta Poderosa ha una periodicità mensile, viene curata da 45 persone, ha 28 pagine in carta patinata a quattro colori e ha una tiratura che va dalle 12 alle 22 mila copie. “Ciò che fa la villa non deve essere di cattiva qualità, bensì della migliore, perché vogliamo rompere l’accerchiamento”. L’edizione uscita per i Mondiali di calcio ha venduto 50 mila copie. In copertina, simulando l’atto del gridare e ricordando nomi di desaparecidos, ci sono sempre personaggi famosi:Messi, Di Maria, Sabella, artisti, musicisti, Evo Morales e Maradona, che è un convinto sostenitore de La Garganta.
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Il “gordo” Soriano quando scriveva meraviglie
Si potrebbe parlare per ore della rivista e del gruppo. Hanno anche un’identità calcistica, però diversa: giocano uomini e donne e i gol delle donne valgono doppio (“altrimenti a loro nessuno passa la palla”). Fanno assemblee prima di ogni partita per definire le regole, non ci sono arbitri, e “se uno che non ha le gambe per farlo, ma desidera fare il portiere, facciamo le porte più piccole”Fanatici del calcio, durante il Mondiale hanno trascorso un mese in una favela brasiliana e hanno giocato una partita con Cidade de Deus per aiutare la sua gente.
“Il nome La Poderosa deriva da quello della moto del Che e di Alberto Granados”, spiega quale sintesi programmatica. È la cultura ribelle, sovversiva, quella che sta in basso e che si sta consolidando.




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