Roma difenda se stessa dal cemento: no alla manovra Alemanno!

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Approdato in Campidoglio il 20 dicembre il nuovo piano urbanistico della Giunta uscente. Più di 100 milioni di metri cubi senza mercato incombono su ciò che resta del verde romano. Associazioni sulle barricate.

La sinistra profezia dei Maya potrebbe ancora avverarsi, almeno a Roma.
Se dovesse infatti essere approvata la manovra urbanistica targata Alemanno, approdata il 20 dicembre scorso in Consiglio Comunale, si abbatterebbe sulla Capitale un tale diluvio di cemento da far sfigurare la più plumbea delle previsioni precolombiane.
Tale infausto provvedimento, che non è stato votato per mancanza di numero legale, tornerà in aula subito dopo le festività natalizie e non promette nulla di buono per la città.

Le cifre parlano molto chiaro: stanno per piovere su Roma, e in special modo sull’Agro Romano, più di 100 milioni di metri cubi di cemento con un pacchetto di 64 delibere. Un piano che porterà conseguenze inimmaginabili sull’ambiente e sul tessuto sociale della città.

In questo modo Alemanno, in un territorio di 129 mila ettari di cui 55 mila già urbanizzati, intende assaltare altri 2 mila ettari, oggi agricoli, per costruire almeno 66 mila nuovi appartamenti destinati a restare invenduti, considerata la crisi in cui versa il settore immobiliare da anni. Una sorta di nuovo Piano Regolatore che peggiora quello dell’ex sindaco Veltroni, di cui si appresta a diventare una sorta di variante generale.
Non ci risultano studi effettuati sulla sostenibilità ambientale“, scrivono in un appello al Sindaco, alla Giunta e al Consiglio Comunale dal Comitato Interassociativo No a Roma Capitale del cemento, che riunisce decine di sigle tra cui anche Salviamo il Paesaggio di Roma e Provincia, “nessuna pianificazione dal punto di vista della sostenibilità e autosufficienza energetica, nessuna quantificazione in termini di perdite economiche delle attività presenti sulle aree da cementificare nè come ripianarle“.
Insomma, prima si costruisce e poi ci si chiede perchè e in che modo.
Abbiamo constatato“, prosegue la nota del Comitato, “che sono programmati nuovi grandi centri commerciali in zone non previste dal piano regolatore generale  e che produrranno  la chiusura di decine di negozi  di vicinato e ulteriori difficoltà per i loro insostenibili  pesi urbanistici. I previsti insediamenti residenziali poi, sparsi nell’agro romano, si trasformeranno inevitabilmente in tanti dormitori in aggiunta a quelli di cui è purtroppo disseminata l’area della città metropolitana“. Una politica urbanistica che alla prova dei fatti appare caotica e casuale, lontanissima dalle effettive esigenze della collettività e che, così proposta, sembra  rispondere piuttosto agli interessi della speculazione edilizia e alle esigenze e difficoltà finanziarie dei costruttori e delle banche.
Gli effetti di un uso irresponsabile del suolo per eccesso di cementificazione e impermeabilizzazione“, aggiungono da No a Roma Capitale del cemento, “sono sotto gli occhi di tutti: il mancato approfondimento dei rischi idrogeologici con concessioni edilizie o condoni di abusi in aree esondabili o soggette a dissesto provoca danni e guasti e i responsabili di questi danni arrivano a volte a chiedere contributi e risarcimenti alle istituzioni, e cioé, in ultima analisi, ai cittadini che pagano le tasse“.

Le alternative alla sistematica distruzione del territorio e delle sue bellezze paesaggistiche, naturali e culturali sull’altare della speculazione e dei profitti illegittimi delle mafie del cemento non mancano di certo. Basta volerle prendere in esame.

Chiediamo che venga decisa“, si legge in conclusione della nota, “una moratoria ai provvedimenti urbanistici in agro romano e nelle residue aree libere nella città consolidata, e che si provveda invece a programmare prioritariamente il recupero e il riuso, specialmente a fini sociali, delle aree e strutture dismesse unitamente a un censimento degli edifici sfitti vuoti e inutilizzati della città di Roma, alla riqualificazione energetica di dette strutture e edifici e alla messa in sicurezza, anche a fini antisismici, degli edifici esistenti. Riteniamo che tali attività possano assicurare un importante livello occupazionale  e di qualità per le imprese del settore, senza dover ricorrere ancora una volta alla distruzione del territorio e trasformando roma in un modello unico in italia per lungimiranza e tutela del proprio patrimonio culturale e ambientale“.
Per una città che non sia più a misura di palazzinaro.
Marco Bombagi
Salviamo il Paesaggio - Coordinamento Romano

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