Le ragioni dei no-tav: “È rischiosa per la salute e antieconomica”

Michele Sasso
Giovedì 30 giugno scade il termine per l’apertura del cantiere della Maddalena: in gioco 670 milioni di fondi Ue. E i No Tav rilanciano le loro ragioni:«Nella montagna ci sono tracce di amianto, in valle ci sono già altre infrastrutture e 20 miliardi sono troppi quando si potrebbe potenziare la vecchia linea».

Scontri a Chiomonte
Scontri a Chiomonte
 
Oltre 670 milioni di euro di finanziamento per la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione. È la spada di damocle che pende sull’Italia (e il Governo) che ha spinto a forzare la mano per aprire il cantiere del tunnel della Maddalena, nei pressi di Chiomonte, teatro degli scontri in queste ore. Nel tunnel esplorativo si concentrano infatti gran parte delle risorse Ue per la linea ad alta velocità italo-francese: entro il 30 giugno Bruxelles attende l’apertura dei lavori per la fetta più consistente dei soldi assegnati finora per le reti transeuropee, un ammontare di 671,9 milioni di euro per vedere «azioni concrete», ovvero l’avanzamento dei lavori di tutte le opere considerate come prioritarie.
Ed è intorno alla data di giovedì 30 giugno che si concentrano le speranze del movimento No Tav, che vorrebbero arrivare a fine mese per vedere sfumati (o più probabilmente posticipati) i fondi assegnati: il rischio è che il progetto sia soppresso e i 670 milioni destinati ad altre opere che sono in fase più avanzata. Ecco, in numeri, il cantiere della Maddalena: Il tunnel da realizzare alla è un’opera considerata propedeutica alla nuova Torino-Lione ferroviaria perchè destinato a studiare la consistenza e le caratteristiche delle rocce. In Francia ne sono state realizzati tre analoghi. La galleria sarà lunga sette chilometri e verrà scavata fino a raggiungere il livello dove passerà il tunnel principale della Torino-Lione, lungo 54 chilometri. Avrà un diametro di 6 metri e mezzo. Saranno estratti 250-300 mila metri cubi di materiale in tre anni di cantiere, nel quale sarà impegnato un centinaio di lavoratori. La galleria si trova in Valle Clarea, una valle laterale della Val Susa, sopra l'abitato di Chiomonte.
Nella zona si trovano un sito archeologico e la coltivazione del vino Arvanà e del vino del ghiaccio i cui grappoli vengono raccolti a gennaio solo quando la temperatura scende a -8. L'area per il cantiere è di 36 mila metri quadrati. In parte sono terreni della Sitaf, la società che gestisce l’autostrada A32 Torino-Bardonecchia, che passa proprio accanto alla Maddalena, e il traforo italo-francese del Frejus, altri sono stati acquisiti dalla Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) con procedure di esproprio, altre, ma più lontane dall’imbocco del tunnel, erano state comprate da militanti No Tav. Questi i dati e i motivi degli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti.
Rimane però la domanda di fondo: la Tav è un disegno ambizioso di sviluppo o siamo di fronte ad una resistenza locale per un opera considerata prioritaria per tutto il Paese? Per il movimento che si concentra sotto il motto e la bandiera No Tav i motivi per respingere la ferrovia sono ambientali, storici ed economici.
Ambientale. Per realizzare la galleria che unirà la bassa valle di Susa alla Francia sarà necessario scavare nella montagna dove in passato sono state trovate tracce di amianto. Gli ambientalisti e gli abitanti temono che durante gli scavi la polvere ricca di amianto possa diffondersi lungo tutta la valle, con rischi per la salute.
Storica. La Val di Susa - sostengono gli abitanti - ha già dato un ampio contributo, con l’autostrada, il traforo del Frejus, due strade statali e una linea ferroviaria. Considerato che è anche una valle stretta, aprire un nuovo cantiere, vorrebbe dire davvero snaturare il territorio, quantomeno nella parte bassa, quella compresa tra Almese e Bussoleno.
Economica. Che senso ha spendere 20 miliardi di euro in un’opera faraonica che sarà pronta solo nel 2018 quando con una spesa molto inferiore e con danni più contenuti all’ambiente si potrebbe semplicemente potenziare l’attuale linea con la Francia?
Di altro avviso il sito lavoce.info, per il quale «la questione è diversa», come riportato in questo articolo pubblicato a febbraio 2010: È naturale che il Piemonte preferisca avere un’infrastruttura moderna ed è comprensibile che gli abitanti della Val di Susa si oppongano a un investimento che ritengono li danneggi (nonostante le compensazioni promesse) e che a loro non serve. Ma bisogna che qualcuno faccia un conto sui pro e contro di una decisione di spesa che riguarda il Paese intero.
La linea (per la parte di competenza italiana) costerebbe tra 15 e 20 miliardi di euro, come tre ponti di Messina. I contributi europei coprirebbero meno del 30% della sola tratta internazionale (la galleria di base).
Con una spesa analoga si può fare molto. Si potrebbe, scrive Orazio Carabini su Il Sole 24 Ore del 27 gennaio 2010, cablare tutta l’Italia a 100 Mb. Cominciando dal Piemonte, nel caso. La domanda è allora: quale sarà il beneficio dell’opera? Gli studi disponibili mostrano che la ricaduta della Tav Torino - Lione sul sistema economico italiano ed in particolare piemontese sarebbe assai limitata. La Torino - Lione consentirebbe una riduzione dei tempi di spostamento di persone e merci (circa un’ora) verso e dalla Francia, ma si tratta di una quota intorno all’1% dei movimenti che si effettuano in Piemonte e meno dello 0,1% a scala nazionale.
Se l’impatto sulla mobilità è minimo, anche i benefici ambientali dell’opera sarebbero del tutto trascurabili. Considerando gli elevatissimi consumi energetici nella costruzione dell’infrastruttura, le emissioni complessive di CO2 saranno forse più elevate con la Torino - Lione che senza. Nel complesso, non solo “il debito aggregato degli Stati italiano e francese aumenterà di 16 miliardi, ma la gestione dell’opera andrà ad accrescere il loro deficit per i successivi quaranta anni”, conclude una analisi costi-benefici dell’opera che è stata effettuata sulla base dei pochi dati a disposizione. Se ci sono analisi che forniscono risultati diversi, che vengano pubblicate.

michele.sasso@linkiesta.it
 

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