BASTA CON IL PETROLIO



Gli incidenti

Secondo una definizione del GESAMP, l’inquinamento marino è l’“Introduzione diretta o indiretta da parte umana, di sostanze o energia nell’ambiente marino (...) che provochi effetti deleteri quali danno alle risorse viventi, rischio per la salute umana, ostacolo alle attività marittime compresa la pesca, deterioramento della qualità dell’acqua per gli usi dell’acqua marina e riduzione delle attrattive ”

Si possono quindi inquadrare tre differenti tipi di inquinamento:

- inquinamento sistematico :causato dall’immissione continua nel tempo di inquinanti (scarichi fognari, reflui industriali, dilavamento terreni, e così via);

- inquinamento operativo: causato dall’esercizio di natanti (lavaggio cisterne, scarico delle acque di zavorra e di sentina, ricaduta fumi, vernici antivegetative e così via);

- inquinamento accidentale: causato da incidenti: naufragi, operazioni ai terminali, blow-out da piattaforme, rottura condotte);

Secondo fonti OMI tra le fonti di inquinamento delle acque marine solo il 23%sono costituite da sorgenti marine e tra queste la percentuale del 12% è quella legata all’inquinamento dovuto al trasporto marittimo, il resto è dovuto a cause di origine terrestre, ad attività di dumping e off-shore ed al trasporto aereo.



Principali sversamenti di petrolio in mare in Europa

DATA


LOCALITA'


NAVE


SVERSAMENTI (tonnellate)


Marzo 1967


Gran Bretagna


Torrey Canion


121.000

Gennaio 1975


Portogallo


Jacob Maersk


84.000

Maggio 1976


Spagna


Urquiola


101.000

Marzo 1978


Francia


Amoco Cadiz


228.000

Dicembre 1978


Spagna


Andros Patria


47.000

Aprile 1979


Francia


Gino


42.000

Novembre 1979


Bosforo


Independenta


95.000

Febbraio 1980


Grecia


Irenes Serenade


102.000

Aprile 1991


Italia


Haven


144.000

Dicembre 1992


Spagna


Aegeum Sea


80.000

Gennaio 1993


Gran Bretagna


Braer


85.000

Febbraio 1996


Gran Bretagna


Sea Empress


60.000

Dicembre 1999


Francia


Erika


31.000

Dicembre 2002


Spagna


Prestige


77.000

Nel Mediterraneo, secondo le statistiche OMI, la percentuale degli inquinamenti da idrocarburi dovuti a sversamenti da navi è del 10%. Si tratta ovviamente di statistiche relative agli sversamenti accidentali che non tengono conto delle operazioni illegali, quali il lavaggio delle cisterne. Secondo una stima dell’Unione Petrolifera il Mediterraneo riceverebbe ogni anno circa 1 milione di tonnellate di idrocarburi provenienti da varie fonti (sversamenti intenzionali e accidentali, fonti endogene, apporto dai fiumi, ecc.).

Analizzando le cause di questi incidenti, è possibile riscontrare che per il 64%dei casi esse sono imputabili ad errore umano, il 16% a guasti meccanici ed il 10% a problemi strutturali della nave, mentre il restante 10% non è attribuibile a cause certe.



La gran parte delle percentuali attribuibili agli errori umani e alle cause non determinate possono senz’altro essere ascritte ai problemi connessi alla presenza di vecchie imbarcazioni con equipaggi improvvisati e impreparati che percorrono in gran numero il Mediterraneo.

Secondo statistiche elaborate dall’ITOPF, l’associazione di categoria dei trasportatori di idrocarburi, le cause degli sversamenti si manifestano secondo le seguenti proporzioni:

- durante le operazioni di carico e scarico circa il 35%,

- durante il bunkeraggio circa il 7%,

- per collisioni circa il 2%,

- per arenamento circa il 3%

- per falle nello scafo circa il 7%,

- in seguito a incendi o esplosioni (come nel caso della Haven) per il 2%,

- per altre cause non meglio determinate il 29%,

- per altre operazioni di routine il 15%.



Nel 1999 sono stati compiuti oltre 100 interventi per oil spill superiori alle 500 tonnellate, un record per gli ultimi anni. Di questi, una consistente parte è avvenuta in Mediterraneo. La media annuale di spill superiori a 500 tonnellate si aggira per il nostro bacino sulle 21.000 tonnellate annue.

Negli ultimi 20 anni, oltre 600.000 tonnellate di idrocarburi sono state sversate in mare in seguito a tre soli incidenti, per un totale del 75% della quantità totale (Cavo Cambanos nel 1981, Sea Spirit ed Hesperus nel 1990, Haven nel 1991). Dati REMPEC.

Per quanto rilevanti tuttavia, gli sversamenti accidentali dovuti ad idrocarburi, rappresentano solo una piccola quota del totale degli scarichi dovuti al traffico marittimo. La maggior parte di essi, dall’80 al 95% a seconda dei criteri di stima, è infatti determinata da operazioni di routine, in particolare dallo zavorramento e dal lavaggio delle cisterne, con uno spill medio a livello mondiale, valutabile da 8 a 20 milioni di barili, con 1 milione di barili nel solo Mediterraneo.

Cosa sarebbe successo se un incidente come la Prestige fosse accaduto nel Mediterraneo? L’inquinamento, già catastrofico sulle coste atlantiche, sarebbe risultato decisamente drammmatico nel nostro mare. A parte le conseguenze prettamente ambientali di un incidente del genere, non è da escludere che difficoltà di gestione dell’incidente simili a quelli sorti in

Spagna, potessero ripresentarsi anche in Italia e altri paesi del Mediterraneo.

Spesso infatti, la responsabilità per la gestione delle varie attività relative al mare e alle coste, le aree più soggette alle conseguenze negative degli sversamenti, è suddivisa tra numerosi amministrazioni, sia locali che centrali, e spesso le attribuzioni non sono chiaramente ripartite.

Il numero di agenzie governative che si occupano di gestione delle aree marine e costiere italiane include una mezza dozzina di ministeri, che delegano parte delle loro responsabilità ad una serie di agenzie ed uffici locali.

Inoltre, varie agenzie e dipartimenti con compiti affini operano sotto diverse amministrazioni centrali. In teoria dovrebbero collaborare tra di loro, ma in realtà si assiste più spesso ad una sovrapposizione di competenze.

L’esempio più lampante è la gestione della sicurezza in mare. Nei mari italiani operano cinque differenti forze di polizia: la Marina Militare (sotto il Ministero della Difesa), la Guardia Costiera (Ministero delle Infrastrutture), la Guardia di Finanza (Ministero dell’Economia), la Polizia (Ministero dell’Interno) e i Carabinieri (Ministero della Difesa). Di queste, la Marina si occupa di vigilanza al di fuori del mare territoriale, mentre gli altri hanno compiti complementari nelle acque italiane. A queste cinque forze di polizia vanno poi aggiunte, con compiti più settoriali, i vigili del fuoco, la guardia carceraria e la guardia forestale. Ovviamente, tradizionali rivalità di corpo e difficoltà di districarsi nella selva di normative nel campo della sicurezza in mare, limitano in maniera significativa la collaborazione fra questi corpi.

L’incidente della petroliera Prestige ha dimostrato ancora una volta l’importanza di una risposta pronta ed efficace in caso d’emergenza. Ma ciò è possibile solo se si dispone di piani d’intervento precisi, dettagliati e aggiornati. In Italia le responsabilità amministrative tra intervento a mare e intervento sulla costa sono distinte; l’intervento a mare spetta alla Direzione Difesa Mare del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, mentre l’intervento lungo la fascia costiera spetta invece alla Protezione Civile. I piani di emergenza utilizzati da entrambi in caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento delle acque del mare causato da immissioni, anche accidentali, di idrocarburi o di altre sostanze nocive, non sono in linea con la Convenzione sulla preparazione, la risposta e la cooperazione in materia di inquinamenti da idrocarburi (OPPRC’90) in quanto gli ultimi aggiornamenti risalgono al 1988. Tale Convenzione è stata ratificata con legge n. 464 del 15 dicembre 1998 e ad oggi (2003) ancora non sono pronti i cosiddetti Contingency Plans, nazionale e regionale, basati su studi di vulnerabilità delle coste, l’individuazione delle aree più sensibili e delle possibili zone di stoccaggio del materiale recuperato a seguito di uno sversamento. Inoltre, un altro punto fondamentale è la formazione in materia di preparazione e di lotta contro l’inquinamento da idrocarburi e l’acquisizione, lo stoccaggio e la disponibilità di materiale per contrastare un inquinamento da idrocarburi.

Densità del catrame pelagico negli oceani mondiali

media Catrame trovato in Mare

Mare


Catrame trovato in media (mg./mc)

MEDITERRANEO


38

MAR DEI SARGASSI


10

SISTEMA GIAPPONESE


3,8

CORRENTE DEL GOLFO


2,8

ATLANTICO NORD OCCIDENTALE


1

GOLFO DEL MESSICO


0,8

CARAIBI


0,6

PACIFICO NORD ORIENTALE


0,4

PACIFICO SUD OCCIDENTALE


<0,01

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