DOSSIER: La Chernobyl di casa nostra


LA CENTRALE NUCLEARE DEL GARIGLIANO

Iolanda Nanni
Da bambina andavo al mare a Marina di Minturno (LT). Lungo la costa, alle propaggini dei Monti Aurunci, c'era un lungo tratto di spiaggia che si poteva percorrere a piedi fino alla foce del fiume Garigliano, il fiume verde, l'antico Lyris, delimitato da una fitta vegetazione mediterranea. Al fianco di mio padre, percorrevo a piedi la spiaggia che dal Lido Valentino ci portava fino alla foce. Lì, dove il fiume si tuffava nel mare, i miei occhi meravigliati di bambina vedevano le acque azzurre colorarsi di un intenso verde smeraldo. Lì, mi divertivo ad immergere i piedi nell'acqua che, improvvisamente, diventava freddissima e assumeva pieghe diafane, sembrava un tappeto di cristallo.
Il fiume Garigliano segna il confine naturale e politico fra il Lazio e la Campania. Su di esso si erge anche il primo ponte pensile a catenaria in ferro d'Italia. Al di qua c'è la provincia di Latina, al di là quella di Caserta. Entrambe accomunate da un triste destino: quello di vedersi costruire nel proprio territorio una Centrale Nucleare.
Proprio nei pressi di questo splendido fiume, c'è Minturno, e poco distante da questo paese, c'è il comprensorio archeologico dell'antica Minturnae, che fu prosperoso centro commerciale dell'antica Roma ai tempi di Cesare ed Augusto, anche e proprio grazie alla presenza del fiume Garigliano. Si possono visitare l'anfiteatro romano dove, ogni estate, si tiene un'importante rassegna teatrale, tratti integri della via Appia originale, i resti del Foro Repubblicano e del Foro Imperiale, il macellum (l'antico mercato), le splendide arcate dell'acquedotto romano, ed un museo che accoglie numerosi reperti di epoca romana venuti alla luce durante gli scavi archeologici d'inizio secolo scorso. Quella era una terra bellissima, talmente bella da costituire territorio di residenza e svago degli imperatori romani e del cui splendore ancora oggi rimangono tangibili tracce.
Qui, nella cosiddetta Piana del Garigliano, nel lontano 1959, fu stabilito di costruire una Centrale Nucleare. Eravamo al II° governo Segni, governo della DC, per intenderci, Ministro alla Difesa era Giulio Andreotti. La centrale fu costruita dalla SENN (Società Elettro Nucleare Nazionale) appartenente al gruppo IRI-Finelelettrica, società nata nel 1957 con una missione da compiere: la costruzione di una centrale nucleare di prima generazione nel Sud Italia, all'interno del progetto ENSI (Energia Nucleare Sud Italia) sviluppato dal CNRN (Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari) e finanziato dalla Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS).
A settembre del 1959, fu stipulato, da un lato, il contratto fra SENN e General Electric (selezionata fra i costruttori), dall'altro, la Banca Mondiale erogava alla Cassa del Mezzogiorno un prestito di 40 milioni di dollari per realizzare la Centrale Nucleare. A tempo di record (oggi occorrerebbero ottimisticamente 10 anni per la costruzione), la Centrale nel 1963 era già in funzione ma, a giugno dello stesso anno, il reattore raggiungeva la prima criticità e continuò a funzionare così, in maniera discontinua, fino al 1978, anno in cui ci fu un guasto tecnico ad un generatore di vapore secondario. Fu un guasto grave di cui, all'epoca, non si sapeva nulla, i giornali non ne parlavano. La tv neppure.
Nel frattempo, l'ENEL, dal 1965 subentrata alla SENN, si fece due calcoli e decise che i costi per l'intervento di sostituzione erano troppo elevati tanto valeva disattivare la centrale, tanto più che la configurazione stessa dell'impianto nucleare pareva talmente complicata che fu presto abbandonata anche dalla stessa General Electric.
Inoltre, a seguito di un grave incidente alla centrale americana di Three Mile Island e del tragico terremoto in Irpinia, si sarebbero dovute integrare alla centrale del Garigliano nuove varianti impiantistiche, nonchè interventi di adeguamento per la messa a regola con le nuove prescrizioni sulla sicurezza. Gli interventi de cui vennero reputati troppo onerosi e con delibera CDA n. 13694 del 4/3/1982, l'ENEL decise per la disattivazione della centrale nucleare.
Nel 1999 la proprietà della centrale (così come accade per le altre 3 centrali nucleari italiane) viene trasferita a SOGIN che punta al totale smantellamento dell'impianto ed al ripristino ambientale dell'area entro il 2016. Poi posticipato al 2021.
Analisi delle conseguenze.
Già nel periodo di apertura della centrale (anni 1964/65) si registra un sensibile aumento percentuale delle malformazioni sui vitelli della zona della piana del Garigliano (inchiesta del 1981) che arrivò ad un aumento esponenziale nell'area di S. Castrese-Sessa Aurunca, limitrofa alla centrale. I dati ISTAT raccolti nel periodo compreso fra il 1972 e il 1978 (anno del "guasto tecnico" alla Centrale) rilevano che il tasso di mortalità per tumori e leucemie, su una percentuale media italiana di poco più del 7%, nella piana del Garigliano, era attestato drammaticamente al 44,48% (di cui il 21,63% nella sola provincia di Latina).
Nel 1984 un'indagine sulle malformazioni dei neonati (effettuata dall'ASL Latina-6 di Formia), registra un tasso del 19,57% sempre nella piana del Garigliano, con bambini anencefali registrati presso l'ospedale di Minturno o affetti da ciclopismo (malformazione molto rara in cui si trova un unico occhio sulla fronte) presso l'ospedale di Gaeta
Il rischio dell'area a tutt'oggi non può dirsi affatto debellato.
L'impianto, infatti, pur disattivo, continua a rilasciare radionuclidi che entrano nei processi della crescita e nella catena alimentare, concentrandosi fortemente negli organismi viventi. Esempi ne sono il Cesio-137 che si concentra nei muscoli, lo Stronzio-90 che si sostituisce al calcio nelle ossa e nel midollo, il Cobalto-60 che tende ad accumularsi nelle viscere, ed altri ancora che anche in piccole dosi, si accumulano nel latte, nel sangue, nel pescato che comportano conseguenze tragiche per la salute umana, animale e dell'ambiente. Nel caso dell'uomo il rallentamento nella crescita, la diminuzione delle difese immunitarie e di resistenza alle sostanze tossiche, tumori che si possono manifestare anche a grande distanza di tempo dal periodo di somministrazione dei radionuclidi.
Inoltre, la centrale in attività emetteva radiazioni ionizzanti, espulse dal camino, che, anche nonostante la presenza di appositi filtri, risultavano fortemente nocive. Il camino della centrale del Garigliano immetteva nell'atmosfera 120.000 metri cubi di effluvi aeriformi all'ora, che diventano milioni se si moltiplicano per i circa 15 anni (1964-1978) di attività della Centrale.
Analisi delle conseguenze. Non è finita.
All'interno di una montagna del Massico (CE), zona vicinissima alla Centrale, e durante gli anni di attività della stessa, c'era anche una base NATO con militari americani. Nel 1993, ne viene improvvisamente decretato lo spostamento a Mondragone (CE) dove attualmente si trova. Da fonti ufficiali, pare che lo spostamento fosse dovuto al taglio di fondi dell'amministrazione Clinton, secondo altri sarebbe dovuto invece all'inquinamento radioattivo in cui versa la zona.
Nel 2002, a seguito di un'azione promossa da 14 sindaci dei Comuni della piana del Garigliano (fra cui Formia, Gaeta e Sessa Aurunca) che richiedevano di verificare se la fuoriuscita di sostanze radioattive dalla centrale dismessa potesse essere messa in relazione all'elevato numero di casi tumorali riscontrati nei rispettivi comuni, il Ministero della Sanità dispone un'indagine conoscitiva per far luce sulla reale situazione dell'impianto nucleare del Garigliano e i suoi milioni di rifiuti tossici stoccati nei bidoni.
Storico esponente di questo movimento è l'Avv. Marcantonio Tibaldi che dichiara: "Da 41 anni cerco di denunciare gli effetti funesti della Centrale del Garigliano, ma fino ad oggi nessuno si è degnato di rispondere a livello nazionale. Dall'analisi che abbiamo condotto sulle cause di morte degli ultimi 30 anni, la provincia di Latina ha il più alto tasso di mortalità per leucemia e cancro. Se nel Lazio si aggira intorno al 7,7%, a Latina arriva al 21, 63% e al Garigliano al 44,28%. C'è anche un'elevatissima percentuale di malformazioni genetiche. Fino al 1993, anno in cui non si sono più raccolti i dati. sono nati oltre 230 bambini deformi".
Scommetto che molti di voi neanche immaginavano che in Italia esistesse questa Centrale Nucleare. Questa Centrale non è stata fra quelle dismesse a seguito del Referendum del 1987 in cui gli italiani manifestarono chiaramente il loro dissenso nei confronti del NUCLEARE.
La Centrale fu chiusa molto prima, per motivi ascrivibili al mal funzionamento. Rimane il problema della gestione delle scorie e della sicurezza dei lavoratori addetti, «con il grave sospetto - afferma il Prof. Mauro Cristaldi, docente di anatomia comparata all'Università La Sapienza di Roma - di un'attenzione sui controlli che, negli ultimi anni, sembrerebbe essere scemata. Mentre la gran parte dei rilevamenti, di pertinenza dell'ente gestore (l'ENEL), non appaiono in grado di fornire gli elementi necessari per sapere con certezza quale sia l'attuale stato di salute della zona. E se anche non volessimo usare i toni della catastrofe - precisa il Prof. Cristaldi - gli effetti nefasti registrati nell'area sono innegabili e sufficientemente documentati».
Arriviamo ai giorni nostri
Ad aprile del 2009 la Consulta dei Sindaci del Cassinate ha incontrato i responsabili della SOGIN ed i tecnici dell'Autorità di Sicurezza Nucleare (ISPRA) che sovrintende l'attività di smantellamento. I tecnici hanno illustrato le attività realizzate ed il piano industriale "una significativa accelerazione delle attività di decommissioning, con l'obiettivo di completare lo smantellamento degli impianti e la messa in sicurezza dei rifiuti entro il 2019, con un anticipo di due anni rispetto al precedente piano. Nel 2008, Sogin ha raggiunto tutti gli obiettivi stabiliti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas e ne ha anticipato uno relativo al 2009. Il volume complessivo di attività è stato oltre la metà di quello complessivamente realizzato nel periodo 2001-2007" - e continuano - "Nella centrale nucleare Garigliano sono presenti 2605 m³ di rifiuti radioattivi di bassa e media attività prodotti dalle attività di esercizio della centrale, corrispondenti complessivamente a 3430 contenitori. Per elevare i livelli di sicurezza nello stoccaggio dei rifiuti della centrale è in corso la ristrutturazione di un edificio e la costruzione di un deposito, nei quali questi rifiuti radioattivi saranno temporaneamente stoccati, in attesa del loro successivo trasferimento al deposito nazionale (che a tutt'oggi non è ancora stato creato, ndr). I lavori termineranno rispettivamente nel 2009 e nel 2011».
Il 17/7/09 le testate locali della Provincia di Latina riportavano che l'epicentro del terremoto che ha colpito il sud pontino si trovava a soli 8 km in linea d'aria dalla Centrale Nucleare del Garigliano. Il consigliere del PDL alla Regione Lazio, Romolo Del Balzo, ha affermato «L'evento sismico ricorda gli effetti del terremoto dell'Irpinia del 23 novembre del 1980 che diciotto anni dopo l'accensione della centrale del Garigliano portò l'attenzione sul potenziale rischio sismico dell'area dei monti Aurunci. L'individuazione negli anni '50 del sito del Garigliano è dunque precedente alla "consapevolezza di rischio sismico", sopravvenuta successivamente, ed in effetti la centrale del Garigliano cessò definitivamente la sua attività poco dopo il terremoto dell'Irpinia, e cioé il 1 marzo del 1982, quindi non per effetto del referendum anti-nucleare, che fu celebrato cinque anni dopo, nel 1987. Per questi motivi - aggiunge Del Balzo - credo che, essendo mutate le condizioni oggettive, l'eventuale collocazione di un nuovo impianto nucleare nel sito dismesso del Garigliano non possa essere decisa solo in base al criterio di riutilizzo dei vecchi siti, ma vada sottoposta al riscontro con le normative di garanzia vigenti che sono successive all'apertura dei vecchi siti, a cominciare dal Dpr 185 del 13 febbraio 1964 che ancora oggi definisce le condizioni per il nulla osta alla costruzione di impianti nucleari per uso civile".
In Italia si ha la tendenza ad avere la memoria corta. Noi non vogliamo dimenticare.
Ringraziamo Modus Vivendi, mensile della Federaz. Naz. Dei Verdi, Greenpeace, www.caserta24ore.it, www.bassolazioambiente.blogspot.it, www.zonanucleare.com


Commenti