Energia pulita senza petrolio e nucleare

Energia nucleare: dibattito aperto


L'energia nucleare è una fonte energetica che presenta aspetti positivi e negativi.
Questa energia è prodotta nelle centrali nucleari mediante il bombardamento di uranio con neutroni: il nucleo dell'uranio viene così diviso in due nuclei più piccoli (fissione nucleare) e, per effetto domino, genera nuovi nuclei che a loro volta, bombardati da altri nuclei di uranio, danno luogo alla famosa reazione a catena nucleare.

L'uranio non emette in atmosfera anidride carbonica  (guarda video), il principale gas serra, a differenza dei combustibili fossili: questo è un aspetto positivo (forse l'unico).

Uno degli aspetti negativi è invece rappresentato dal fatto che durante questo processo viene emessa radioattività ad alta intensità. Gli oggetti esposti alle radiazioni assorbono radioattività, diventando scorie radioattive. Le scorie devono essere stoccate anche per molte migliaia di anni per far decadere il livello di radioattività. Attualmente nessuna tecnologia è in grado di distruggerle: vi sono studi che sembrano dimostrare la possibilità di riutilizzare alcune scorie per produrre nuova energia e di essere smaltite in poche decine d'anni, ma il tutto rimane ancora infattibile.

Parte dell'opinione pubblica è favorevole al nucleare, soprattutto perchè intravede nel suo sviluppo l'unica via d'uscita dalla dipendenza petrolifera.
Parte invece è contraria principalmente per 2 aspetti: quello economico e quello della sicurezza.

Nucleare in Italia.

In Italia un referendum (referendum novembre 1987 per l'abolizione della procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari, per l'abolizione dei contributi a regioni e comuni sedi di impianti elettronucleari e per l'abolizione della partecipazione dell'Enel alla realizzazione di impianti elettronucleari all'estero) ha sancito la volontà per la maggioranza degli italiani (circa l'80% del 65% recatosi alle urne) di vivere in un Paese senza nucleare.
E' interessante notare come il referendum non solo abbia manifestato una contrarietà al nucleare in Italia, ma anche un divieto di collaborazione con l'estero per Enel: divieto disatteso e anzi prorogato nel tempo e ampliato nelle collaborazioni. Il nucleare in Italia e nel resto del mondo comporta costi di progettazione e realizzazione elevatissimi, essendo altissima la tecnologia e la competenza richiesta ai progettatori di un impianto, al quale deve necessariamente compartecipare la finanza pubblica (quindi i cittadini). E, una volta terminata la costruzione, si devono aggiungere i costi per la messa in sicurezza militare contro eventi terroristici o naturali (per esempio il grande incendio che ha colpito Mosca e dintorni e che ha rischiato di raggiungere sia l'area di Chernobyl che lo stoccaggio delle scorie dello stesso): in quest'ottica parrebbe inevitabile un intervento (cioè un aumento) sulla nostra bolletta elettrica. Inoltre, è innegabile un legame tra l'utilizzo di uranio e la produzione di armi, anche in paesi in via di sviluppo e con governi instabili o tendenzialmente "aggressivi": una situazione che preoccupa una buona parte dei cittadini. Cittadini che, tra l'altro, accettano mal volentieri di convivere a fianco di una centrale nucleare o di uno stoccaggio di scorie radioattive. Questo rappresenta un altro ostacolo, quello della localizzazione di un impianto nucleare.

E' ancora vivo il ricordo, per esempio, di Chernobyl (ex URSS) e dei devastanti effetti, soprattutto a lungo termine, che quel disastro ha prodotto sulla popolazione e nell'immaginario di miliardi di persone.
Su quest'aspetto, quello della sicurezza, la critica maggiore che l'opinione pubblica pone al nucleare è che non esiste una tecnologia che garantisca la sicurezza "totale", al 100%: un minimo rischio è sempre presente, quindi la possibilità di incidente NON è pari a zero. Da questo punto di vista, una centrale nucleare rappresenta un possibile, anche se poco probabile, altissimo pericolo costante.

Situazione del nucleare nel mondo e altri aspetti negativi del nucleare.

Negli USA operano 109 reattori per una potenza di 99 GW. L’ultimo ordine di costruzione di un reattore nucleare effettivamente realizzato risale a 23 anni fa. Negli ultimi 30 anni, i reattori ordinati e successivamente cancellati per i costi crescenti sono stati 123, mentre nel 1990, in Canada, il piano di costruzione di 10 reattori entro il 2014, è stato cancellato.
La centrale Yankee Rowe (Massachussets), chiusa nel 1991, fu costruita nel 1960 a un costo, in dollari 1993, di 186 milioni; lo smantellamento completo prevede (non è stato ancora completamente terminato) una spesa di 370 milioni di dollari, quasi il doppio di quanto speso per costruirla. La sua durata è stata quindi di 31 anni.

La vita media dei 439 reattori attualmete in funzione nel mondo è di 21 anni. Si stanno smantellando 80 centrali che hanno una vita media di 32 anni. In costruzione ce ne sono 36. Vale la pena di sottolineare che si tratta di centrali in costruzione, non in progetto di costruirle.

Nel 2002, British Energy entrò in crisi perché la liberalizzazione dei mercati elettrici aveva reso il nucleare poco competitivo. Fu salvata dalla bancarotta grazie a un criticato aiuto pubblico di oltre 6 miliardi di euro, in parte per coprire le passività legate alla gestione delle scorie nucleari e al futuro smantellamento delle centrali nucleari.

Nel gennaio 2005, la Corte dei conti francese ha scoperto che a fronte di 13 miliardi di euro di accantonamenti dichiarati da Electricité de France per lo smantellamento delle centrali nucleari e per la gestione delle scorie radioattive, esistono solo 2,3 miliardi di attivi effettivamente dedicati allo scopo.

Da questi esempi emerge il dubbio che il nucleare sia un’industria in cui è facile scaricare i costi sul futuro e sulla collettività.

Nel Nord America non si sta costruendo nessuna centrale, perchè appare non conveniente, e anche perchè la sua costruzione richiede almeno 10 anni con un costo maggiore di una qualsiasi centrale tradizionale, mentre smantellarla costa più del doppio e la sua durata è nella migliore delle ipotesi di poco superiore ai 30 anni.

Il costo di smaltimento dei rifiuti è maggiore del costo di fabbricazione della centrale, e non si deve dimenticare che in Italia non ci sono giacimenti di uranio, e questo creerebbe una nuova dipendenza dall'estero (uranio al posto del petrolio).

Quale può essere quindi l'alternativa? Ricordiamoci questi 3 punti:

- Ridurre i consumi di energia
- Rendere più efficenti i sistemi: abitazioni più isolate, impianti termici più efficienti, elettrodomestici migliori, illuminazione a basso consumo/alta efficenza.
- Investire sulle fonti rinnovabili: un pannello fotovoltaico è garantito fino a 25 anni e produce energia fino a 35 anni, e il solare e l’eolico sono le due fonti energetiche che continuano a calare come costi: nel 2010 è previsto che 1KW prodotto dal solare costerà come 1KW prodotto dal petrolio.

L'Energia in Italia: fabbisogno elettrico, produzione, sprechi.

In Italia i consumi elettrici sono stati nel 2009 pari a 88,64 Mtep, ossia 38,54 GW o 337.601 GWh.
Tale dato è detto anche "consumo o fabbisogno nazionale lordo", e corrisponde all'energia elettrica di cui ha bisogno l'Italia per far funzionare tutti gli impianti, strumenti o mezzi alimentati ad energia elettrica, e contiene anche una percentuale pari al 13,3% di energia importata dall'estero.
Rispetto al 2008, il 2009 ha registrato una contrazione nella richiesta pari al 5,66%, in parte attribuibile alla recente crisi economica e in parte alle perdite di rete, calcolate intorno ai 5,34 Mtep (2,32 GW o 20.353 GWh).
Nel 2009 la composizione percentuale delle fonti energetiche impiegate per la copertura della domanda è stata determinata con il 67,3% di produzione da combustibili fossili, il 19,4% da fonti rinnovabili (energia eolica, idroelettrica, solare e geotermica) e il rimanente dal sopra accennato 13,3% di quota importata dall'estero. L'Italia è il secondo Paese al mondo per importazione di energia elettrica, l'80% circa della quale proviene da Svizzera e Francia. Di questo 80%, il 40% di parte "svizzera" e l'87% di parte "francese" è di origine nucleare: quindi, l'Italia importa energia nucleare per una percentuale compresa tra il 6 e il 7% del proprio fabbisogno. L'Italia è il paese europeo (sesto al mondo) maggiormente dipendente dal petrolio per la produzione di energia elettrica.
La dipendenza energetica dall'estero è molto alta e simile a quella di molti altri paesi occidentali, e ci pone come il quarto Paese importarore di petrolio al mondo e il nono per quanto riguarda il carbone. Il fabbisogno energetico italiano è comunque fortemente dipendente dal petrolio e dal gas solo per quanto riguarda il settore dei trasporti, mentre è marginale la quota nel settore della produzione dell'energia elettrica.

La produzione italiana di energia elettrica nel 2009.

Nel 2009 la produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili in Italia è stata pari al 77,4% della produzione nazionale totale, con un utilizzo di gas pari al 65,1%, di carbone pari al 17,6% e di derivati petroliferi pari al 7,1%.

Sempre nel 2009 la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stata invece pari, nel suo complesso, al 22,5% della produzione nazionale, ma non bisogna dimenticare che in questa percentuale vengono computate anche le quote da combustione rifiuti, annoverate tra le rinnovabili e incentivate dai Cip6, ma a tutti gli effetti da non considerarsi come tali.
A tale risultato hanno contribuito per il 15,8% l'energia idroelettrica, per l'1,6% l'energia geotermica, per l'1,9% l'energia eolica e per lo 0,2% da energia solare e fotovoltaico.
Se i numeri possono apparire esigui, ci si può consolare sapendo che per quanto riguarda l'eolico l'Italia è il terzo paese produttore in Europa, e per quanto riguarda il fotovoltaico il quinto al mondo.
La percentuale di energia da combustione rifiuti, ossia proveniente dai cosiddetti termovalorizzatori (o più appropriatamente inceneritori) e più in generale dalla combustione di biomasse, rifiuti industriali e urbani, è purtroppo ulteriormente cresciuta nel 2009, arrivando al 2,38% del totale richiesto (quasi lo 0,3% in più rispetto al 2008).
Sprechi energetici e importazione energia dall'estero: farne a meno si può.
L'offerta di energia elettrica è in realtà potenziale, poiché si riduce a causa degli sprechi e dei consumi eccessivi del settore energetico nazionale. E' stato stimato che se l'Italia migliorasse l'efficienza della propria rete elettrica anche attraverso il risparmio energetico, potrebbe fare a meno di importare la quota annua di energia elettrica dall'estero. Naturalmente, ridurre le inefficenze del sistema energia è fondamentale, ma non risolve il vero problema strutturale a cui l'Italia dovrà dare una risposta nel futuro prossimo: l'eccessiva dipendenza dalle fonti di energia fossili. In quest'ottica, pare del tutto evidente dare priorità ad uno sviluppo forte delle energie rinnovabili e pulite prodotte sul territorio.
Come tutti i paesi occidentali infatti anche l'Italia risente degli sbalzi nei prezzi delle fonti di energia fossili. L'instabile crescita del prezzo del petrolio ha fatto crescere anche i prezzi di gas e carbone, fonti energetiche alternative al petrolio, aumentando la spesa per l'import di energia primaria nei paesi occidentali. La presenza dell'euro forte ha permesso all'Italia di contenere la crescita della spesa energetica, ma va sottolineato che esiste un meccanismo che ha reso conveniente (non necessaria) l'importazione dell'energia dall'estero e ne ha facilitato lo sviluppo, e cioè la "compravendita" di energia in base non alle esigenze degli utenti ma alle caratteristiche degli impianti di produzione.

Commenti