Andreotti e l’Anello: le rivelazioni di Gelli e il dopo-Silvio

«Giulio Andreotti sarebbe stato il vero “padrone” della Loggia P2? Per carità… io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello». L’Anello? «Sì, ma ne parleremo la prossima volta». Con poche parole, clamorose, l’ex venerabile Gelli individua per la prima volta nel senatore Andreotti il referente di un’organizzazione quasi sconosciuta, un sorta di servizio segreto parallelo e clandestino che possibile anello di congiunzione tra i servizi segreti (usati in funzione anticomunista) e la società civile. Il settimanale “Oggi”, che pubblica l’intervista a Gelli nel numero in edicola il 24 febbraio, ha chiesto un commento ad Andreotti, che ha fatto sapere di non voler commentare.
«L’Anello (o, più propriamente, il cosiddetto “Noto Servizio”)», spiega su “Oggi” lo storico Aldo Giannuli, già consulente della Commissione Stragi, «fu Licio Gelliun servizio segreto parallelo e clandestino, scoperto solo di recente nel corso della nuova inchiesta sulla strage di Brescia». Fondato nel 1944 dal generale Roatta per i “lavori sporchi” che non dovevano coinvolgere direttamente uomini dei servizi, subì diverse trasformazioni, scissioni e nuove entrare, per sciogliersi definitivamente intorno al 1990-91. «La storia di questo servizio – continua Giannuli – si incrocia con molte delle vicende più oscure della storia del nostro paese: da piazza Fontana al caso Moro al caso Cirillo». Il termine Anello non compare in alcun atto ma è citato da alcuni appartenenti all’organizzazione che si attribuiscono il ruolo di anello di congiunzione tra i servizi segreti – usati in funzione anticomunista – e la società civile. 
Nell’intervista a “Oggi”, Gelli dice anche che «se avessi vent’anni di meno mobiliterei il popolo, bloccherei ferrovie e autostrade per protestare contro l’ingerenza dell’Europa. Per bloccare chi vieta di esporre il Crocifisso negli edifici pubblici». Sulla P2 dice: «La rifarei, anche se tanto del mio “Piano di rinascita” è stato realizzato. Mi sarebbero bastati altri quattro mesi. Solo quattro. E avrei cambiato il sistema politico senza colpo ferire». L’ex venerabile boccia Berlusconi: «La sua politica non mi piace. Si è dimostrato Giulio Andreottiun debole, ha paura della minoranza e non fa valere il potere che il popolo gli ha dato. Oggi il Paese è in una fase di stallo. Molto pericolosa».
Per Licio Gelli, «Berlusconi è stato troppo goliardico, avrebbe dovuto dedicare più tempo ad altri incontri, ad altre cene». Duro il giudizio su Gianfranco Fini: «È un uomo senza carattere». Alla domanda se ci siano suoi documenti segreti, magari all’estero, Gelli risponde sibillino: «Non me lo ricordo… I servizi segreti italiani hanno pagato per avere un mio archivio, falso, nascosto a Montevideo». Gelli “ricorda” un budget pronto uso da 400 milioni di vecchie lire, nonché «una valigia piena di cartacce, giornali, inutili fogli». E nega «nel modo più assoluto» di conservare dossier su personaggi politici.

Potrebbe essere una «transizione morbida» l’obiettivo celato dietro l’inusuale necessità di intervenire pubblicamente che ha colto da qualche tempo Licio Gelli. Ne è convinto Giuseppe De Lutiis, tra i maggiori analisti italiani di terrorismo e servizi segreti, al quale i segnali che circolano da qualche tempo – come le rivelazioni dello stesso Gelli sull’Anello, una struttura segreta e parallela che il Venerabile ha collegato a Giulio Andreotti – non sono sfuggiti. Neppure quelli che sembrano indicare nella fase attuale una certa similitudine con quella attraversata dal paese tra il ’92 e il ’94. «È inevitabile pensare – spiega, intervistato dal “Riformista” – che quello che Giorgio Galli chiama “il governo invisibile” stia lavorando a un dopo-Berlusconi meno caratterizzato dal muro contro muro».
I segnali sono tanti: c’è una concatenazione di eventi che suggerisce che qualcosa, dietro le quinte del potere, stia accadendo, al riparo dal clamore delle cronache. Prima lo strappo di Gelli sul cosiddetto scandalo P3, per prendere le distanze da quel «sodalizio di affaristi». Poi, a gennaio, una sibillina intervista pubblicata dall’“Espresso” nella quale il prefetto Bruno Rozera, pezzo pregiato della massoneria, parla anche di Gelli, ricordandone significativamente l’attività nel periodo precedente agli anni tra il 1992 e il 1994. Infine, continua “Il Riformista”, due interviste consecutive dell’ex Giuseppe De Lutiiscapo della P2, una al “Tempo” e una ad “Oggi”, nelle quali Gelli sembra prendere in modo deciso le distanze da Berlusconi.
«Non è casuale – osserva De Lutiis – se in poche settimane Gelli abbia espresso in più sedi le sue valutazioni e lo abbia fatto con interviste di quel tenore. D’altra parte, non credo neppure che quella del prefetto Rozera, che ha informazioni paragonabili a quelle in possesso di Gelli, sia una decisione casuale. E questo è possibile attribuirlo al fatto che l’era di Berlusconi sembra terminata, sia perché lo stesso interessato ha contribuito molto ad accelerarne la fine, sia per la durata che si avvicina al ventennio. E forse anche per altre ragioni che noi non conosciamo».
Insomma, mentre la vita politica sembra avvitata da mesi in una picchiata molto pericolosa, «potrebbe essere – continua De Lutiis – che queste interviste servano a preparare il terreno ad un cambio di gestione sia del potere palese che di quello più o meno occulto». Dunque, la promessa di Gelli, il quale ha annunciato altre rivelazioni, «potrebbe aiutarci, se mantenuta, a comprendere molti aspetti della difficile gestione di questo paese che è stato definito efficacemente come “una portaerei nel Mediterraneo” e che ora vede al comando una persona che anche a livello internazionale non viene più ritenuta affidabile».
Mistero fitto, intanto, sulle “rivelazioni” riguardanti l’Anello, presunta struttura segreta coperta per decenni dal silenzio. «La semplificazione prospettata da Gelli – conclude De Lutiis – dovrebbe essere suffragata da qualche prova». Quello che sappiamo, ragiona l’analista, è che Andreotti operò per disvelare (e quindi rendere inservibile) la Gladio, che invece fu difesa da Cossiga. «Ancora oggi negli ambienti eredi del servizio segreto militare, che era quello che gestiva Gladio, Cossiga è popolarissimo, quasi venerato, mentre verso Andreotti permane un sentimento, per così dire, di avversione». Dopo mezzo secolo, «forse le autorità politiche potrebbero ammettere gli storici a consultare almeno una parte delle carte, a meno che il maestro Venerabile non ci aiuti a caprine di più come ha promesso» (info: www.ilriformista.it, www.oggi.it).

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