tav che passione!

Torino-Lione colosso dai piedi d’argilla


Diffidare è una pratica sana, oltre che legittima. Almeno quando siamo di fronte a un’opera pubblica che muove enormi interessi economici. Perché non tutto ciò che si progetta è indispensabile per il fatto stesso che a proporlo è un ente pubblico che ha alle spalle la grande finanza. E’ l’esperienza della dilagante corruzione e comunque del vorace business a portarci a chiedere prima: se lo vogliono con tanta insistenza, un “buon” motivo lo avranno… Soprattutto quando il presunto interesse generale non viene sufficientemente motivato e l’opera pubblica va addirittura contro la volontà o l’interesse della gente a cui è rivolta. Dovremmo chiederci, e in primis chi sceglie per noi: vale più la salute dei cittadini o risparmiare un’ora di treno a pochi passeggeri? E ancora: valgono di più la salute dei cittadini e la tutela dell’ambiente o i grandi profitti di poche industrie, di poche banche e di quanti (pubblici e privati) riusciranno a lucrarci sopra?
Se l’Italia ha guadagnato il 69° posto per corruzione mondiale su 183 Paesi, assieme a Ghana, Macedonia e Samoa, vorrà pur dire qualcosa… Dovremmo forse sapere che l’Alta Velocità finora realizzata, in Italia ha avuto costi finali da 4 a 6 volte superiori a quelli preventivati.
In questi giorni siamo tutti distratti da temi ben più seri (la sconfitta di calcio con gli Usa, la farfallina ostentata al Festival di Sanremo da Belen); non ci interroghiamo quindi sui retroscena dell’Alta Velocità, anche perché ci lasciamo attrarre anche dalle frivolezze: lavoro che manca, benzina alle stelle, giovani a spasso, cinquantenni licenziati, sanità pubblica verso la paralisi, la povertà che conquista terreno… Poi viene spontaneo accettare che velocità e novità sono per forza concetti positivi; e ci si fida del governo, soprattutto se ad appoggiarlo sono quasi tutti i partiti. E il governo Monti dice sì all’Alta Velocità in Val di Susa. Ma così trascuriamo le voci fuori dal coro, non solo e non tanto quelle dei manifestanti che quando diventano violenti non sono più difendibili: ma anche le voci di chi quelle materie le studia e non è convinto della bontà di certi interventi. Uno di questi studiosi è Massimo Zucchetti ordinario di Impianti nucleari al Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino, tra i primi 360 firmatari dell’Appello a Monti assieme a don Luigi Ciotti (presidente Gruppo Abele e Libera) al giurista Giovanni Palombarini, a Niki Vendola (presidente Regione Puglia), a Marco Revelli (docente di Scienza Amministrazione, Università del Piemonte orientale), a Monica Frassoni (presidente Verdi europei), Paolo Beni (presidente nazionale Arci) Vittorio Cogliati Dezza (presidente nazionale Legambiente), Giovanni Valentini (giornalista), ai sindaci di Bari e Napoli Michele Emiliano e Luigi De Magistris.
Travolti dall’Alta Velocità
Massimo Zucchetti è ordinario di Impianti nucleari al Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino e già consulente tecnico al processo sull’incendio della Tyssen Krupp. Che non sia l’ultimo arrivato lo dice il suo curriculum: non tanto la laurea con 110 e lode in Ingegneria Nucleare, ma il fatto che è professore dal 1990 al Politecnico, dove insegna Sicurezza e Analisi del rischio, Protezione dalle radiazioni, Storia dell’energia nucleare. E’ consulente del Senato per il tema dell’uranio impoverito, coordinatore del programma internazionale IEA, dal 2005 collabora col MIT di Boston e ha molte altre collaborazioni accademico-istituzionali.
A proposito della TAV, con Claudio Cancelli e Giuseppe Sergi, ha scritto Travolti dall’Alta Voracità, libro nato in seno al mondo scientifico e che ricostruisce nel dettaglio l’architettura finanziaria e l’assurdità del modello TAV: progetto vivisezionato nei diversi aspetti da economisti, ingegneri, docenti di impiantistica, chimici e analisti degli appalti pubblici. Ne emerge la considerazione che il piano ha come unico motivo l’insaziabile sete di guadagno di pochissime industrie da sempre amiche di chi siede in sala regìa. Si parla di spreco faraonico di denaro pubblico per i prossimi decenni, per opere che mai potranno avere una proporzionale profittabilità economica e neanche una vera utilità pubblica.
Critici verso la TAV sono stati l’ex ministro Franco Reviglio (Un motore da fuoriserie montato su un’utilitaria) e il manager statale Mario Schimberni (Se hai una Cinquecento che non funziona, non puoi risolvere il problema comprandoti una Ferrari). E, unico tra gli ex ministri di sinistra, Claudio Burlando. Il modello fu avviato dall’ex ministro craxiano Claudio Signorile, venne perfezionato da Paolo Cirino Pomicino e garantito da Silvio Berlusconi.

Il tunnel radioattivo della TAV
ovvero svegliare il can che dorme
Il ministro dell’Ambiente Clini, da Trieste il 3 marzo ha lanciato il messaggio rassicurante: L’Alta Velocità in Val di Susa non è un problema ambientale. Ma già gli avevano risposto negativamente gli studi presentati il 6 ottobre 2011 al convegno TAV e salute nell’aula magna del Politecnico di Torino; studi che comunque sottolineavano l’esigenza di ulteriori approfondimenti tecnici prima di dare il via ai lavori. In quell’occasione il prof. Zucchetti presentò le analisi dell’ARPA Piemonte che nel 1997 rilevava in campioni di roccia di una vecchia miniera di uranio a Venaus (attigua alla futura linea TAV), radioattività naturale da Uranio 238 pari a 100 Bequerel per grammo (è di 1.000 Bequerel al grammo la dose considerata naturale). Nel tunnel che andrebbe scavato, la presenza di Uranio provoca concentrazioni di Radon che potrebbero diventare nocive per gli addetti ai lavori: per evitare pericoli di esposizione a gas ionizzanti, l’intera aria del tunnel dovrebbe venir cambiata forzatamente almeno ogni ora; ma questo farebbe aumentare di molto i costi, inoltre per sicurezza gli operai dovrebbero lavorare nel tunnel radioattivo secondo precisi turni, un po’ come abbiamo visto fare attorno alla centrale di Fukushima (benché i livelli di radioattività qui bassissimi in confronto). Senza contare, dice l’esperto, il filtraggio del Radon nell’acqua sottostante che arriva a valle, ma soprattutto lo scoperchiamento della pentola: tirar fuori dalla montagna 15 milioni di metri cubi di minerali radioattivi che ora “dormono” inoffensivi, significa portarli altrove all’aperto, innescando un nuovo pericolo. Lo studioso ha effettuato un calcolo secondo il codice di dispersione di radioattività GEN II, da cui risulta la dispersione di radioattività pari a 2.000 miliardi di Bequerel, ossia a circa 500 Curie. Non sono valori paragonabili a quelli di Chernobyl, dice il docente, ma si stima che potrebbero portare nella popolazione della Valsusa circa 2.000 tumori (mortali e non) in 50 anni, cioè una quarantina all’anno. E poi c’è l’amianto.
Ma anche i lacrimogeni sono tossici
Ma la montagna in questione, una volta “tormentata” libererà anche altri veleni. Come rileva Marco Tomalino, diabetologo e presidente della Commissione medica Comunità montana Valle di Susa e Valle Sangone (firmatario con altri 311 medici dell’area, di un documento che mette in guardia dai rischi per la salute) il progetto TAV ammette incrementi di particolato nocivo alla salute dei valligiani, che porterebbero a un aumento dal 10 al 15% delle affezioni respiratorie, specie in bambini e anziani. E a proposito degli scontri tra forze dell’ordine e NO TAV, ricorda la pericolosità per l’organismo umano del gas lacrimogeno, prodotto di sintesi di Clorobenzaldeide e Malononitrile, due prodotti altamente tossici. Un attacco coi lacrimogeni nel 1993 nella sede della comunità dei Davidiani a Mount Carmel in Texas provocò molti morti; e come sostiene uno studio dell’Esercito americano (2001) Servono altre ricerche per definire l’azione tossicologica di questi agenti antisommossa.
Paga lo Stato, anticipano le banche
Interessante poi notare le previsioni di spesa per la TAV in Val di Susa. Nel 1990 era stimata in 11 miliardi di euro. Oggi è salita a 20 miliardi di euro. Inizialmente i lavori sarebbero durati 15 anni, oggi si parla di 22. Ma chi paga? Le tasse degli italiani. Però i fondi li anticiperanno alcune banche. Lo Stato verserà a queste banche ogni anno una rata di interessi che, dal 2009 e per 30 anni, è all’incirca di 2 miliardi di euro.
Torino- Lione, 400 milioni€ annui per gestirla
Angelo Tartaglia, professore di Fisica Generale al Politecnico di Torino, snocciola numeri che di fisico hanno poco, ma sono comunque concreti. Una volta spesi 20 o chissà quanti miliardi di euro per costruirla, la ferrovia veloce Torino-Lione ci costerà 400 milioni all’anno per mantenerla.
Italia-Francia scambi a picco
in attesa del miracolo
Per andare in pareggio dovrebbe trasportare tra 11.000 e 48.000 passeggeri al giorno, ma oggi sulla stessa linea (con un biglietto molto più economico di quello della TAV) ne viaggiano soltanto 2.000 e sono pure in calo continuo. Per un equilibrio economico il flusso di merci dovrebbe essere compreso tra 76.700 e 295.900 tonnellate al giorno, mentre nel 2010 ne sono transitale giornalmente solo 7.945. Come dire che i passeggeri dovrebbero magicamente almeno quintuplicare e le merci almeno moltiplicarsi per 10. Insomma dovrebbe svilupparsi un interscambio Italia-Francia tale da far gridare tutti al miracolo!. Ma le cose stanno diversamente e lo dimostra il flusso ferroviario tra le Alpi, calato da e per la Francia da 10,2 milioni di tonnellate anno del 1999 a 2,8.
Progetti ambiziosi
Sfogliando l’elegante, ma ormai vecchia pubblicazione dell’agosto 1996 TAV Treno Alta Velocità edita dalla TAV SpA, leggo: Come assorbire la crescita della domanda di trasporto che entro il prossimo decennio rischia di raddoppiare?… Dal 1970 la domanda nazionale di mobilità delle persone è aumentata di oltre il 70% e quella di trasporto merci dell’80%.
TAV SpA è nata il 19 luglio 1991 con un capitale sociale di 100 miliardi di lire. Chi ne fa parte? Per il 40% le Ferrovie dello Stato e per il 60% banche, banche d’investimento, società finanziarie e compagnie assicuratrici. Nell’ottobre 1991 TAV SpA avviò trattative con Fiat, ENI, IRI per la realizzazione di sei tratte sulle linee Milano- Napoli e Torino-Venezia. Nel dicembre 1993 il capitale sociale di TAV SpA viene moltiplicato per 10 e diventa di 1.000 miliardi di lire. Il 2 marzo 1994 la Commissione Antitrust considera legale la collaborazione tra FS e il gruppo di società incaricate, per cui si materializza l’accordo Fiat Ferroviaria, Ansaldo Trasporti, Abb Trazione e Breda/Firema per la costruzione del treno ETR 500 che viaggia a 300 km/h, e la collaborazione tra FS, IRI, ENI, Fiat. Il 20 dicembre 1995 si approva il raddoppio del capitale sociale, da 1.000 a 2.000 miliardi di lire. Oggi il capitale sociale è di 2 miliardi 945 milioni 212 mila 218 euro, ma nel 1998 dalla compagine sono uscite le banche (Imi, Citibank, Banca Nazionale del Lavoro, Istituto Italiano di Credito Fondiario, Banco di Napoli, Cariplo, Isveimer, Crediop, Credito Italiano, Indosuez, Credit Lyonnaise, San Paolo) e il 31 dicembre 2010 la società diventa una controllata di Rete Ferroviaria Italiana (RFI), una delle aziende di Ferrovie dello Stato. A tutt’oggi la rete ad alta velocità italiana, progettata per trasportare anche merci e quindi pensata per velocità massime di 250 km/h (anziché i 300 delle linee francesi inadatte alle merci) è attiva sulle tratte: Padova- Venezia (25 km), Milano- Treviglio (23 km), Milano- Bologna (182 km), Torino- Milano (125 km), Bologna- Firenze (79 km), Roma- Napoli(205 km).
Finora i chilometri attivi delle tratte ultimate sono quindi 649.

Commenti