Ocse: Italia penultima su 33 paesi nelle spese sull’istruzione. Insegnanti con i salari più bassi

(Apcom) - Italia quasi fanalino di coda tra i paesi Ocse sulle spese nell’istruzione: è penultima su 33 paesi nella quota di Pil dedicata al settore, al 4,5 per cento nella penisola contro il 6,2 per cento della media Ocse. Tra i tradizionali partner europei la Francia risulta distanziata al 6 per cento, più vicina la Germania, peraltro quintultima in graduatoria con poco più del 5 per cento. A svettare è invece l’Islanda, con oltre il 7,5 per cento seguita dagli Stati Uniti, al 7,5 per cento e Israele, oltre il 7 per cento. Maglia nera, dietro all’Italia, la Repubblica Slovacca, dove le spese per istruzione sono state appena al 4 per cento del Pil, in base ai dati 2007.

Il rapporto – Il tutto nell’ultimo rapporto annuale sul settore stilato dall’organizzazione parigina; uno studio corposo, oltre 470 pagine, in cui l’Ocse rileva come in una fase di crescente prudenza sulle finanze pubbliche a seguito della crisi economica “una attenzione rinnovata è portata all’istruzione”. Anche perché l’istruzione assicura redditi più elevati, e in questo modo maggiori entrate fiscali. In Italia anche i salari degli insegnati sono mediamente più bassi rispetto alle medie Ocse, ma allo stesso tempo secondo le tabelle fornite svolgono una minore quantità di ore di lezione.
Gli stipendi – I paragoni sui salari degli insegnati vengono prevalentemente fatti dall’Ocse sulle retribuzioni che si ottengono dopo 15 anni di esperienza, e come valuta di riferimento viene preso il dollaro, ricalcolato per tener conto della “parità di potere di acquisto” (un sistema che serve a eliminare le eventuali distorsioni dovute ai cambi). Ebbene in Italia nell’istruzione primaria in media dopo 15 anni un insegnate guadagna 31.520 dollari l’anno, contro i 39.426 della media Ocse. Nell’istruzione secondaria di base il salario degli insegnati secondari risulta a 34.331 dollari, contro 41.927 della media Ocse e nell’istruzione secondaria più avanzata (upper secondary education) 35.290 dollari in Italia, contro 45.850 della media Ocse. In questo caso i dati sono riferiti al 2008.
Le ore di lezione – Allo stesso tempo però, in un’altra tabella l’Ocse riporta le ore di lezione effettuate ogni anno in base ai contratti di lavoro; e in Italia nell’istruzione primaria un insegnate tiene 735 ore di lezione l’anno, contro le 786 della media Ocse. Nell’istruzione secondaria di base le ore di lezione sono 601 l’anno nella penisola, contro 703 della media Ocse, e 601 sono anche le ore di lezione nell’istruzione secondaria avanzata, contro 661 della media Ocse.
La spesa – Quanto alla minor quota di spesa pubblica che l’Italia all’istruzione, i dati emergono anche da altre tabelle. In media nella penisola la spesa per studente mettendo assieme tutti i livelli risulta di 7.948 dollari l’anno, contro 8.216 dollari della media Ocse. E l’ente parigino avverte come gli investimenti pubblici nel campo dell’istruzione abbiano “ricadute positive”, anche sulle finanze pubbliche. “In media, nell’area Ocse – recita una sintesi dello studio – un individuo con un livello di istruzione terziaria genererà nel corso della propria vita lavorativa una somma supplementare di 119.000 dollari tra imposte sul reddito e contributi sociali rispetto a un individuo che abbia completato solo un ciclo secondario superiore”.
I fondi destinati all’istruzione – Anche nei paesi “in cui l’intervento statale è generalmente limitato, il finanziamento pubblico all`istruzione resta una priorità sociale. In media, i paesi Ocse destinano il 13,3 per cento della spesa pubblica totale all’istruzione, che varia da percentuali inferiori al 10 per cento in Repubblica Ceca, Italia e Giappone, a circa il 22 per cento in Messico”. Nell’area “i governi stanno cercando di rendere più efficace il sistema di istruzione e al contempo di accedere a risorse supplementari che permettano di rispondere alla domanda crescente. L’edizione 2010 della pubblicazione Education at a Glance – conclude l’Ocse – offre ai vari paesi l’occasione di riflettere sulla loro performance in un’ottica comparativa”.

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