Uscita di uno Stato membro dall'Unione Europea

http://renatorev.blogspot.it/2013/03/uscita-di-uno-stato-membro-dall-europea.html


E' di moda tra giornalisti tentare di smentire le idee del Movimento 5 Stelle e di Grillo.
Ho letto ultimamente che il noto costituzionalista Sartori ha scritto che in Italia non è possibile fare un referendum per l'uscita dall'Euro perchè incostituzionale, in quanto i referendum abrogativi non sono consentiti sui trattati internazionali. Anche i giornalisti insistono su questo punto, come Gramellini da Fazio.
Si può tollerare la senilità di qualcuno, ma non la malafede di altri.
Grillo e il M5Stelle propongono un referendum consultivo sull'uscita dall'euro per poi agire come da trattato e con le sue regole che in molti evidentemente ignorano, qualcuno in malafede, altri per ignoranza in materia.
Nel 1989 una legge costituzionale ha consentito che, in occasione delle elezioni del Parlamento europeo, si votasse anche per un referendum consultivo sul rafforzamento politico delle istituzioni comunitarie. 
I costi? Ridottissimi se si utilizza una piattaforma online, con accesso tramite documento d'identità e codice fiscale. Magari i parlamentari del M5S possono destinare una parte dei soldi a cui rinunciano per finanziare il progetto. Vediamo ora cosa ci consente il trattato:

L'uscita di uno Stato membro dall'Unione europea è un diritto di ogni Stato membro dell'Unione Europea (UE). 
Ai sensi dell'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea: "Ogni Stato membro può decidere di recedere dall'Unione conformemente alle proprie norme costituzionali". Nessuno Stato è mai uscito dall'organizzazione, anche se alcune dipendenze territoriali hanno lasciato l’UE. Di questi, solo la Groenlandia ha indetto un referendum sull’uscita dall’Unione, nel 1985. Nessuno Stato membro ha mai tenuto un referendum nazionale sul ritiro dalla Unione Europea, anche se nel 1975 il Regno Unito ha organizzato un referendum cittadino sulla CEE e il 67,2% degli elettori ha scelto di rimanere nella Comunità.

Procedura
Il Trattato di Lisbona ha introdotto una clausola di recesso per gli Stati membri che intendono recedere dall'Unione. Ai sensi dell'articolo 50 del trattato sull'Unione europea, uno Stato membro può notificare al Consiglio europeo la sua intenzione di separarsi dall'Unione e un accordo di ritiro sarà negoziato tra l'Unione Europea e lo Stato. I trattati cessano di essere applicabili a tale Stato a partire dalla data del contratto o, in mancanza, entro due anni dalla notifica, a meno che lo Stato e il Consiglio Europeo siano d'accordo nel prorogare tale termine. L'accordo è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio e stabilisce le modalità per l’uscita, tra cui un quadro di riferimento per future relazioni dello Stato interessato con l'Unione. L'accordo deve essere approvato dal Consiglio, che lo delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo. Se un ex-Stato membro cercasse di ricongiungersi con l'Unione Europea sarebbe soggetto alle stesse condizioni di qualsiasi altro paese candidato.

Sospensione di uno Stato membro dell'Unione Europea
Anche se uno Stato può lasciare l’Unione Europea, non è previsto che venga escluso. Ma l'articolo 7 del trattato sull'Unione europea prevede la sospensione di taluni diritti di uno Stato membro, se un utente (Stato) attua persistentemente violazioni circa i principi fondatori dell'UE (libertà, democrazia, diritti umani e così via, delineato nell’articolo 2 del TUE ). Il Consiglio europeo può votare per sospendere i diritti di appartenenza. L’identificazione ufficiale di una violazione richiede l'unanimità (escluso lo Stato interessato), ma le sanzioni richiedono solo una maggioranza qualificata. Lo stato in questione sarebbe ancora vincolato dagli obblighi dei trattati e il Consiglio, deliberando a maggioranza, potrebbe modificare o revocare tali sanzioni. Il trattato di Nizza ha incluso un meccanismo di prevenzione in base al quale il Consiglio, deliberando a maggioranza, può identificare una potenziale violazione e formulare raccomandazioni allo Stato per porvi rimedio prima che si intervenga contro di esso. Tuttavia i trattati non prevedono alcun meccanismo per espellere uno Stato membro a titolo definitivo. L'idea è apparsa nella stesura della Costituzione europea e in quella del Trattato di Lisbona, ma non ne è inclusa tuttora. Ci sono una serie di considerazioni che rendono impraticabile una tale disposizione. In primo luogo, l’uscita dall’UE di uno Stato membro richiederebbe modifiche ai trattati, e tali modifiche richiedono l'unanimità. In secondo luogo, è legalmente complicato, e i negoziati per l’uscita richiederebbero molto tempo. In terzo luogo, il concetto di espulsione va contro lo spirito dei trattati.

Se ne facciano una ragione i soloni, l'uscita dall'euro è un diritto, ma anche un dovere se non si rivedono i trattati che costringono i cittadini a rinunciare alla propria sovranità.

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