La Cina tra ammissioni di colpa e paure

La diga delle Tre Gole, situata sullo Yangtze nella provincia di Hubei e necessaria alla produzione di energia idroelettrica, sta causando “gravi problemi”. Lo hanno chiaramente ammesso le autorità cinesi lanciando l'allarme per i problemi geologici, sociali ed ecologici seguiti a quest'opera faraonica da sempre contestata dalle associazioni ambientaliste.

di Roberto Tofani

diga tre gole
La diga delle Tre Gole, situata sullo Yangtze nella provincia di Hubei e necessaria alla produzione di energia idroelettrica, sta causando “gravi problemi”
Innalzamento dei livelli del mare, siccità e urgente bisogno d’acqua e di elettricità. Un percorso disordinato che apparentemente si muove in direzioni diverse, ma che in realtà è figlio di un legame naturale che l’Uomo tecnologico e civilizzato sta seriamente influenzando e compromettendo.
Da sempre siamo vittime inermi di fronte alla forza di cicloni, terremoti, tsunami, sconvolgimenti e assestamenti naturali che finora siamo stati più o meno in grado di prevedere e gestire. Nell’ultimo secolo, con un’assunzione quasi mistico-religiosa della tecnologia scientifica, abbiamo cercato con ogni mezzo di crescere, di svilupparci, di occupare ogni piccola fetta di territorio per garantire un benessere effimero che oggi rischia di sciogliersi come i ghiacciai del polo o delle grandi catene montuose da cui nascono i flussi d’acqua che sono fonte vitale per miliardi di persone.
Flussi che vengono interrotti da opere ingegneristiche faraoniche e che stanno mettendo in serio pericolo l’habitat naturale circostante e la vita di milioni di esseri viventi.
In un caos mediatico in cui è sempre più difficile ascoltare, le autorità cinesi hanno lanciato un grido d’allarme passato quasi inosservato. Un governo spesso accusato di censurare, limitare e imporre, non ha utilizzato mezzi termini per descrivere una situazione che sta deteriorando di anno in anno: la diga delle Tre Gole (Sānxiá Dàbà), situata sullo Yangtze nella provincia di Hubei, completata nel maggio del 2006 e necessaria alla produzione di energia idroelettrica, sta causando “gravi problemi”.
Sì, perché vedere una zona del letto del fiume più lungo del continente asiatico completamente asciutto e deserto con navi e pescherecci immobili su zolle di terra spaccate spaventa e pone degli interrogativi a cui, forse, solo la Natura saprà rispondere.
In un comunicato approvato dal primo ministro Wen Jiabao, il Consiglio di Stato - il supremo organismo amministrativo dello Stato – ha chiaramente ammesso che la diga, il cui progetto è stato da sempre contestato dalle associazioni ambientaliste, sta causando problemi geologici, sociali ed ecologici. Come si sottolinea in un articolo del China Daily, l’opera ingegneristica venne progettata e fortemente voluta per “giocare un ruolo essenziale in ambito di sicurezza alimentare, energetica e dei trasporti”.
Ma il comunicato del Consiglio di Stato della settimana scorsa parla chiaro: “la diga delle Tre Gole ha bisogno di rispondere ad alcuni problemi urgenti, come la stabilità e la valorizzazione degli standard di vita delle persone ricollocate, la protezione dell’ambiente circostante e la prevenzione di disastri geologici nel bacino”.
fiume yangtze
I 6.300 km dello Yangtze sono stati la fonte di vita della Cina meridionale, il confine naturale tra le due zone del Paese
In questi cinque anni la centrale idroelettrica a ventisei turbine, ognuna delle quali ha un capacità di 700 MegaWatt, ha garantito una produzione energetica con un risparmio medio annuo di 50 milioni di tonnellate di anidride carbonica (100 milioni di tonnellate a pieno regime) e la diminuzione di gas e polveri sottili derivanti dalla combustione di combustibili fossili come il carbone, utilizzato in Cina per la produzione di oltre il 70 per cento del proprio fabbisogno energetico. Proprio in questo mese sarebbero dovute essere avviate le sei turbine sotterranee a garantire un output energetico totale di 22.500 MW.
A fronte di un’alta produzione energetica che ora sembra comunque essere insufficiente rispetto ai ritmi di crescita economici del gigante asiatico, le autorità hanno dovuto provvedere alla ricollocazione di circa un milione e 400mila persone. Ma non è solo l’Uomo ad aver pagato la conseguenza di proprie scelte, ma anche flora e fauna, che da sempre, nei sistemi di governo, non hanno diritto di parola. Senza dimenticare i numerosi siti archeologici ormai sommersi dalle acque.
Al momento, il governo di Pechino parla di altre persone costrette a piani di ricollocamento.
Obbligate ad abbandonare la propria vita “a causa di smottamenti, tremori e possibili cedimenti degli argini fluviali”. L’attuale siccità e i relativi problemi, però, non sono arrivati all’improvviso. Già tra il 2007 e il 2008 la Cina dovette far fronte alla “peggiore siccità del decennio”. Fu proprio allora che il fiume Azzurro raggiunse i suoi livelli più bassi degli ultimi 142 anni. Come allora, anche oggi milioni di persone dovranno limitare l’utilizzo di acqua potabile. Una mancanza che noi, da questa parte di mondo, abituati ormai ad alzare una leva e attendere che acqua fresca esca dal rubinetto, non riusciamo neanche ad immaginare. Si calcola infatti che l’attuale siccità si ripercuote su 28 milioni di cittadini e 104mila ettari di terreni agricoli.
Che il governo cinese abbia lanciato un grido di allarme è un fatto significativo che preoccupa non poco. Per ora, la risposta pratica ed immediata per far fronte all’emergenza è quella di far defluire flussi d’acqua dalla diga. Solo nella giornata di ieri sono stati riversati sul letto del fiume 5 miliardi di metri cubi d’acqua. Entro il 10 giungo prossimo verrà immessa una quantità d’acqua capace di riempire due milioni di piscine olimpiche (50m x 25m). Intanto, mentre il governo agisce e i cittadini attendono e tentano di reagire, istituti di credito e finanziari calcolano il numero di barili di petrolio necessari a colmare l’assenza di produzione energetica della diga.
Al di là di quello che ognuno vorrà sottolineare ed evidenziare, il dato certo è che i 6.300 km dello Yangtze sono stati la fonte di vita della Cina meridionale, il confine naturale tra le due zone del Paese. Oggi, dallo Yangtze trae fonte quasi il 70 per cento delle risaie della ‘Terra di Mezzo’. Quella pianta erbacea che è la base alimentare del Paese più popoloso al mondo e la cui produzione è già insufficiente a soddisfare l’ingente domanda interna.
Da PlanetNext

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