Camera e Senato, trasparenza online cercasi. I 50 milioni ai Gruppi e il buco nero dei rimborsi ai parlamentari

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di Vincenzo Arena
L’orizzonte della trasparenza  per Camera e Senato
Trasparenza e dati aperti. Un orizzonte che il nostro Paese tenta di raggiungere da anni. Ma sempre e solamente a colpi di legge, mai con l’obiettivo culturale e politico, prima che legislativo, di rendere le Istituzioni, le pubbliche amministrazioni, i partiti “case di vetro”. Il decreto legislativo 33/2013 ha impresso una accelerazione verso la trasparenza intesa come “accessibilità totale” delle informazioni su attività e organizzazione delle amministrazioni; informazioni utili a favorire un controllo diffuso anche sull’utilizzo delle risorse pubbliche.  Benvenuta trasparenza! O forse no? Criticità:  gli obblighi normativi sanciti sono da assolvere senza oneri per lo Stato e si riferiscono solo alle amminstrazioni dello Stato, agli enti pubblici e di diritto pubblico. Organizzazione, gestione, spese di Camera e Senato non rientrano nel 33. Quindi, in tempo di tagli e di scarsità di risorse i Comuni e gli altri enti di prossimità sono obbligati – con non poche difficoltà – a perseguire in modo molto dettagliato la trasparenza in invarianza di spesa, mentre Camera e Senato, i propri organi e i propri membri, nonostante le laute risorse di cui dispongono e in forza della propria “autodichia” (autonomia giurisdizionale), non sono espressamente tenuti a perseguire un’effettiva  e benefica trasparenza. Eppure l’efficacia e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse pubbliche sono obiettivi che non solo le pubbliche amministrazioni, come intese dal decreto 33, ma anche e soprattutto il nostro Parlamento dovrebbero avere come priorità.
Camera e Senato pubblicano sui propri siti istituzionali, pur non in modo dettagliato come prevede il decreto 33/2013 per le altre amministrazioni,  informazioni sulla propria gestione, sulla propria organizzazione, sulle spese sostenute, sulle procedure di gara svolte. Entrambe le Camere hanno pubblicato, non molto tempo fa, anche i portali dati.camera.it e dati.senato.it in cui sono disponibili una serie di banche dati in formato aperto. Eppure, il percorso di avvicinamento ad una piena e compiuta trasparenza per Palazzo Madama e Montecitorio è lontano da venire. Per due motivi sostanziali: 1) i siti del Parlamento, anche per la mole di informazioni disponibili, hanno dei limiti evidenti di usabilità e facilità di navigazione: un utente, anche di media alfabetizzazione web, non raggiunge facilmente certe informazioni; 2) il livello di dettaglio di alcune informazioni disponibili, come quelle contabili, è  alquanto scarso.
Stiamo al secondo punto e proviamo ad  indagare due ambiti che impattano notevolmente le finanze del Parlamento e, rispetto ai quali, i dati online sono in alcuni casi generici, in altri risicati: gli stanziamenti a disposizione dei singoli gruppi parlamentari e l’ammontare delle risorse a disposizione di ogni singolo deputato e senatore.
Le risorse a disposizione dei gruppi parlamentari
I gruppi parlamentari sono organi costituzionalmente riconosciuti. Tutti i gruppi regolarmente costituiti ricevono un contributo unico dalle Camere e lo destinano all’attività parlamentare, alle attività politiche a essa connesse, alle funzioni di studio, editoria e comunicazione, alle spese per il funzionamento degli organi e delle strutture (compreso il trattamento economico del personale). L’ammontare dello stanziamento a  favore dei gruppi è calcolato, secondo i Regolamenti, in base alla loro consistenza numerica. Rinvenire il dettaglio degli stanziamenti divisi per gruppi sui siti delle Camere è praticamente impossibile. Siamo riusciti, andano a spulciare i bilanci previsionali 2013 di emtrambi i rami del Parlamento, a recuperare  il dato complessivo previsto: la Camera programmava di mettere a disposizione dei gruppi 32.650.000 euro, mentre lo stanziamento del Senato ammontava a 21.350.000 euro. Solo per il funzionamento dei gruppi parlamentari, ed escludendo le spese relative al trattamento economico dei singoli parlamentari, i gruppi percepiscono più di 50milioni di euro l’anno. E se volessimo andare nel dettaglio della distribuzione ai gruppi di queste risorse?
Il Senato appare, in questo senso, più trasparente della Camera dei Deputati. Infatti, a novembre 2012 ha approvato l’introduzione nel proprio regolamento dell’articolo 16 bis che ha disposto l’obbligo di rendicontazione annuale dei proventi e degli oneri del gruppo, l’obbligo di revisione dei rendiconti da parte di società terze e l’obbligo di pubblicazione online, su un sito internet dedicato, dei rendiconti e delle relative relazioni e, ogni quattro mesi, dei mandati di pagamento a favore di terzi (collaboratori, enti di previdenza, consulenti, eccetera). Dovendo adempiere a questa disposizione tutti i gruppi del Senato si sono dotati di un proprio sito internet e hanno iniziato a pubblicare, come richiesto anche dall’art. 5 del Regolamento del Senato i dati sull’organizzazione interna del Gruppo, gli estremi (data, importo, causale) dei mandati di pagamento, assegni e bonifici bancari, i rendiconti e le relazioni sulla gestione. Alcuni gruppi hanno adempiuto all’obbligo con precisa cadenza quadrimestrale, altri con cadenza meno precisa. I format utilizzati per la rendicontazione dei mandati sono comprensibilmente divergenti e, quindi, la lettura degli stessi per i cittadini o per gli operatori dell’informazione è poco agevole. Non da trascurare il fatto che la pagina web con l’elenco dei siti dei singoli gruppi sia non di facile accesso. Navigando i siti dei gruppi scopriamo che la maggior parte delle spese sostenute riguarda il pagamento degli stipendi dei collaboratori, le relative ritenute previdenziali e costi vari di gestione. Ci sono gruppi come il PD che spendono cifre sostanziose per consulenze esterne e gruppi come i 5 Stelle che, invece, usano una discreta parte dei fondi per coprire le spese di trasferta dei propri collaboratori. I gruppi più piccoli investono una parte del contributo anche nell’organizzazione di eventi tematici. Tutto legittimo, nulla da eccepire. Possono essere i nostri lettori accedendo ai singoli siti dei Gruppi del Senato a giudicare la qualità delle spese. A noi non resta che fornire di seguito un dato quantitativo complessivo delle spese sostenute dai singoli gruppi nel 2013:
  • Il Pd pubblica, a inizio agosto e a inizio dicembre,  sul sito www.senatoripd.it i mandati di pagamento da maggio 2013 a novembre 2013. E spende circa 2.300.000 euro
  • Forza Italia pubblica in un unico resoconto le spese sostenute da agosto a novembre e ammontano a 940.000 euro scarsi
  • Il Movimento 5 Stelle è il più preciso: pubblica i mandati di pagamento in tre tranche differenti (marzo-luglio, luglio-novembre, novembre-dicembre) e ci dà anche il dato dell’ammontare complessivo del contributo unico annuale del Senato. Su 2.567.283,44 di contributo, nel 2013 il gruppo al senato ha speso 1.500.000 euro scarsi.
  • La Lega sul sito del proprio capogruppo Massimo Bitonci dettaglia i pagamenti da marzo a dicembre, in tre tranche, con una spesa complessiva di 670.000 euro scarsi
  • Il Gruppo Scelta Civica Per l’Italia a novembre si è scisso in due gruppi: i montiani e i popolari di Casini e Mauro. Il sito del Gruppo Per l’Italia rendiconta oggi comunque spese per 620.000 euro scarsi e ci dà il dato di dettaglio del contributo unico ricevuto dal Senato che ammonta a 1.206.014,25  euro. Il contributo per il nuovo anno verrà naturalmente ridimensionato, data la scissione dell’originario gruppo in due ditinti.
  • I gruppi Grandi autonomie e libertàSenatori per le Autonomie  e Misto (comprensivo dei senatori di Sinistra Ecologia e Libertà) pubblicano mandati di pagamento da maggio a novembre per un ammontare rispettivo di circa 390.000 euro, di circa 370.000 euro e di più di 1.000.000 di euro.
La Camera, pur essendoci proposte di modifica del Regolamento in discussione in tal senso, non si è ancora allineata al Senato. Solo Sinistra Ecologia e Libertà e Movimento 5 Stelle ci danno alcune informazioni. Sel pubblica sul sito del gruppo alla Camera www.selmade.it un rendiconto delle spese aggiornato a settembre 2013: gli oneri ammontano a 613,157.75 euro su un contributo annuale della Camera di 845,240.49 euro. I 5Stelle ad Agosto spendono 664.557,66 euro su 2.281.141,41 di contributo unico.
Ci auguriamo che Montecitorio si adegui presto a Palazzo Madama e che entrambi i rami del Parlamento possano rendere questi dati di più facile consultazione, fornendo il dettaglio dei contributi a ciascun gruppo e uniformando gli standard di rendicontazione delle spese, magari fornendo un ulteriore livello di dettaglio: quali sono i beneficiari di certi affidamenti, quali titoli e quali competenze hanno questi beneficiari, le società affidatarie dei servizi di consulenza vengono scelte secondo quali procedure di affidamento e in base a quali criteri? Le pubbliche amministrazioni, in osservanza del 33, sono obbligate a pubblicare questi dati di dettaglio, in alcuni casi addirittura a rendere scaricabile la relativa documentazione. In invarianza di spesa. Con tutte le risorse a disposizione dei gruppi, non sarebbe il caso di uniformarsi? Proposta quantomeno opportuna, dato che si tratta  – come  si direbbe – di “soldi nostri”.
Indennità, rimborsi, dichiarazioni patrimoniali di deputati e senatori
I parlamentari dispongono ai sensi dell’art. 69 della costituzione di una indennità “per il libero esercizio delle proprie funzioni”. A disciplinare la retribuzione dei senatori e dei deputati è la non giovanissima legge 1261/1965. Le camere hanno effettuato negli ultimi anni alcuni tagli alle indennità dei nostri rappresentanti,  sino a giungere all’ammontare attuale delle retribuzioni. Un deputato oggi percepisce come indennità circa 5.250 euro nette e un senatore 5.300 per dodici mensilità. Occorre legare le disposizioni dell’art. 69 a quelle dell’art. 67 che sancisce il divieto di mandato imperativo per i parlamentari che devono esercitare le proprie funzioni liberamente e senza alcun vincolo. I deputati e i senatori sono tenuti a iscriversi a un gruppo parlamentare ma non sono retribuiti da questi, ma direttamente dalle Camere. All’indennità bisogna sommare la diaria, intesa come rimborso delle spese sostenute per il soggiorno a Roma (circa 3500 euro alla Camera e al Senato), il rimborso delle spese per l’esercizio del mandato (3700 circa alla Camera e 2000 circa al Senato) e ancora i rimborsi spese per viaggio e utenze telefoniche: alla Camera il rimborso per le spese di viaggio trimestrale va dai 3500 euro circa ai 3900, mentre al Senato le spese generali (viaggi e telefonate) possono raggiungere un tetto massimo di circa 1600 euro mensili. Alla Camera, inoltre, i deputati ricevono un rimborso annuale di circa 3000 euro di spese telefoniche. Non è il caso in questa sede di approfondire i temi dell’assistenza sanitaria e del trattamento pensionistico dei parlamentari.
È però il caso di pretendere interventi legislativi urgenti che garantiscano trasparenza e piena pubblicità a queste spese a carico delle finanze statali. C’è da chiedersi perché gli organi di indirizzo politico-amministrativo (sindaci, presidenti di regione, presidenti di provincia, ministri, sottosegretari, eccetera) siano tenuti a rendere disponibili online, ai sensi dell’art. 14 del decreto 33, gli atti di nomina o di proclamazione, l’indicazione della durata dell’incarico o del mandato elettivo, il curriculum, i compensi di qualsiasi natura connessi alla carica, gli importi di viaggi di servizio e missioni, i dati relativi all’assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati e i relativi compensi,  gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica con l’indicazione dei compensi spettanti e, infine, la dichiarazione del proprio stato patrimoniale, mentre i deputati e i senatori, nostri massimi rappresentanti, non sono tenuti a rendere pubbliche in alcun modo le spese sostenute nell’esercizio delle proprie funzioni.
Gli unici parlamentari che, con i limiti e le ombre sottolineate in una nostra inchiesta la scorsa settimana, tentano di rendere disponibili online i rendiconti delle spese sostenute sono i parlamentari del Movimento 5 Stelle. Sarebbe il caso di novellare la legge del 1965 con disposizioni che stabiliscano i profili di pubblicità e trasparenza dei compensi e dei rimborsi. Perché, come accaduto per i 5 Stelle, cittadini e operatori dell’informazione devono essere messi nelle condizioni di capire come i soldi pubblici vengono spesi e, magari, se gli stessi vengono in parte risparmiati o restituiti. Prendano i legislatori a modello le disposizioni dell’art. 14 del decreto 33. Sarebbe un buon inizio.
Dulcis in fundo. Per chiudere questa lunga dissertazione vogliamo accennare  all’obbligo dei parlamentari di dichiarare la propria situazione patrimoniale. Un obbligo sancito dalla legge 441/1982 e che ribadisce “L’esigenza di trasparenza della situazione patrimoniale di chi concorre alla vita parlamentare nazionale, e delle modalità con cui ricorre alle risorse economiche per sostenere la propria attività politica”. I parlamentari sono tenuti a presentare entro tre mesi dall’elezione e tre mesi dopo il termine dell’incarico, il proprio stato patrimoniale, la propria dichiarazione dei redditi e la rendicontazione delle spese sostenute per la propaganda elettorale. La pubblicitá di queste informazioni è garantita dalla loro pubblicazione annuale in un bollettino delle Camere. Ma gli uffici di presidenza di Camera e Senato hanno disposto che i singoli parlamentari possono autorizzarne la pubblicazione sul sito delle due camere.
Solo per aver una percezione della sensibilità dei nostri rappresentanti rispetto all’idea delle Istituzioni come case di vetro, vediamo – citando i dati dell’osservatorio Open Polis Politici – quanti parlamentari hanno dato espressa liberatoria alla pubblicazione del proprio stato patrimoniale online. Alla Camera il via libera è venuto dal 67% dei deputati (423 su 630). Fra i più meritevoli i grillini: il 92% ha dato autorizzazione alla pubblicazione (98 deputati su 106). Seguono Sel e Pd con rispettivamente il 75% e il 71% dei via libera (28 su 37 e 209 su 293). A metá classifica Scelta Civica e Per l’Italia (55% e 52%) e a chiudere Forza Italia e Fratelli d’Italia, (44%), Gruppo misto e Nuovo Centrodestra (43% e 41%), Lega Nord (35%). I senatori, in questo caso appaiono meno trasparenti: solo il 48% degli inquilini di Palazzo Madama (158 su 315) ha dato autorizzazione alla pubblicazione sul sito. A condurre sempre i 5 Stelle con il 90%, seguono Pd (62%), Scelta civica (67%) e Gruppo Misto. Percentuali non meritorie per gli altri: Per l’Italia al 33%, Lega Nord al 26%, Nuovo Centrodestra al 25%, Forza Italia al 20%. Chiudono Autonomie e Gal al 10% e al 9%.
Fonte foto: www.ilmondo.it

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