Battaglia dell’acqua: no alle bollette gonfiate dai profitti



Prima Prodi, ora Berlusconi: tutti vogliono privatizzare l’acqua, bene pubblico. Uno scacco in tre mosse: servizi idrici che possono essere gestiti da società per azioni, private o miste, vincitrici di gare d’appalto, con procedura che ora il decreto Ronchi considera «ordinaria». E con un dettaglio decisivo: il 7 per cento della tariffa andrà a remunerare, di diritto, il capitale investito: imprenditori facilitati, con profitti garantiti per legge. «Fermeremo a colpi di referendum questa mercificazione dell’acqua, che è un bene comune», annuncia Marco Bersani, del Forum Movimenti per l’Acqua, lanciando la raccolta di firme il 24 aprile.

«La grande coalizione sociale che propone questi tre quesiti intende intaccare tutte le normative che in questi anni hanno introdotto il processo Marco Bersanidi privatizzazione in questo paese», spiega Bersani a Christian Elia di “PeaceReporter”. Sotto accusa il decreto Ronchi, che «costituisce l’accelerazione finale» visto che «concepisce come forma ordinaria» la privatizzazione dell’acqua (gara d’appalto o società mista). L’ultimo decreto «elimina qualsiasi modalità di gestione diretta o pubblica» dell’acqua potabile.

Il secondo questito referendario andrà invece a colpire l’articolo 150 del decreto ambientale 152 del governo Prodi, secondo cui i servizi idrici possono essere gestiti solo attraverso la forma societaria della società per azioni, che in realtà «è un ente di diritto privato, il cui unico scopo è produrre profitti e utili per gli azionisti». Grazie a una sorta di trucco, in questo caso: «Pochi cittadini sanno che nella tariffa dell’acqua che pagano periodicamente è compreso un 7 per cento che, come previsto dalla legge, va a renumerare il capitale investito. Cosa vuole dire? Che vengono così garantiti i profitti per chi investe sull’acqua». Abrogata quella norma, senza più profitti sull’acqua, «quanti saranno i privati che faranno la coda per acqua 1poter gestire un servizio idrico una volta che non viene più garantito per legge il profitto?».

Privatizzazione bipartisan, osserva “PeaceReporter”. «La cultura delle politiche liberiste, che per vent’anni hanno sostenuto il mercato come unico regolatore sociale, sono assolutamente trasversali», conferma Marco Bersani. «L’unica differenza tra uno schieramento e l’altro è il diverso accento con cui vengono praticate, ma c’è stata una forte condivisione di fondo». Tant’è vero che, se il decreto Ronchi «accelera le privatizzazioni», questi processi «sono cominciati quindici anni fa e hanno avuto una sostanziale continuità, pur nell’alternanza dei governi».

Più che uno scontro destra-sinistra, quella per l’acqua pubblica è «una battaglia dal basso verso l’alto: una sorta di riappropriazione sociale dal basso dei beni comuni, dell’acqua tanto quanto della democrazia». Comitati, enti locali, territori: «Bisogna invertire la rotta: il mercato come unico regolatore sociale comporta la giungla, la legge del più forte, rompe i legami sociali, costringe le persone alla solitudine competitiva». Il Forum che acqua 2propone i tre referendum sull’acqua è dunque anche «un grande laboratorio sociale», che ricostruisce solidalietà, trasparenza e democrazia partecipata.

Clamoroso il caso di Aprilia, dove 6500 famiglie si sono auto-ridotte la bolletta: pagano l’acqua potabile, ma non la quota-profitto al gestore privato, contestando l’inevitabile rincaro a beneficio della società di gestione. «L’aspetto interessante della battaglia di Aprilia e di tutto il movimento per l’acqua – sottolinea Marco Bersani – è che la maggior parte delle persone scese in campo sono alla loro prima esperienza di attivismo sociale: sono cittadini che a un certo punto hanno detto basta, ritenendo inaccettabile che tutto venga privatizzato, perfino l’acqua». Una “resistenza” premiata: il riconoscimento che la privatizzazione ad Aprilia «era perfino illegale», col risultato che il Comune si riapproprierà del suo impianto idrico, «dimostra che una lotta dal basso partecipata e popolare può portare a risultati insperati».

Alcuni esponenti italiani del Forum per l’Acqua parteciperanno al meeting internazionale di Cochabamba, in Bolivia, rimarcando che la battaglia dell’acqua è globale e si collega a quella per il clima. «Pensiamo che sulla questione dei beni comuni e delle risorse si giochi davvero una battaglia planetaria sul diritto al futuro per questo pianeta», aggiunge Marco Bersani. «Per garantire questo diritto, occorre cambiare radicalmente il modello di sviluppo». A partire dall’Italia, dove il 24 aprile scatta una mobilitazione di tre mesi per raccogliere le firme. Se il business allunga le mani sul Sud America, sull’Asia e sull’Africa, le grandi multinazionali dell’acqua sono tutte europee: per questo «occorre che il vecchio continente diventi un laboratorio sociale di questa lotta», di cui l’Italia è l’avamposto. «Ma la battaglia deve diventare europea: solo così si potranno intaccare le grandi multinazionali nel cuore del loro impero» (info: www.peacereporter.net).

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