Piano Rifiuti Alternativo Lazio
CONTRO-PIANO RIFIUTI
DELLA REGIONE LAZIO
LINEE GUIDA PER UN NUOVO PIANO DEI RIFIUTI NEL LAZIO,
ALTERNATIVO E SOSTENIBILE
18/05/2009
Il documento è stato redatto dal:
Comitato Tecnico-Scientifico della Campagna “Non bruciamoci il futuro”:
Dott. Fabio Musmeci, Ricercatore Ambientale – Dott.sa Carla Poli, Centro Riciclo Vedelago
(Tv) – Ing. Piergiorgio Rosso, Esperto Impianti Industriali – P.I. Massimo Piras, Portavoce
della Campagna
con la collaborazione di:
Dott. Enzo Favoino, Scuola Agraria del Parco di Monza (Mi) – Dott.ssa Patrizia Gentilini,
I.S.D.E. Italia
Introduzione
Il movimento che in questi anni si è costituito ed ha preso forma di reale antagonismo popolare
alla deriva della politica, in materia di tutela dell’ambiente e della salute ma in genere rispetto
alla tutela dei beni comuni, è arrivato oggi ad un punto di snodo essenziale: costruire una seria
agenda ed un progetto di lavoro multidisciplinare o soccombere all’incalzare dello strapotere
delle lobby che a vario titolo intendono spolpare anche le ultime risorse rimaste.
Si intendono infatti sfruttare tecnologie che, sebbene siano gravemente lesive per la
conservazione della salubrità delle popolazione e dell’ambiente naturale, sono in grado di
soddisfare il bisogno di produrre reddito speculativo ad una ristretta cerchia di imprenditori che
vuole imporre un modello di sviluppo ormai insostenibile, soprattutto in presenza di un crollo
del sistema industriale di riferimento che in un centinaio di anni ha bruciato risorse accumulate
in molti secoli dal nostro pianeta.
Ci riferiamo sia all’uso di combustibili fossili non rinnovabili, di cui abbiamo da poco superato il
picco delle risorse disponibili sia in forma diretta come carburanti per usi industriali e domestici
che allo sproporzionato modello di società consumistica.
Una società che produce beni di consumo ad un ritmo insostenibile, sia allo smodato consumo
di materiali vergini, che all’altrettanto incontrollato accumulo di materiali post-consumo
chiamati rifiuti.
Riteniamo infatti che il termine “rifiuto” sia oggi oltre che inopportuno anche improprio, dal
momento che si dimostra che una avveduta azione di gestione programmata rispetto alla
raccolta, al recupero ed al riciclaggio di materiali post-consumo, annulli definitivamente il
senso dispregiativo di questo termine, rimettendo in un nuovo circolo produttivo materiali che
consentono un risparmio da otto a dodici volte il costo di produzione degli stessi partendo dalle
materie prime naturali e consentendo la conservazione dell’energia originaria spesa per
realizzarli.
Questo ultimo concetto ci offre l’opportunità di capire come sono intimamente legati i temi della
gestione del ciclo produttivo e del ciclo post-consumo con il tema della produzione e del
fabbisogno energetico nazionale. Non è pensabile infatti ritenere ancora sostenibile
l’estrazione, il trasporto e la raffinazione del petrolio come base per la produzione industriale
delle plastiche per gli usi più svariati se poi questi stessi materiali vengono bruciati con il
recupero di appena il 20% del contenuto energetico, tenendo conto che il rapporto in peso di
petrolio per produrre plastica è di due a uno !!
Il modello attuale di consumo è quindi destinato a fermarsi sia in rapporto a limiti fisici
oggettivi, quali l’esaurimento delle risorse naturali ed il costo sempre più elevato dei
combustibili fossili in particolare, sia in rapporto alla crisi globale in atto ed ai conseguenti limiti
sociali e finanziari di reddito che hanno ridimensionato drasticamente le reali capacità di un
livello di consumo sfrenato.
Occorrerà pertanto ricostruire dalle macerie di una società consumistica in declino, un progetto
di autentica sostenibilità basato sul concetto di una produzione energetica da fonti veramente
rinnovabili, come il solare, l'eolico, il geotermico, la microcogenerazione ed il fotovoltaico nelle
forme più performanti, che si rapporti con un modello di consumo basato sulla filiera corta, sul
miglioramento del ciclo naturale delle acque, sulla biodiversità, sulla qualità agro-biologica
degli alimenti, sul ciclo lavorativo locale.
La Strategia Rifiuti Zero
La filosofia di riferimento che la Campagna ha adottato sin dalla sua costituzione è quella
proposta dal prof. Paul Connett denominato come Strategia Rifiuti Zero, intendendo questo
obiettivo come fondante di qualsiasi iniziativa che sarà supportata dalle organizzazioni
aderenti, che propone la nuova frontiera nel ciclo di vita dei materiali basata sul concetto che
una società sostenibile è una società che non produce rifiuti, cioè non accumula residui di
materiali non riutilizzabili o riciclabili.
La produzione stessa di questi residui indica infatti una grave responsabilità in fase sia di
progettazione che di costruzione industriale oltre che di stili di vita consumistici oggi ancor più
ingiustificabili nello stato di crisi dell’economia mondiale. Pertanto adottare la Strategia Rifiuti
Zero significa perseguire il raggiungimento del miglior equilibrio possibile nella circolarità del
ciclo di vita dei materiali, anche attraverso il contrasto di qualsiasi attività di distruzione degli
stessi e l’eliminazione del ricorso sia alle discariche che all’incenerimento come sistema di
smaltimento.
Tale equilibrio si sostanzia nell’obiettivo generale della riduzione generale del residuo
quantitativo prodotto e nella riduzione specifica della pericolosità o tossicità di quanto viene
prodotto, e si realizza con azioni concrete e spesso “antiche” o quantomeno scioccamente
abbandonate come la pratica del riutilizzo o riuso di prodotti anche attraverso la riparazione ed
il recupero dell’oggetto stesso ad un nuovo ciclo vitale.
Ma lo stesso obiettivo della riduzione generale del residuo post-consumo si consegue solo se
si riesce a costruire un “cerchio degli attori” virtuoso che mette in continuo rapporto la
responsabilità dei produttori/imprenditori con quella degli amministratori/legislatori e con quella
delle comunità locali di popolazione/consumatori. In questo cerchio virtuale dovranno
interagire capacità progettuali, capacità manageriali e nuovi stili di vita per una continua
ricerca, sul piano della tecnologia applicata ai materiali, di nuovi modi di produrre e nuovi modi
di consumare finalizzati entrambi al continuo riciclaggio dei beni e dei materiali.
La prevenzione ai fini della riduzione dei rifiuti
E’ il primo e più importante punto della gerarchia d’intervento sia Comunitaria che nazionale, in
quanto non esiste altra azione più efficace della diminuzione e del riorientamento dei consumi
verso nuovi prodotti riciclabili e comportabili, per invertire un paradigma sociale basato
sull’aumento continuo della produzione di beni, sul relativo continuo aumento del consumo di
energia per produrli ed in ultimo sul continuo aumento di quanto resta del post-consumo.
Ma si può constatare facilmente che è un punto completamente ignorato dalle Amministrazioni
locali che legiferano, coordinano e gestiscono il ciclo dei rifiuti: il Lazio in questo primato non è
certamente solo, anzi conferma la linea di tendenza della folle corsa verso il baratro
dell’esaurimento delle risorse naturali e del continuo incremento di inquinamento atmosferico
causa del cambiamento climatico mondiale.
Si propongono pertanto in questo Piano alternativo dei rifiuti le azioni più significative in tema
di riduzione, sulla base di esperienze già consolidate in altre Regioni in linea con la legge, che
permettono di ottenere in breve tempo una riduzione di almeno 100 Kg / anno / abitante.
Tenendo conto che la nostra Regione, in termini di produzione totale pro capite, si attesta nella
fascia alta della classifica con ben 680 Kg /anno, la riduzione in esame rappresenta già un
obiettivo del 15% a patto che queste azioni siano precedute da campagne a tappeto di
informazione e sensibilizzazione, ed ulteriormente migliorabile sino al 20-25% con
l’introduzione in corso di “negozi leggeri” in cui vengono venduti cibi, liquidi e detersivi “alla
spina”.
Frazione organica: Promozione del compostaggio domestico - 30 Kg/ anno
Recupero di derrate e riduzione sprechi - 8 Kg/ anno
Articoli sanitari intimi: Promuovere pannolini / assorbenti riciclabili - 2 Kg/ anno
(consumo/costo per circa 330 Kg / bambino)
Carta: Scoraggiare invio volantini/giornali indesiderati - 5 Kg/ anno
Incoraggiare la dematerializzazione (scuola-uffici) - 10 Kg/ anno
Imballaggi: Promuovere prodotti con imballaggio a rendere - 12 Kg/ anno
(cartone / plastica) Promuovere consumo acqua del rubinetto - 2 Kg/ anno
Sostituzione shoppers in PE con borse multiuso - 1 Kg/ anno
Eliminazione degli imballaggi multipli - 10 Kg/ anno
Altri materiali: Promuovere riutilizzo abiti usati - 4 Kg/ anno
Promuovere riutilizzo giocattoli, mobili, ecc. - 10 Kg/ anno
Misure contro gli acquisti eccessivi - 3 Kg/ anno
Totale - 97 Kg/ anno
____________________________________________________________________________
*Fonte IWG Internal Working Group 2006 – ACR+ (www.acrplus/-kg)
Il quadro di riferimento normativo
In materia di trattamento di rifiuti si registra oggi una situazione di palese illegittimità nella
Regione Lazio, in merito ai principi enunciati dalla Comunità Europea con la recente Direttiva
98/2008, che all’art. 4 ribadisce una gerarchia d’intervento nel ciclo dei rifiuti con ordine
prioritario riassumibile nel seguente elenco di azioni:
a) Prevenzione: intesa come operazioni di riduzione della quantità e della pericolosità in
rapporto alla salute umana ed alla tutela dell’ambiente, riprogettazione di prodotti
riciclabili e promozione di nuovi modelli di consumo;
b) Riutilizzo: inteso come operazioni per la riparazione ed il riuso di prodotti o componenti
per le finalità originarie per cui sono stati prodotti;
c) Riciclaggio: inteso come operazioni per il recupero di materiali per finalità anche diverse
da quelle originarie, include la raccolta differenziata ed il compostaggio per la frazione
umida ma esclude qualsiasi recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali
combustibili o per operazioni di riempimento;
d) Recupero: inteso come operazioni di riutilizzazione di materiali riciclati in sostituzione di
materiali vergini tramite la produzione di materie prime secondari, incluso
l’incenerimento ma con una soglia di recupero energico minimo
e) Smaltimento: inteso come operazioni diverse dal recupero, come la discarica e
l’incenerimento anche senza recupero energetico.
Principi in parte previsti e contenuti già nello stesso Testo Unico Ambientale (D. Lgs 3 aprile
2006 n. 152) agli art. 179-180-181-182, che inoltre precisa nell’art. 181 a proposito del
recupero che:
“Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le pubbliche amministrazioni favoriscono la riduzione
dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:
a) il riutilizzo, il reimpiego ed il riciclaggio;
b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima secondaria dai rifiuti;
c) l'adozione di misure economiche e la previsione di condizioni di appalto che
prescrivano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato di tali
materiali;
d) l'utilizzazione dei rifiuti come mezzo per produrre energia.
Al fine di favorire e incrementare le attività di riutilizzo, di reimpiego e di riciclaggio e l'adozione
delle altre forme di recupero dei rifiuti, le pubbliche amministrazioni ed i produttori promuovono
analisi dei cicli di vita dei prodotti, ecobilanci, campagne di informazione e tutte le altre
iniziative utili.”
Mentre il successivo art. 182 a proposito dello smaltimento precisa che:
“Lo smaltimento dei rifiuti e' effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale
della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità
tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la
predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta
l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente
comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal
fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purche' vi si possa accedere
a condizioni ragionevoli.
2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa
che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero.
3. Lo smaltimento dei rifiuti e' attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di
impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto
tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti
territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai
luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo
conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati
tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione
dell'ambiente e della salute pubblica.”
Appare evidente dalla lettura di entrambi i testi, di cui il secondo è comunque legge nazionale
di riferimento per tutti, la posizione di palese illegittimità della Regione Lazio per non aver
previsto nel Piano Commissariale il rispetto dalla gerarchia d’intervento, in particolare nell’aver
totalmente ignorato la previsione, il finanziamento ed il necessario dimensionamento
dell’impiantistica relativa al:
· Riciclaggio in funzione dell’avvio della raccolta differenziata domiciliare, delle isole
ecologiche, di impianti di compostaggio aerobico per la frazione umida, di piattaforme
quali i Centri di Selezione e Riciclo per la frazione secca,
· Recupero in funzione di piattaforme quali i Centri di Riciclo per la produzione di materia
prima secondaria dal residuo secco indifferenziato, i digestori anaerobici per il recupero
energetico della frazione umida e dei fanghi di depurazione fognari.
Questo a fronte di una invece attuale esuberante previsione, finanziamento e
dimensionamento dell’impiantistica relativa alla fase di smaltimento sotto forma del ricorso alle
discariche e della filiera degli impianti di preselezione / produzione di C.D.R.. e degli annessi
inceneritori, potenziati per smaltire un quantitativo di C.D.R. incompatibile con gli obiettivi di
legge in materia di raccolta differenziata.
Si sottolinea pertanto che l’ulteriore aspetto di illegittimità si sostanzia rispetto ai previsti
obiettivi in materia di raccolta differenziata rispetto al contenuto dell’art. 205 del Testo Unico
Ambientale già richiamato che fissa gli obiettivi minimi da conseguire rispettivamente:
ANNO TESTO UNICO AMBIENTE ANNO PIANO COMMISSARIALE
2006 35% 2008 20%
2008 45% 2010 40%
2012 65% 2011 50%
prevedendo in caso di mancato conseguimento l’applicazione di una addizionale del 20% al
tributo di conferimento in discarica a carico dei Comuni inadempienti, che a loro volta
scaricheranno tale importo sulla tassa/tariffa dei contribuenti finali.
Il contesto del Lazio, impiantistica esistente e di progetto
La Campagna pubblica nasce infatti per sopperire ad una conclamata mancanza di corretta
informazione sulle reali alternative tecnologiche / industriali e sul nuovo modello di ciclo rifiuti
sostenibile, ma anche per informare sulle tematiche ambientali e sanitarie derivanti dalle attuali
scelte in rapporto alla tutela ambientale del territorio e della salute pubblica delle comunità
residenti, prendendo spunto dalla vicenda esemplare di Malagrotta.
In questo sito la malagestione trentennale della megadiscarica dei rifiuti di Roma –Fiumicino –
Ciampino ha accumulato in una superficie di circa 240 ettari (pari ad un quartiere di Roma)
oltre cinquanta milioni di metri cubi di rifiuti indifferenziati creando una condizione di smisurato
accumulo che non ha eguali in Europa, di pesantissimo inquinamento olfattivo oltre che di
contaminazione della falda idrica e delle acque superficiali, in particolare dei canali di
drenaggio che confluiscono nel Rio Galeria e quindi nel fiume Tevere.
Su questo disastro ambientale, di fatto consentito dalle istituzioni locali ed in primis dalla
Regione Lazio ed in particolare dall’Agenzia Regionale Protezione Ambientale (A.R.P.A.)
quale ente preposto ai controlli ed alle prescrizioni in materia autorizzativa della gestione delle
società che fanno capo all’avv. Manlio Cerroni, si è saldato l’ultimo anello della catena con la
realizzazione sullo stesso sito di un grande impianto di incenerimento/gassificazione del
cosiddetto Combustibile Da Rifiuti (C.D.R.) costituito da carta e soprattutto dalla plastica.
Quest'ultimo componente in particolare dà origine in fase di combustione a composti chimici
tossici che finiscono sia nelle ceneri/scorie di lavorazione che nei fumi dispersi in atmosfera
insieme alle particelle non filtrabili aventi dimensioni nanometriche (PM 0,1) pari ad un
decimillesimo di millimetro.
Questo ha di fatto rappresentato la presa di coscienza della nuova scala territoriale
riguardante sia l’intera città di Roma che i Comuni della Provincia circostante in rapporto alla
contaminazione atmosferica, trasportata dalla correnti atmosferiche prevalenti per centinaia di
chilometri, di fumi e di materiale particolato (PM 2,5 –PM 0,1) contenente composti chimici
tossici e cancerogeni come diossine – furani – metalli pesanti. Si registra infatti tuttora una
sostanziale ignoranza sul ciclo industriale degli inceneritori, sui prodotti della combustione
stessa (ceneri e granulati tossici, fumi e nanoparticelle tossiche) e soprattutto sugli effetti per la
salute pubblica di questi ultimi nel raggio di contaminazione previsto dovuti sia all’inalazione
diretta che alla deposizione al suolo ed al conseguente inserimento nella catena alimentare.
Infatti il sito di Malagrotta comprende la tuttora illegittima ma operante discarica di “talquale”
insieme a due previsti impianti di preselezione con linee di produzione C.D.R.:
1) Malagrotta 1 con una capacità di 200.000 ton/anno già realizzato;
2) Malagrotta 2 con una capacità di 320.000 ton/anno da realizzare;
A fronte di un impianto di incenerimento/gassificazione con capacità di “sole” 180.000
ton/anno, tuttora sotto inchiesta della magistratura per gravi irregolarità gestionali e di
autorizzazioni. Bisogna inoltre tenere presente che oltre al sito di Malagrotta la città di Roma
può contare oggi sui due impianti di preselezione di proprietà AMA S.p.a.:
3) Rocca Cencia con capacità di 220.000 ton/anno
4) Salaria con capacità di 220.000 ton/anno,
che portano la capacità di preselezione/ produzione di CDR. a Roma ad un totale di
960.000 ton/anno!!!
Il restante territorio laziale è inoltre caratterizzato dalla presenza di altri tre impianti di
preselezione per produzione di C.D.R., all'interno di discariche a loro volta in esaurimento:
5) Colfelice (FR) con una capacità di 220.000 ton/anno a servizio dell’inceneritore di S.
Vittore (gestione ACEA) attualmente con una capacità di 90.000 ton/anno e previsione
di una seconda linea da ulteriori 100.000 ton/anno;
6) Roncigliano (Cecchina di Albano Laziale - RM) con una capacità di 180.000 ton/anno
a servizio del previsto inceneritore/gassificatore di Albano (gestione CO.E.MA. /
Cerroni-AMA-ACEA) con una capacità prevista di 275.000 ton/anno (su tre linee);
7) Casale Bussi (VT) con una capacità di 180.000 ton/anno;
E di altri quattro impianti di preselezione per produzione C.D.R. di futura realizzazione anche in
questo caso all'interno di discariche in via di esaurimento:
8) Colleferro (RM) con una capacità di 100.000 ton/anno, a futuro servizio dei due
inceneritori di Colleferro, quello di MobilService S.r.l. – gestione Consorzio GAIA e
quello di EP Sistemi S.p.a. – gestione 50% GAIA-AMA S.p.a., entrambi con capacità di
90.000 ton/anno cadauno;
9) Bracciano (RM) con una capacità di 100.000 ton/anno,
10) Guidonia (RM) con una capacità di 140.000 ton/anno
11) Latina (LT) con una capacità di 135.000 ton/anno;
Il totale della capacità di preselezione/produzione di C.D.R. Sarebbe a regime, di circa 2
milioni di ton/anno, a fronte di un totale di impianti di incenerimento a regime di 825.000
ton/anno oltre alle altre 376.000 ton/anno di “eccedenza” da inviare in co-combustione
(Centrali elettriche ENEL di Civitavecchia) !!!
Il Piano Commissariale, criticità ed omissioni
Partiamo quindi dalla constatazione che il Piano Commissariale Rifiuti della Regione Lazio,
che è stato oltretutto oggetto di un approssimativo lavoro di rimaneggiamento nella versione
approvata in aula, non ha saputo e voluto affrontare il nodo cruciale del ciclo dei rifiuti,
costituito dalla visione strategica di abolire sostanzialmente la discarica come terminale di
accumulo di un processo sociale ed industriale antiquato ed errato, in quanto ancora oggi
consente lo spreco di materie prime preziose.
L’approccio al problema infatti è di natura essenzialmente impiantistica con l’uso
preponderante della tecnologia dell’incenerimento, visto come la soluzione salvifica, pur in
presenza di enormi ed irrisolti problemi tecnologici e corrispondenti responsabilità in materia di
salute pubblica, in merito da un lato alla dispersione in atmosfera di polveri ultrafini
nanometriche con effetti patologici molto gravi e dall’altro di ceneri tossiche da conferire poi
infatti in discariche speciali.
In assenza di una strategia complessiva, di un quadro normativo e di massicce risorse
finanziarie dedicate alla riduzione dei rifiuti e soprattutto all’avvio/estensione generalizzata
della raccolta differenziata domiciliare e del conseguente riutilizzo e riciclaggio di prodotti e
materiali, la Regione Lazio ha oggi semplicemente rinunciato al suo compito di natura
istituzionale di promuovere un modello efficiente di raccolta che assicuri il superamento degli
obiettivi di legge previsti ad oggi in almeno il 45% ed entro il 2012 di almeno il 65%,
attestandosi ad un attuale e misero 18% e dichiarando ufficialmente di voler raggiungere il
50% entro il 2011.
Così come ha saltato a piè pari le fasi del riciclaggio e del recupero con produzione di materia
prima secondaria che sono legittimamente precedenti e prioritarie allo smaltimento, oltre ad
essere fasi essenziali di un ciclo di gestione razionale, efficiente ed economico ed a non
produrre impatto ambientale per la comunità e per il territorio.
Il Piano Commissariale Rifiuti della Regione Lazio è infatti volto al soldo dimensionamento
degli impianti di trattamento/separazione per produzione C.D.R., al dimensionamento delle
volumentrie da autorizzare nelle discariche, al dimensionamento degli impianti di
incenerimento.
Purtroppo si rileva che nulla è detto. A parte gli stanziamenti economici pur importanti, del
come si possa raggiungere il pur scarsissimo obiettivo del 50% di raccolta differenziata e
quindi delle necessità di:
· Pianificazione della riduzione a monte e sulle politiche di promozione del riuso.
· Infrastrutture per il recupero ed il riciclaggio quali: isole ecologiche, impianti di
compostaggio per la frazione umida e piattaforme multimateriali per il riciclo delle frazioni
secche.
· Accordi CONAI e Consorzi di filiera.
· Campagne di sensibilizzazione.
· Iniziative di normativa regionale.
· Politiche di “acquisti verdi”.
· Tariffe puntuali (chi inquina/produce rifiuti paga).
Inoltre viene proposta una visione di scenari futuri con continui aumenti della produzione e
conseguente necessità impiantistica: questa tesi è da sfatare in una Regione dove i primi
sintomi di una stagnazione economica cominciano a manifestarsi anche nel settore rifiuti.
In particolare la produzione di Rifiuti Solidi Urbani (RSU) nella Provincia di Roma mostra un
andamento di forte crescita fino al 2000 e poi, dopo un periodo di stabilizzazione, sembra oggi
destinata alla riduzione.
La crescita, in vista del Giubileo del 2000, portò al commissariamento (1999), forma di
gestione monocratica appena conclusa con la presentazione del presente pessimo Piano
Commissariale rifiuti.
La produzione di rifiuti nel Lazio è guidata dalla Provincia di Roma e mostra un andamento
non sempre crescente come dimostrato dal grafico seguente:
Produzione RSU nel Lazio
0
500000
1000000
1500000
2000000
2500000
3000000
3500000
4000000
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Anni
t/anno
RI
LT
FR
VT
Roma
Produzione RSU nel Lazio (dati vari rapporti APAT)
Il fenomeno della attuale diminuizione degli RSU avviene anche in assenza di politiche volte
direttamente alla promozione della riduzione dei rifiuti. Esso è probabilmente dovuto a cause
strutturali: la difficoltà di crescita del PIL, l'aumento dei costi energetici e finanziari, che portano
ad una riduzione delle spese delle famiglie per beni (quali quelli “non durevoli”) ad alta
potenzialità di generazione rifiuti. La diminuizione di RSU fra il 2006 ed il 2007 è di circa il
3,3%.
Contemporaneamente, a fronte di un aumento della popolazione da 3.831.959 (2006) a
4.013.057 (2007) abitanti, la produzione procapite diminuisce del 7,67%, cioè la diminuizione
di RSU procapite è ancora più marcata.
La provincia di Roma, nel suo “Piano d’indirizzo”, prevede una riduzione progressiva della
produzione rifiuti che, tenendo conto della dinamica della popolazione, comporta per il 2012,
2.669.622 t/anno di rifiuti contro i 2.753.279 t/anno previsti dal piano. Il risultato proviene da
una stima di una riduzione di solo lo 0,2% annuo e porterebbe ad una produzione procapite di
677 kg/abitanti/anno nel 2012 e 657 kg/abitanti/anno nel 2015 con ulteriori significative
riduzioni che portano a valutare eccessiva la capacità impiantistica proposta nel documento.
Va osservato che la Regione Lazio assumerebbe obiettivi più ambiziosi di riduzione dell’1%
annuo.
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 1800000
2000000
2200000
2400000
2600000
2800000
RSU Provincia di Roma
Anni
T/anno
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 400
450
500
550
600
650
700
RSU Procapite Provincia di roma
Anni
Kg/abitante/anno
Si noti che impianti che entreranno in funzione nel 2010 dovrebbero avere quantomeno 10
anni di vita commerciale. Le dinamiche di popolazione prevedono un picco (5.453.136
abitanti), nella regione Lazio, intorno al 2015 e una successiva riduzione.
Quindi i due fenomeni, dinamica popolazione e diminuzione della produzione procapite,
porterebbero ad ulteriori riduzioni.
Purtroppo nulla è detto nell’integrazione al Piano (come nel Piano stesso) su uno scenario
oltre il 2012. Lo stesso documento, a pagina 12, presenta una tabella dove la capacità di
incenerimento, al 2012, supera la produzione di CDR di 20.000 t/anno.
Un eccessivo dimensionamento impiantistico dell’incenerimento che diverrà evidente superato
il 2015.
“La ulteriore capacità di termovalorizzazione a regime rappresenta un ulteriore elemento di
salvaguardia del sistema...” (pag. 13): In realtà questa eccessiva capacità comporterà la
competizione, sempre più evidente, con la raccolta differenziata.
Questa competizione potrebbe essere mitigata dalla separazione tra ditte che effettuano la
raccolta (e recupero materia) e ditte che si occupano dello smaltimento (anche con recupero
energetico). Esempi del genere sono contenuti nelle leggi regionali più avanzate (esempio di
Piemonte e Lombardia) dove si vieta la possibilità, per una stessa ditta, di fornire
contemporaneamente il servizio di raccolta e quello dello smaltimento.
Infine nel documento viene sottovalutato il problema della gestione della FOS (Frazione
Organica Stabilizzata) prodotta dagli impianti di separazione. Questa frazione, detta anche
“compost grigio”, non è destinabile, secondo la normativa vigente, altro che alla discarica. Le
altre ipotesi (esempio ripristino ambientale di cave dismesse) sono ancora prive di qualsiasi
fondamento realizzativo.
2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 5410000
5415000
5420000
5425000
5430000
5435000
5440000
5445000
5450000
5455000
5460000
Dinamica Popolazione del Lazio (ISTAT)
Anni
Abitanti
Per questo appare qui evidente proporre le seguenti iniziative di piano che si basano sul
“Documento di Indirizzo per la riduzione della produzione dei rifiuti urbani e l’implementazione
delle raccolte differenziate nel territorio della Provincia di Roma” (2008). Questo documento
assume la seguente distribuzione merceologica dei rifiuti, che assumiamo per tutta la regione:
Frazioni
merceologiche
Zona
pedemontana
Zona di pianua e
collina Zona turistica
Comuni di
medie/ grandi
dimensioni Roma
Umido 15.674 67.552 74.348 79.330 510.776
Verde 2.032 11.814 16.779 8.648 54.927
Carta 6.879 34.512 42.534 42.827 335.971
Cartone 2.439 12.682 8.595 16.870 203.324
Alluminio 462 2.430 2.370 2.623 15.283
Metalli ferrosi 1.579 7.712 8.258 8.966 30.733
Vetro 3.512 16.144 16.432 18.978 96.680
Plastica imballaggi 4.266 23.428 26.777 27.407 80.638
Altra plastica 1.462 5.661 5.014 5.799 134.833
Legno 1.808 8.900 12.463 9.343 34.680
Tessili e cuoio 3.834 16.506 20.012 20.968 86.106
Pannolini 1.433 7.381 7.830 7.654 27.078
Inerti 1.262 7.635 7.862 7.908 34.034
R.U.P. 856 2.898 2.423 2.448 52.786
Ingombranti e RAEE 3.912 7.122 6.912 8.298 52.985
Spazzamento 22 1.852 1.550 2.144 78.343
Totale 51.433 234.229 260.159 270.210 1.829.178
Flussi di produzione di RU al lordo delle RD nelle varie aree di raccolta nel 2006.
Per la riduzione, come è noto, sono possibili varie azioni. Queste, per esempio, sono raccolte
nel Rapporto 1 a cui si può fare riferimento per la quantità di riduzione possibile.
Azione Capacità max
Kg / anno/ abitante
Etichette No pubblicità - Posta indesiderata 15.4
Promozione servizi di riparazione 8.6
Promozione riuso beni 0.7
Promozione servizi affitto beni 0.2
Servizio pannolini riusabili 1.8
Campagne di sensibilizzazione 32.5
Compostaggio domestico 23.5
Stampa doppia faccia 1.0
Asciugamani riusabili 0.2
Totale 83.9
Per quanto riguarda gli obiettivi di RD assumiamo qui quelli della provincia di Roma (circa il
60%) presentati nella seguente tabella:
1
Frazione
Merceologica
Zona
pedemontana
%su fraz.
kg/ab.a
Zona di
pianura e
collinare
%su fraz.
kg/ab.a
Zona
turistica
%su fraz.
kg/ab.a
Comuni di
medie/grandi
dimensioni
%su fraz.
kg/ab.a
Roma
%su fraz.
kg/ab.a
Totale
Provincia
%su fraz.
kg/ab.a
Umido 50% 69 60% 88 70% 143 70% 111 65% 129 65,3% 123
Verde 60% 11 65% 16 70% 32 75% 13 70% 15 69,7% 16
Carta 60% 46 70% 64 75% 95 75% 70 75% 100 74,4% 91
Cartone 65% 17 75% 24 80% 20 80% 29 80% 63 79,6% 50
Alluminio 35% 2 50% 3 60% 4 60% 3 60% 4 58,4% 4
Metalli ferrosi 35% 6 55% 11 60% 15 65% 13 60% 7 59,4% 9
Vetro 70% 27 75% 31 80% 38 80% 32 80% 30 79,2% 31
Plastica imball. 55% 25 65% 38 70% 51 75% 42 70% 21 69,7% 28
Legno 35% 0 55% 0 65% 0 70% 0 65% 0 63,5% 11
Tessili e cuoio 45% 7 55% 13 60% 24 65% 14 60% 9 59,8% 24
R.U.P. 40% 20 50% 25 50% 37 50% 31 50% 21 49,9% 8
Ingom. RAEE 40% 0 50% 0 60% 0 65% 0 60% 0 58,6% 13
Totale 47,3% 251 56,6% 328 63,6% 474 65,3% 372 58,7% 422 59,4% 407
Quantificazione degli obiettivi di RD nelle varie aree di raccolta al 2015 (in Kg/ab*anno)
Si noti che con il picco di circa 5.5 milioni di abitanti, previsti dall’Istat al 2015, si avrebbe una
situazione per l’organico umido da RD come da tabella seguente:
tabella mancante
Anche considerando il picco di abitanti e quindi di produzione rifiuti al 2015, si avrebbe la
seguente tabella di rifiuti da smaltire:
tabella mancante
Sarebbero necessari, nel Lazio, 29 piccoli impianti di compostaggio, da 20.000 t/annue
ciascuno, per trattare l’organico raccolto in modo differenziato. Le altre frazioni merceologiche
sono trattate dal CONAI che ha sempre ribadito, in tutte le sedi, le capacità impiantistiche per il
trattamento delle frazioni merceologiche.
Quindi al 2015 è possibile avere, circa 1.1 milioni di tonnellate annue di rifiuti residui da
smaltire (per esempio in impianti TMB): se gli impianti fossero da 100.000 /t/annue vi sarebbe
bisogno di circa 11 impianti.
Essendo, secondo quanto contenuto nel Piano Commissariale la quantità trattabile dagli attuali
7 impianti TMB del Lazio (alcuni di essi hanno capacità autorizzate superiori alle 200.000
t/anno) pari a 1,76 milioni/ton/anno (+ ulteriori 3 impianti previsti per altre 333 ton/anno) si
rileva che non sarebbe necessaria la realizzazione di nessun nuovo impianto.
Si rileva inoltre che a fronte di una attuale copertura in termini di capacità totale di TMB non
appare invece rispettata l’esigenza di superare l’attuale e grave situazione di posizione
monopolistica da parte delle società che fanno capo all’avv. Cerroni.
Situazione di monopolio che vede sotto accusa l’intero ciclo dei rifiuti del Lazio in quanto la
posizione monopolistica citata si ripercuote su buona parte dei terreni in cui insistono gli
impianti di discarica e di incenerimento sia realizzati che in fase di progettazione.
Diagramma di flusso del Piano Rifiuti Commissariale: Lazio oggi con RD 20%. Questo è
il diagramma di flusso del Piano Rifiuti Commissariale di Marrazzo, che identifica la situazione
nel Lazio con l'attuale R.D. Al 20%:
RU 100%
3.300.000 ton/anno
RUR 80%
2.640.000
Sovvallo 11%
72.600
CDR 35%
924.000
FOS 21%
554.400
Sovvalli 26%
686.400
Perdite 15,5%
409.200
Ferrosi 2,5%
66.000
IL PIANO COMMISSARIALE DI MARRAZZO
SITUAZIONE nel LAZIO – CON ATTUALE R.D. 20%
Malagrotta
180.000
Albano
160.000
320.000
S.Vittore
190.000
TOTALE
710.000
870.000
Colleferro
180.000
INCENERIMENTO 28%
Di cui > DISCARICA 52,2% RECUPERO 19,8% DISCARICA speciale
8,5%
Piattaforme
Monomateriale
Recupero 89% ??
587.400
IMPIANTI DI
SELEZIONE E
RICICLAGGIO
MULTIMATERIALI
NON PREVISTI !!
Raccolta Differenziata
Multimateriale stradale 99%
R.D. 20% 660.000
L’esperienza di Roma
Parlando dell’esperienza di Roma l’errore grave perdurante è la mancata programmazione
dell’attività di selezione, riciclo e recupero industriale del materiale raccolto con la R.D.stradale
“multimateriale” e porta a porta e della successiva attività di recupero dei contributi CONAI e/o
della commercializzazione della frazione secca pregiata degli imballaggi e di quella residua.
A tale scopo la Regione, il Comune e l’AMA avrebbero dovuto:
· Individuare gli impianti industriali adatti al riciclaggio-recupero di questo materiale;
· Optare per una R.D. porta a porta efficiente, ma non al costo oneroso di AMA;
· Indicare, in questo secondo caso, se nel bilancio dell’AMA il ricavo della vendita del
differenziato è portato in attivo nel bilancio e se la vendita avviene a prezzi di mercato,
indicandone chiaramente i valori.
In altre parole si sarebbe dovuto investigare se esiste nel Lazio o nelle regioni limitrofe un
mercato capace di ricevere una tale quantità di materiale, ovvero se la Regione e l’AMA hanno
investigato e programmato un’attività commerciale che a regime avrebbe, solo per la città di
Roma, una portata pari a circa 3.000 ton/giorno, da movimentare e da commercializzare.
Invece né la Regione, né il Comune, né tanto meno l’AMA hanno mai pensato ad organizzarsi
per commercializzare il riciclabile, e al contrario AMA ha:
· commercializzato sottocosto quel poco che si raccoglie a Roma dalla raccolta
differenziata ,
· costruito impianti di selezione del tal quale (Rocca Cencia e Salaria) che alimentano ad
alto costo impianti di gassificazione e/o incenerimento privati, con una produzione di
CDR. spesso fuori normativa (vedi sequestro inceneritori di Colleferro, uno dei quali
proprietà 50% di AMA) per la presenza di composti tossici e di rifiuti speciali smaltiti
illegalmente,
· programmato l’attuale piano operativo dei rifiuti di Roma con l’incremento di ulteriori
impianti di incenerimento di proprietà, tendendo ancora a rafforzare la filiera raccolta –
trasporto – smaltimento, invece di puntare come da normativa nazionale al riciclaggio
ed al recupero,
· fatto recentissimi e cospicui investimenti in cassonetti stradali e macchine compattatrici,
· limitato la “sperimentazione” del porta a porta al simbolico 2%, pur raggiungendo il 65%
di differenziazione in breve tempo dall’avvio !!!
La nostra proposta, che è in linea con quanto avviene nelle principali città del mondo, è che si
proceda in questa filiera “indifferenziata” alla separazione dei soggetti gestori delle fasi di
raccolta dai soggetti che gestiscono quelle di smaltimento, in quanto gli attuali relativamente
bassi costi di discarica ed il perverso meccanismo di finanziamento pubblico (con il CIP6
tramite il GSE) costituiscono di fatto un elemento di concorrenza sleale con la filiera
“differenziata”.
Consideriamo infatti che i costi di realizzazione e di gestione degli impianti, i costi ambientali e
sanitari della filiera “indifferenziata” vengono scaricati sulla tassa/tariffa a carico dei cittadini,
sulla fiscalità generale e sul Servizio sanitario nazionale. Mentre la filiera “differenziata” non
solo non usufruisce di contributi pubblici ma sgrava le stesse amministrazioni comunali dei
costi di conferimento in discarica, provvedendo al recupero in fase di ritiro da parte dei
Consorzi del CONAI del contributo di raccolta e trasporto sopportato dai Comuni.
Pertanto AMA deve mettere in atto meccanismi di gestione nella raccolta differenziata porta a
porta che garantiscano criteri di efficienza, qualità del servizio, trasparenza di gestione,
continua informazione e controllo presso l’utenza e soprattutto quindi puntare sulla
professionalità della struttura e degli operatori ma con il preciso obiettivo di puntare ad una
riduzione della tariffa rifiuti (TA.RI.) proporzionale al riciclo / recupero conseguito in quanto:
· carta, vetro, metalli, plastica, legno etc, sono materiali di cui il cittadino paga già al
momento dell’acquisto il costo della raccolta e del recupero/riciclo: pertanto parte dei
proventi del riciclo / recupero debbono essere restituiti ai cittadini stessi tramite la
riduzione della tariffa rifiuti,
· la raccolta differenziata domiciliare organizzata su base Municipale potrebbe essere
affidata ad AMA ma con un ramo speciale d’azienda dedicato al porta a porta o
temporaneamente affidata tramite bando pubblico a Consorzi di Aziende e/o
cooperative territoriali, con il conseguente forte risparmio nei costi di gestione dell’AMA,
con una stima conservativa di questo risparmio di circa il 40% dei costi di gestione
dichiarati da AMA, e con la conseguente riduzione della tariffa rifiuti a carico dei
cittadini.
In questo caso si realizzerebbero le condizioni di un sistema di vera concorrenzialità operativa
che potrebbe fare emergere un risultato comparabile in termini di bilancio complessivo tra le
due filiere sia in termini economici che di rapporto costi/benefici , intesi come parametri non
solo aziendali ma anche della città in genere per le ricadute in tema ambientale, di igiene
pubblica, di livelli occupazionali, di salute pubblica.
Ulteriore commento nasce dal fatto che spesso soprattutto a Roma, e nelle città meridionali
dove è maggiore l’influsso della malavita organizzata e della pessima amministrazione
pubblica si sente parlare di costo della raccolta differenziata.
Come per tutta la gestione dei rifiuti a Roma si tratta anche in questo caso di :
1) Incapacità gestionale,
2) Incompetenza tecnica,
3) Conflitto di interesse con privati,
Infatti dalla tabella successiva si deduce che se si passasse alla R.D. porta a porta
generalizzata si potrebbe ricavare dalla vendita del differenziato una cifra notevole, pari a circa
60.000.000 di euro/anno.
Materiali da R. D. porta a porta e valori di mercato – Accordo ANCI / CONAI 2009
Tipologia Quantità Valore commerciale Importi parziali da riciclaggio
ton/anno Euro/ton Euro
legno 40.000 12 480.000
carta /cartone 300.000 30 9.000.000
plastica 160.000 276 44.160.000
vetro 70.000 20 1.400.000
metalli 40.000 82 3.280.000
Organico 300.000 0 0
inerti 90.000 0 0
Totale quantità 1.000.000
Totale ricavi 58.320.000
Si dimostra nel diagramma di flusso seguente che il riciclo / recupero del rifiuto urbano
differenziato può essere pari a circa il 60% cioè circa 1.000.000 di ton/anno, di cui circa
350.000 ton/a sono di “frazione verde” che sarà avviata direttamente agli impianti di
compostaggio, rimarrebbero quindi circa 700.000 t/anno di rifiuto urbano differenziato raccolto
con il sistema porta a porta da conferire ai Centri di Riciclo per le operazione di
selezione/stoccaggio/consegna al CONAI, a cui si aggiungerebbero le ulteriori 350.000 t/anno
sottoposte a trattamento da parte dell’AMA in impianti di Trattamento Meccanico Biologico
modificato per il recupero di circa il 40% di sopravvaglio “secco” purificato e di una pari
quantità di sottovaglio “umido” da inviare a digestione anaerobica per il recupero di biogas e
produzione di frazione organica stabilizzata per la bonifica di siti ambientali.
Diagramma di flusso del Piano Rifiuti Alternativo: Roma 2011 con RD 60%. Questo è il
diagramma di flusso del nostro Piano Rifiuti Alternativo, con la proiezione per Roma al 2011,
nell'ipotesi di R.D. al 60%:
R.U. 100%
1.800.000 ton/anno
R.D. 60%
PIATTAFORME
Imballaggi + Urbano
1.080.000 –
356.000 =
724.000
R.U.R. 40%
720.000
T.M.B.
634.000
Secco 48% 346.000
Umido 40% 288.000
SECCO 40%
1.070.000
UMIDO 20%
356.000 t/a
IL NOSTRO CONTROPIANO RIFIUTI
PROIEZIONE X ROMA 2011 IPOTESI R.D. 60%
Consorzi Filiera
Recupero 83%
888.000 t/a
Materiali Plastici
Riciclati 10%
107.000 t/a
Dimensionamento
CENTRI RICICLO
n° 9 da 120.000 t/a
Perdite Esercizio
5% 53.000 t/a
Discarica
2% -21.000
Discarica
160.000 t/a
Dimensionamento
COMPOSTAGGIO
n° 4 da 90.000 O
n° 12 da 20.000 t/a
DIGESTORI
ANAEROBICI
288.000 BIOGAS
Sovvallo 20%
Scarti Secco
Lavorazione
86.000
RECUPERO TOTALE 89,5%- 1.600.000 t/a DISCARICA 9%
Acque reflue
1,5% - 29.000
Frazione Organica x
Bonifiche 259.000
RECUPERO
AMBIENTALE
14,5%
Non meno grave appare oltretutto la singolare situazione della Provincia di Roma, a cui la città
di Roma contribuisce in termini ponderali con i 2/3 dei rifiuti, nel rapporto tra rifiuti urbani (R.U.)
più assimilati (R.A.U.) nel grafico in rosso e rifiuti speciali (R.S.) nel grafico in blu.
Come si può notare la Provincia di Roma è “unica” anche in questo: infatti rappresenta l’unica
anomalia evidente rappresentata dalla rilevazione di una quantità di rifiuti urbani ed assimilati
quasi doppia dei rifiuti speciali. Questo parametro indica sostanzialmente da un lato
l’esagerata previsione nel Regolamento comunale in merito all’assimilazione agli urbani di
rifiuti commerciali / artigianali dall’altro l’inefficienza del sistema di raccolta stradale in uso, che
consente l’abusivo conferimento di rifiuti speciali nei cassonetti dei rifiuti urbani con un
fenomeno di sovraccaricamento finanziario indebito per le Amministrazioni comunali. Si
rammenta infatti che il rifiuto urbano, costituito dal solo rifiuto domestico, è a carico dell’ente
pubblico mentre il rifiuto speciale, costituito dal restante rifiuto di provenienza commerciale /
artigianale / industriale, è a carico del produttore stesso quindi delle aziende che debbono farsi
carico del costo della raccolta, del trasporto e dello smaltimento.
La nostra proposta, dalla filiera indifferenziata a quella
differenziata
Quanto sinora esposto dimostra che la situazione di storica arretratezza nella raccolta
differenziata con lo scarso 18% di Roma, che rappresenta nel Lazio il maggior produttore di
rifiuti con un quantitativo pari al 55% del totale regionale, è in linea con la situazione generale
del Lazio. Una situazione connotata da una filiera “indifferenziata” ormai al collasso dal punto
di vista dell’esaurimento delle principali discariche autorizzate, terminali indispensabili sia a
monte per il posizionamento degli attuali impianti di pretrattamento – produzione di CDR. sia a
valle degli stessi per il conferimento di circa il 60% di quanto rimane dopo l’estrazione del
suddetto CDR..
A proposito di questi impianti di pretrattamento, basati nel Lazio sul processo di triturazione in
testa o “splitting” e successiva vagliatura rotante riteniamo che, nell’ambito di una possibile
riconversione di questi impianti da produzione CDR a vero Trattamento Meccanico Biologico,
sia oggi imprescindibile predisporre le opportune e peraltro marginali modifiche al ciclo
operativo.
Dal momento che l’attuale quantitativo di Rifiuto Urbano Residuo (R.U.R.), detratta la scarsa
quantità di rifiuto differenziato del 20% lordo (18% netto), è costituito dall’80% del totale rifiuti
prodotti, occorre fare alcune considerazioni e precisazioni in merito alle soluzioni impiantistiche
prevedibili.
Rifiuti procapite in alcune Province
0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000
Torino
Milano
Bergamo
Brescia
Verona
Vicenza
Treviso
Venezia
Padova
Udine
Modena
Bologna
Ravenna
Roma
Bari
Taranto
Cagliari
Provincia
Kg/anno/persona
1. Si ritiene che il processo di passaggio dalla filiera “indifferenziata” a quella
“differenziata” comporterà alcuni anni di transizione, specialmente per Roma data la
dimensione e la complessità urbana specifica sebbene la fase sperimentale della
raccolta porta a porta validi e ne consenta oggi l’estensione generalizzata. Stimiamo
pertanto che, se ci sarà la volontà politica, l’obiettivo conseguibile nel Lazio entro due
anni di una raccolta differenziata pari al 60% del totale dei rifiuti urbani sia stimato in
modo prudenziale ma realistico.
2. Si assume che gli impianti di T.M.B. così modificati resteranno un caposaldo
impiantistico per il trattamento del R.U.R. che, pure decrescendo progressivamente in
funzione del rafforzamento della differenziazione, si ipotizza resterebbe necessario per
trattare almeno un 20% residuo legato a raccolte stradali in situazioni periferiche - rurali
o di dispersione abitativa,
3. Si considera che gli impianti di preselezione negli attuali T.M.B. consentono una
separazione / recupero primaria ottimale pari a circa un 25-30% di frazioni secche di
sopravaglio, pur in presenza di migliorie tecnologiche apportabili, e producono un
frazione “secca residua” di sopravaglio pari a circa un 15-20% conteggiato come perdite
di esercizio ma che potrebbe essere soggetto a recupero ulteriore.
Si recupera inoltre una frazione organica di sottovaglio pari a circa un 25% che può
essere stabilizzata con bioessiccazione od inviata al recupero di biogas, oltre a calo in
peso pari al 20% circa. Questa frazione di sottovaglio è inoltre processabile con la
digestione anaerobica insieme ai fanghi reflui da depurazione fognaria (con una
produzione attuale di 150.000 ton/anno di ACEA smaltiti con costi notevolissimi fuori
Regione) per il recupero di biogas da un lato e di frazione organica residua utilizzabile
per bonifiche ambientali.
4. Si considera invece che la frazione secca con esito da T.M.B., nonostante la presenza
di una residua contaminazione organica contenibile nel limite del 8%, possa essere
inviata ai Centri di Riciclo per essere trattata insieme alla frazione “residua non
differenziabile” con esito da selezione manuale, ed insieme sottoposte a trattamento di
estrusione meccanica per produzione di granulato plastico detto anche “sabbia
sintetica”.
I Centri di Riciclo: l’esperienza di Vedelago (TV), ed oggi di
Colleferro (RM)
La gamma di materie prime secondarie si sta oggi allargando anche in Italia a interi settori
industriali alimentati da materie prime originate dai rifiuti. I rifiuti che non hanno caratteristiche
sufficienti per essere direttamente utilizzati come materie prime secondarie subiscono un
trattamento di triturazione, estrusione e granulazione ottenendo un granulato plastico di varie
dimensioni atto ad essere impiegato nell’industria plastica di stampaggio e in edilizia.
L'attività consiste nel ricevere le frazioni secche riciclabili dei rifiuti urbani e assimilati,
selezionare i materiali in base alla composizione merceologica, compiere le operazioni
necessarie per la riduzione volumetrica, gestire la fase di destinazione in uscita delle singole
tipologie di materiali che, in relazione alla possibilità di riutilizzo, vengono consegnati a impianti
di seconda lavorazione o a specifiche aziende che impiegano i materiali nei loro cicli produttivi.
L'input e l'output
• Input: Conferiscono presso il Centro i Comuni, i Consorzi di Comuni e le Aziende
produttive che attuano la raccolta differenziata. I conferimenti in ingresso al Centro
vengono autorizzati solo in presenza di sicura possibilità di riutilizzo dei materiali
selezionabili.
· Output: Per la consegna dei materiali in uscita, invece, il Centro è piattaforma
convenzionata dei seguenti Consorzi Nazionali di filiera: CO.RE.PLA. per la plastica,
C.N.A. per l'acciaio e i ferrosi, C.I.AL. per l'alluminio, CO.RE.VE. per il vetro, COMIECO
per la carta, RILEGNO, per il legno. POLIECO per il polietilene. Per la consegna dei
materiali selezionati di provenienza industriale il Centro ricerca sul mercato le
destinazioni più idonee e remunerative
La viabilità
Il sito è facilmente raggiungibile in quanto è ubicato lungo la strada provinciale Postumia
S.P.102. L'accesso dei mezzi in arrivo e in partenza è in un solo senso di marcia. Il numero di
automezzi in entrata varia da 40 a 50 al giorno mentre quelli in uscita sono mediamente 10.
Il numero limitato dei mezzi in uscita è dovuto alla riduzione volumetrica dei materiali effettuata
in corso di lavorazione. Pressatura e macinazione consentono di ridurre fino a un sesto il
volume dei materiali plastici al fine di limitare il numero dei mezzi in circolazione e rendere
economico anche il costo del trasporto.
I dati tecnici
Area a disposizione Mq.30.742,00
Superficie area di intervento suddivisa in:
- aree verdi di pertinenza Mq.4.150,00
- superficie piazzale per depositi e manovre e parcheggi Mq.23.567,00
- superficie coperta di progetto Mq.3.025,00
Volume netto di progetto capannoni Mc.27.775,00
Volume netto di progetto uffici Mc.1.462,50
Volume lordo totale Mc. Mc.30.409,00
.
Il capannone A è suddiviso in due comparti:
• area magazzino e verifica campionamento sui carichi conferiti,
• sede dell'impianto per la produzione di “sabbia sintetica” derivata dal processo di
miscelazione – triturazione – estrusione dello scarto risultante dai processi di selezione
dei rifiuti conferiti.
Anche il capannone B è suddiviso in due comparti:
• la zona di carico degli impianti di selezione con piattaforma per l’apertura dei sacchi;
• sede degli impianti di selezione e pressatura dei rifiuti provenienti delle raccolte
differenziate urbane.
Il quadro economico
Nella valutazione globale dell'impianto occorre tenere presente che lo stesso è stato studiato
in funzione dei seguenti parametri economici:
· la potenzialità degli impianti è stata calcolata in relazione al bacino di utenza servito dal
Centro Riciclo Vedelago, tenuto conto dell'aumento delle quantità di conferimento
dovuto all'allargamento delle tipologie di rifiuto che trovano effettivo mercato di riutilizzo.
· L'inserimento dei due impianti di selezione consente un risparmio di gestione generale
e un'economia di scala che si traduce in risparmio di costi per l'azienda e minor costo
per i conferenti.
· L'attivazione dell'impianto di produzione della “sabbia sintetica” e la conseguente
effettiva possibilità di utilizzo del prodotto granulato nell’industria plastica e nell’edilizia,
consente di intraprendere una forma alternativa di riciclo economicamente conveniente
anche tenendo conto dei costi di gestione.
· La vendita del granulato si è rivelata, sempre nel rispetto delle disposizioni di legge,
sicuramente conveniente rispetto alle soluzioni di smaltimento precedentemente
adottate,
· Le lavorazioni di riduzione volumetrica effettuate sui materiali consentono di predisporre
i carichi utili richiesti dagli impianti destinatari e, allo stesso tempo, minimizzano
l'impatto viario per il minor numero di mezzi impiegati per il trasporto.
· La stessa considerazione può essere fatta per gli stoccaggi dei rifiuti pericolosi, presenti
nei conferimenti dei rifiuti urbani in piccole quantità, custoditi fino al raggiungimento del
carico utile per il trasporto agli impianti di trattamento.
· Le aziende medio - piccole che hanno la necessità di conferire modiche quantità di
rifiuto prodotto o imballaggi misti, possono conferire direttamente i loro scarti di
lavorazione con evidente economia dei costi di trasporto. Il Centro, adeguatamente
attrezzato, è in grado di effettuare lo stoccaggio e la selezione dei materiali praticando
costi nettamente inferiori agli usuali costi di smaltimento.
· Più attenta considerazione va fatta per la gestione dei rifiuti riciclabili conferiti dai
Comuni e dai Consorzi di Comuni. Infatti, se la raccolta differenziata viene eseguita in
modo corretto e vengono promosse le necessarie campagne di informazione al fine di
migliorare in qualità e quantità le raccolte, i Comuni beneficiano di una notevole
riduzione dei costi di conferimento arrivando a realizzare un ricavo sui quantitativi
consegnati commisurato alla qualità di rifiuto conferita.
Il ruolo del Centro nella politica ambientale
Il Centro Riciclo Vedelago è in grado di:
· Soddisfare le più recenti tendenze pianificatorie ambientali in tema di recupero di
materiali dai rifiuti.
· Assicurare alti livelli di garanzie ambientali sia per le tipologie dei rifiuti trattati che per le
caratteristiche proprie dell'impianto. Infatti non è previsto il trattamento di rifiuti
putrescibili o con contaminanti particolari bensì rifiuti secchi riciclabili provenienti da
raccolte differenziate ben definite.
· Annullare quasi totalmente la produzione di rifiuti residuali in quanto è prevista la
collocazione sul mercato di tutte le tipologie trattate e conferite solo in presenza di
sicura utilizzazione in uscita.
· Garantire ai Comuni, in presenza di conferimento di qualità, il massimo realizzo di ricavi
rapportati ai contributi previsti per la raccolta differenziata e assicurare alle aziende il
maggior contenimento dei costi di conferimento dei residui prodotti.
· Recuperare effettivamente, destinandoli al reinserimento in idonei cicli produttivi, rifiuti
altrimenti destinati all’incenerimento o allo smaltimento in discarica.
Le rese di trattamento dell'Impianto di selezione
Anno 2003 Anno 2004 Anno 2005
Valori in Ton Valori in Ton Valori in Ton
Giacenze iniziali 472,225 675,149 694,905
Rifiuti in ENTRATA 18.600,825 17.275,264 22.671,074
Rifiuti a RECUPERO 15.990,778 86,91% 15.289,566 88,61% 19.945,689 89,04%
Rifiuti a RECUPERO
Energetico 14,320 0,08% 126,820 0,73% 454,160 2,03%
Rifiuti smaltiti in
discarica 2.045,977 11,12% 1.473,520 8,54% 1.643,140 7,34%
Perdita (calo) di processo 346,826 1,89% 365,602 2,12% 356,059 1,59%
Giacenze finali 675,149 694,905 966,931
Anno 2006
Anno 2007
Valori in Ton Valori in Ton
Giacenze iniziali 966,931 961,892
Rifiuti in ENTRATA 21.061,315 22.022,158
Rifiuti a RECUPERO 18.893,310 89,69% 20.117,480 91,07%
Rifiuti a RECUPERO
Energetico 341,160 1,62% 75,300 0,34%
Rifiuti smaltiti in discarica 1.147,040 5,44% 1.069,090 4,84%
Perdita (calo) di processo 684,844 3,25% 827,467 3,75%
Giacenze finali 961,892 894,713
Il prodotto innovativo: la sabbia sintetica
Il Centro Riciclo Vedelago ha attivato il progetto “100% Recycling”.
· Si tratta di una nuova linea di produzione di granulati, a matrice prevalentemente
plastica, che trovano utilizzo nel settore dello stampaggio e in edilizia come sostituto
della sabbia nei calcestruzzi, come aggregato alleggerente nelle malte cementizie,
come legante per manufatti in cemento, ecc.
· Le prove eseguite presso i laboratori dell’Università di Padova hanno verificato che
questo nuovo prodotto migliora le caratteristiche e le prestazioni dei manufatti e dei
conglomerati cementizi, anche in termini di fonoisolazione e termoisolazione.
· Il granulato deriva dal trattamento di tutti gli scarti residuali dei processi di selezione
delle raccolte differenziate conferite dai Comuni e dalle Aziende private.
· Il processo di produzione della ‘sabbia sintetica’ si può riassumere in una plastificazione
e addensamento, tramite estrusione, di rifiuti a matrice prevalentemente plastica.
· Grazie al nuovo progetto di Centro Riciclo Vedelago si può avviare un riciclo integrale
del rifiuto altrimenti non recuperabile.
· “100% Recycling” chiude infatti il ciclo del rifiuto proponendo per gli scarti una soluzione
alternativa all’incenerimento e allo smaltimento in discarica.
Considerazioni finali
· Il Centro Riciclo Vedelago srl è una azienda privata che non ha usufruito di
finanziamenti pubblici ma ha impiegato inizialmente capitali propri e reinvestito gli utili
prodotti in azienda. Per la realizzazione del centro sono stati investiti circa 5 milioni di
euro in stralci successivi in quanto i risultati delle varie fasi di lavorazione hanno
determinato, di volta in volta, la scelta impiantistica adeguata al fine di ottenere i migliori
risultati economici.
· Nel percorso di valorizzazione dei rifiuti è stata privilegiata la qualità della selezione a
beneficio anche dell’occupazione, passando da 4 addetti iniziali ai 58 attuali.
· Il percorso di crescita dal 1997 ad oggi è stato segnato da un costante impegno nella
RICERCA, nello STUDIO e nella SPERIMENTAZIONE dei materiali, oltre che una
puntigliosa informazione alla cittadinanza partendo dalla SCUOLA.
· L’azienda ha scelto di investire nei ragazzi della scuola, nei vari ordini e gradi,
realizzando uno specifico progetto di educazione ambientale e accogliendo in visita
guidata le classi.
Pertanto possiamo affermare che esiste oggi una necessità di aprire un mercato con grandi
aspettative in termini di occupazione e di fatturato, se iniziamo a prevedere a regime la
realizzazione di una trentina di Centri di Riciclo tipo Vedelago (capacità operativa pari a 36.000
ton/anno) od impianti con capacità maggiorata per le esigenza di scala metropolitana di Roma.
Detti impianti dovranno infatti essere localizzati in ognuna delle cinque Province e, in base al
rapporto contenuto nei dati della produzione rifiuti del Lazio. A regime ne saranno necessari
otto nell’area metropolitana di Roma di capacità pari a 120.000 ton/anno.
Questi impianti potranno essere la soluzione all’attuale situazione bloccata di “gestore unico”
per avviare una sana differenziazione di soggetti imprenditoriali che operano su punti diversi
della filiera stessa, ripensando anche il ruolo dei Consorzi di raccolta che potrebbero diventare
soggetti aperti al rapporto diretto con nuove cooperative di produzione e lavoro territoriali oltre
all’attuale funzione di collettore della R.D. presso le piattaforme convenzionate in cui
conferiscono i Comuni tramite le aziende municipalizzate.
Il Piano Finanziario
La questione dirimente per le amministrazioni locali crediamo che possa essere individuata nel
bilancio economico e nella quantità di risorse in ballo, che nelle due filiere si presenta con
caratteristiche di estrema diversità data la grandissima differenza dell’impiantistica in gioco.
Infatti come si richiamava già in precedenza la filiera “indifferenziata” necessita di una quantità
di risorse ingentissima, dato il costo della notevole impiantistica necessaria. Infatti sin dalla
fase di raccolta si avvale di macchine operatrici-compattatrici del costo di 400.000 euro
cadauna, di impianti di pretrattamento e selezione del costo di circa 30 milioni di euro
cadauno, di impianti di incenerimento e gassificazione del costo di circa 300 milioni di euro e
del costo di una discarica speciale per le ceneri, i filtri ed i fanghi di lavaggio del costo di
circa………. Nel Lazio quindi nel Piano Commissariale si mettono in preventivo la
realizzazione di ben tre nuovi impianti di incenerimento che sono quantificabili oggi in un
investimento di circa 300 milioni cadauno (ipotizzando come tipologia media l’impianto di
Malagrotta) per un importo complessivo di 900 milioni che, se anche anticipati da imprenditori
privati, graveranno sul bilancio pubblico in termini di tariffe di conferimento e contributi CIP6
all’acquisto dell’energia elettrica prodotta. Oltre alla ulteriore spesa per le relative nuove
discariche di tipo urbano e speciale da allestire.
Dall’altra la filiera “differenziata” comporta un costo iniziale nella riconversione del sistema
stradale, costo che si dimostra ammortizzabile in 4-5 anni per poi raggiungere un attivo di
bilancio, e si basa su un contenuto diverso tra uomo e macchina. Infatti utilizza nella fase di
raccolta un contributo in mano d’opera almeno decuplicato con piccoli mezzi di carico, isole
ecologiche per il deposito temporaneo del costo di 2 milioni di euro, impianti di compostaggio
aerobico da 20.000 ton/anno con un costo di 4 milioni, Centri di riciclo con capacità da 36.000
a 120.000 ton/anno con costi da 5 a 15 milioni di euro.
Con la peculiarità che questi ultimi sono realizzati e mantenuti con risorse private e non
pubbliche (tipo contributi CIP6 o tariffe di conferimento), di fatto quindi non computabili nel
presente conto economico.
Ulteriore considerazione economica da fare è costituita dai costi di gestione che fanno la
ulteriore differenza tra le due filiere. Nel primo caso dobbiamo infatti considerare un costo per il
conferimento in discarica che oggi si aggira in media intorno ai 100 euro/ton a cui bisogna
aggiungere il contributo CIP6/Certificati Verdi per l’acquisto incentivato dell’energia elettrica
prodotta pari a ca. 0,12 € / kwh, costi che vengono poi spalmati sulla tassa/tariffa a carico dei
cittadini: nel caso di Roma stiamo parlando in cifre che superano i 110 milioni di euro l’anno
solo per il conferimento in discarica !!!
Nel secondo caso si evidenzia la sostanziale supremazia di questa filiera, in quanto ottenendo
il risultato della raccolta / riciclo / recupero degli imballaggi si attiva un meccanismo
economico, che l’altra filiera distrugge insieme ai materiali stessi: il recupero dei contributi
economici che i produttori degli imballaggi versano al Consorzio Nazionale Imballaggi
(CO.NA.I.) e che remunerano i costi sia della raccolta / trasporto effettuato dai Comuni che
quella della selezione / stoccaggio effettuata dai Centri di Riciclo stessi, eccetto il “residuo
secco”, costituito da quanto rimane delle frazioni differenziate tolti gli imballaggi, è previsto un
contributo di conferimento a carico dei Comuni proporzionale all’efficienza della
differenziazione: meno si differenzia e più si mette nel sacchetto “indifferenziato” più si paga,
con un costo medio di circa 50 € /ton.
La comparazione economica tra i due sistemi è sintetizzata nelle successive tabelle:
Impianto di Pirolisi di Civitavecchia (Fonte: dati presentati in sede di AIA)
Parametro COSTI
€/ton
RICAVI
€/ton
UTILE
€/ton
TOTALE per IMPIANTO da
160.000 ton/anno
Milioni di €
Costo di costruzione impianto
(investimento capitale pubblico
80% e capitale privato 20%)
636 102:
82 pubblici
20 privati
Costo manodopera, materiali
consumo
48 7,7
Costi manutenzione 12 1,9
Costo ammortamento annuale
(periodo quindici anni)
72 11,5
Spese generali 8,8 1,4
Totale costo di ristoro per
Comune ospitante e
accantonamento per post-mortem
12.2 2
TOTALE COSTI GESTIONE
ANNUA
147 22,5
RICAVO DA COMUNI PER
TARIFFA DI CONFERIMENTO
91 14,6
RICAVI VENDITA E.E. (50% con
C.V.)
55 8,8
TOTALE RICAVI GESTIONE
ANNUA
166 23,4
Valore lordo utile di impresa
ANNUO
6 0,96
Effetti indiretti a carico della collettività
COSTI ANNUALI A CARICO
COMUNI
12,6
COSTI ANNUALI A CARICO FONDI
CIP6 GESTORE GSE
4,5
Centro di Riciclo (Fonte: dati forniti dalla dott. Carla Poli del Centro Riciclo Vedelago)
Parametro COSTI
€/ton
RICAVI
€/ton
UTILE
€/ton
TOTALE per IMPIANTO
120.000 ton/anno
Milioni di €
Costo di costruzione impianto
(investimento di imprese
private)
125 15
Costo lavorazione (mano d’opera,
materiali, scarto)
52 6,2
Costi manutenzione 10 1,2
Costo ammortamento annuale
(periodo cinque anni)
29 3,48
Spese generali, spese di
consulenze, ricerca e promozione
15 1,8
PARZIALE COSTI GESTIONE
ANNUA
106 12,7
Contributo CONAI (valore medio
tra vari Consorzi di filiera)
98 11,76
Conferimento dai Comuni
(ricavo/costo per riaccredito del
contributo CONAI trasporto e
raccolta)
60 60 0
Ricavi da vendita semilavorato 32 3,84
PARZIALE RICAVI GESTIONE
ANNUA
130 15,6
Valore lordo utile di impresa
ANNUO
24 2,9
Effetti indiretti a carico della collettività
RISPARMIO ANNUO
BILANCIO COMUNI COSTI
DISCARICA (parametro € 91/ton)
10,9
In pratica il Centro di Riciclo si autosostenta economicamente e riesce a restituire ai Comuni i
costi della raccolta e trasporto relativamente agli imballaggi (che costituiscono circa il 60% dei
rifiuti urbani) eliminandone di fatto i relativi costi di conferimento in discarica: quindi un doppio
risultato per i Comuni dato non solo dal risparmio di spesa ma anche dall’entrata di un
contributo (pari a circa 60 euro/ton) che può finanziare i costi iniziali della raccolta differenziata
porta a porta dei primi 4-5 anni dovuti all’acquisto dei nuovi mezzi ed all’assunzione di mano
d’opera.
Sebbene bisogna precisare che ad esempio nella Provincia di Roma i costi di riconversione
iniziali sono oggi finanziati con apposito capitolo di spesa, che prevede un contributo di circa
25 euro/abitante per materiali informativi, mezzi d’opera e personale, oltre al finanziamento
delle isole ecologiche ed al contributo per la realizzazione degli impianti di compostaggio, che
possono essere impianti pubblici gestiti da imprenditori privati.
Dato che il costo medio di un impianto di compostaggio da 20.000 t/anno è pari a circa 4
milioni, l’impegno economico a carico della collettività per i 29 impianti previsti svilupperebbe
un importo totale di 116 milioni, che è riducibile ad un importo molto più basso attivando
procedure di concorso nell’investimento di soggetti privati a fronte della gestione temporanea
concordata e convenzionata.
Si segnala infatti che per questi impianti non esiste un meccanismo di recupero contributi tipo
CONAI, e quindi il processo industriale deve essere supportato da investimento pubblico /
privato, in genere con meccanismi di projet-financing per cui il privato che investe ottiene la
gestione per diversi anni con contributo di conferimento della frazione umida a carico dei
Comuni stessi.
Quanto considerato in merito alla linea tendenziale di decremento strutturale della produzione
di rifiuti, insieme alla constatazione dell’esistenza di una catena impiantistica di fatto già
sufficientemente strutturata per quanto attiene il TMB (una volta effettuate le necessarie
piccole modifiche da apportare) insieme all’abissale ridimensionamento dell’investimento per
realizzare gli impianti di compostaggio ancora mancanti, dimostrano l’assoluta sostenibilità
finanziaria ed ambientale di quanto sosteniamo, comprovando che il piano regionale approvato
è assolutamente privo di qualsiasi motivazione tecnica e/o finanziaria che ne dimostri la reale
fondatezza.
Restano inoltre fuori da questo bilancio, per quanto attiene ai costi della filiera “indifferenziata”
perseguita attualmente, i costi sanitari ed ambientali che dovrebbe sopportare la comunità in
termini di patologie gravi soprattutto cancerogene e dei relativi costosi trattamenti presso le
strutture sanitarie pubbliche, dei costi relativi allo smaltimento delle ceneri tossiche e dei
controlli e monitoraggi ambientali.
Diagramma di flusso del Piano Rifiuti Alternativo: Lazio 2011 con RD 60%. Questo è il
diagramma di flusso del nostro Piano Rifiuti Alternativo per il Lazio nella proiezione al 2011
con una ipotesi di R.D. Al 60%:
Prevenzione/Riduzione – 10%
R.U. 100% 3.000.000 ton/anno
R.U.R. 40%
1.200.000
T.M.B.
960.000
Secco 40% 480.000
Umido 40% 480.000
R.D. 60%
PIATTAFORME
Imballaggi + Urbano
1.800.000 –
600.000 =
1.200.000
SECCO 56%
1.680.000
Compostaggio
Aerobico
20 % 600.000
IL NOSTRO CONTROPIANO RIFIUTI
PROIEZIONE X LAZIO 2011 IPOTESI R.D. 60%
Consorzi Filiera
Recupero 83%
1.400.000 t/a
Materiali plastici
Riciclati 10%
168.000 t/a
Perdite Esercizio
5% - 84.000
Discarica
2% - 28.000
Dimensionamento
CENTRI RICICLO
n° 8 da 120.000 +
n° 20 da 36.000 t/a
Discarica
268.000 t/a
Dimensionamento
COMPOSTAGGIO
n° 4 da 90.000 +
n° 7 da 36.000
DIGESTORI
ANAEROBICI
480.000
Sovvallo 20%
Scarti Secco
Lavorazione
240.000
BIOGAS
RECUPERO TOTALE 87 % DISCARICA 12 %
Acque reflue
1 % - 48.000
Frazione Organica x
Bonifiche – 432.000
RECUPERO
AMBIENTALE
15 %
Diagramma di flusso del Piano Rifiuti Alternativo: Lazio 2020 con RD 80%. Questo è il
diagramma di flusso del nostro Piano Rifiuti Alternativo per il Lazio nella proiezione al 2020
con una ipotesi di R.D. All'80% (uno scenario con riduzione dei rifiuti pari al 20%):
Prevenzione/Riduzione – 20% >
> R.U. totale - 2.640.000 ton/anno
R.U.R. 20%
528.000
T.M.B.
Secco 60% 317.000
Umido 40% 211.000
R.D. 80%
PIATTAFORME
Imballaggi + Urbano
2.110.000 –
696.000 =
1.414.000
SECCO 65%
1.731.000
UMIDO 26 %
696.000
IL NOSTRO CONTROPIANO RIFIUTI
RIFIUTI ZERO X LAZIO 2020 IPOTESI R.D. 80%
Consorzi Filiera
Recupero 90%
1.558.000 t/a
Materiali plastici
Riciclati 10%
173.000 t/a
Dimensionamento
CENTRI RICICLO
n° 8 da 120.000 +
n° 21 da 36.000 t/a
Dimensionamento
COMPOSTAGGIO
n° 4 da 90.000 +
n° 17 da 20.000
DIGESTORI
ANAEROBICI
211.000
BIOGAS
RECUPERO TOTALE 100%- RIFIUTI ZERO
Frazione Organica x
Bonifiche - 190.000
Acque reflue
1% - 21.000
Diagramma di flusso del Piano Rifiuti Alternativo: Lazio 2020 con RD 80%. Questo è il
diagramma di flusso del nostro Piano Rifiuti Alternativo per il Lazio, nella proiezione al 2020
con R.D. All'80% (scenario con riduzione dei rifiuti pari al 40%)
Prevenzione/Riduzione – 40% >
> R.U. totale - 1.980.000 ton/anno
R.U.R. 20%
396.000
T.M.B.
Secco 60% 238.000
Umido 40% 159.000
R.D. 80%
PIATTAFORME
Imballaggi + Urbano
1.584.000 –
522.000 =
1.062.000
SECCO 65%
1.300.000
UMIDO 26 %
522.000
IL NOSTRO CONTROPIANO RIFIUTI
RIFIUTI ZERO X LAZIO 2020 IPOTESI R.D. 80%
Consorzi Filiera
Recupero 90%
1.170.000 t/a
Materiali plastici
Riciclati 10%
130.000 t/a
Dimensionamento
CENTRI RICICLO
n° 6 da 120.000 +
n° 16 da 36.000 t/a
Dimensionamento
COMPOSTAGGIO
n° 4 da 90.000 +
n° 8 da 20.000
DIGESTORI
ANAEROBICI
159.000
BIOGAS
RECUPERO TOTALE 100%- RIFIUTI ZERO
Frazione Organica x
Bonifiche - 143.000
Acque reflue
1% - 16.000
The Use of Life Cycle Assessment Tool for the Development of Integrated Waste Management Strategies Rev
2005. Contract number: EVK4-CT-2002-00087 (lavoro finanziato dall’Unione Europea): http://www.istworld.
org/ProjectDetails.aspx?
ProjectId=694fe1ae374c487aac165fa17f6d293d&SourceDatabaseId=9cd97ac2e51045e39c2ad6b86dce1ac2
Appendice: Rifiuti e salute
I maggiori danni alla salute derivanti dallo smaltimento dei rifiuti provengono da quelle che
dovrebbero rappresentare solo le ultime fasi della gestione dei rifiuti: combustione e
conferimento in discarica; si tratta di un problema di cruciale interesse non solo da parte della
comunità scientifica, ma anche da parte del legislatore che nel D. Lgs. 3 aprile 2006 n.152
all’art.2 afferma: ”I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
all'ambiente” .
Del tutto recentemente (1) sono stati quantificati, da Autori di rilievo internazionale, i costi, in
termini di danni alla salute ed all’ambiente derivanti dal conferimento in discarica o dalla
combustione: nel primo caso si calcola che per ogni tonnellata di rifiuti solidi urbani (RSU) tali
costi ammontino a 10 - 12.8 euro, mentre, per ogni tonnellata incenerita, essi possano variare
da 4.5 euro a 21.2 euro (a seconda dell’efficienza del recupero energetico).
E’ viceversa ormai dato assodato che il recupero dei materiali post-consumo ed il loro effettivo
riutilizzo comporta impatti ambientale e sanitari decisamente minori ed un risparmio energetico
ben superiore all’energia recuperabile attraverso la loro termodistruzione.
Il minor impatto ambientale del riciclo/recupero ecc. risulta infatti confermato anche dal
rapporto CEWAP, rapporto al di sopra di ogni sospetto in quanto commissionato dalla
Confederazione dei gestori di impianti di incenerimento (2). E’ pertanto fuori da ogni dubbio
che tutte le prime tappe di gestione dei rifiuti debbano essere assolutamente privilegiate,
anche per tali motivi.
D’altro canto non si può dimenticare che gli inceneritori non eliminano affatto i rifiuti ma si
limitano a ridurli in volume e che tali impianti non sono affatto alternativi alle discariche in
quanto ogni inceneritore necessita a sua volta di una discarica di servizio: la frazione solida
che residua dall’incenerimento ammonta a circa il 30% della massa in entrata e rappresenta, a
sua volta, un rifiuto da smaltire; inoltre, dai sistemi di abbattimento, residuano rifiuti altamente
tossici in ragione del 3% circa, che vanno smaltiti in discariche speciali.
Le problematiche relative alle ceneri e la presenza niente affatto trascurabile in esse di
diossine sono state di recente oggetto di un articolo (3) che ha stimato in ben 20 gr la quantità
di diossine residue prodotte in un anno in Italia dall’attuale massa di rifiuti incenerita, quantità
che non è stata conteggiata in alcun bilancio ambientale. Si pensi che la tossicità della
diossina si misura in miliardesimi di milligrammo e che un grammo di diossina rappresenta la
dose massima “tollerabile” annua per oltre 19 milioni di persone! Trattandosi di sostanze
persistenti e che si accumulano nella catena alimentare l’attuale prassi di aggiungere le ceneri
residue al cemento o agli asfalti desta non poche preoccupazioni.
Sono state quantificate dal Politecnico di Torino in valore assoluto le singole patologie dal
punto di vista del danno e del conseguente costo a carico del Servizio sanitario nazionale,
come da tabella allegata:
Brevemente si analizzeranno i principali studi che hanno indagato i danni da discariche ed
inceneritori.
Esposizione a discariche. Gli studi epidemiologici più significativi relativi all’impatto sanitario
delle discariche che operano secondo procedure legali sono stati condotti già degli anni’80.
Nella maggior parte dei casi i dati sono riferiti a discariche di rifiuti tossico- nocivi: pochissime
indagini hanno riguardato discariche di rifiuti solidi urbani.
Le evidenze maggiormente accredite riguardano problematiche relative alla nascita:
malformazioni congenite in particolare difetti del tubo neurale, dell’apparato circolatorio,
gastroschisi, palatoschisi e basso peso dei neonati. Ricordiamo lo studio caso-controllo
Eurohazcon, condotto utilizzando questionari individuali, ha rilevato un eccesso pari al 10%
per malformazioni congenite in vicinanza di discariche di rifiuti tossico-nocivi in particolare per
difetti del tubo neurale e dell’apparato circolatorio, gastroschisi e palatoschisi (4), lo studio di
Kuehn (2007) ha evidenziato un decremento nel tasso di malformazioni congenite
all’aumentare della distanza dal sito di smaltimento (5), la revisione bibliografica condotta da
Linzalone e Bianchi (2005) ha rilevato incrementi consistenti nel tasso di neonati sottopeso in
residenti in vicinanza di siti di smaltimento (6). L’esposizione a discariche illegali comporta
effetti ancora più consistenti. Uno dei più recenti ed esaurienti studi circa gli effetti
dell’abbandono illegale di rifiuti è quello commissionato dal Dipartimento della Protezione
Civile e condotto su 196 comuni delle province di Napoli e Caserta (7), i comuni sono stati
classificati in 5 gruppi di decrescente intensità di esposizione a seconda che i rifiuti fossero:
· Rifiuti sommersi (specie in laghi)
· Cumuli di rifiuti pericolosi
· Stoccaggio e trattamento tossici e nocivi
· Abbandono fusti metallici
Intorno ad ogni sito si è considerato il cerchio di 1 km di raggio quale area di impatto. Si è
registrato un aumento del 2% della mortalità complessiva per ogni classe di rischio, con un
incremento nei comuni più a rischio del +9% per i maschi e +12% nelle donne. Per quanto
riguarda i tumori vi è un aumento dell’ 1% per ogni classe di rischio in entrambi i sessi, un
aumento di malformazioni al sistema nervoso dell’ 8% e all’ apparato urogenitale del 14%.
Un accurato riesame di tali dati, con identificazione di alcuni clusters sia per mortalità che per
malformazioni, è stato di recente pubblicato sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (8)
Esposizione ad inceneritori. Gli impianti di incenerimento rientrano fra le industrie insalubri
di classe I in base all’articolo 216 del Testo Unico delle Leggi sanitarie (G.U. n. 220 del
20/09/1994, s.o.n.129) e, nonostante alcuni miglioramenti apportati con le moderne tecnologie,
essi danno origine a moltissime sostanze inquinanti, di cui solo una piccola parte è conosciuta.
Si rammenta poi che la legge prevede controlli solo per una minima parte di essi, per poche
volte all’ anno e generalmente in autocontrollo: per le diossine i controlli sono richiesti per tre
volte all’ anno per 6-8 ore!
Fra gli inquinanti emessi dagli inceneritori possiamo distinguere le seguenti grandi categorie:
particolato (PM10, PM2.5 e frazione ultrafine, ossia < rr=" 3.06)" rr =" 1.44)." rr =" 10.97," rr =" 10..97).">
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