Francia, contrordine nucleare: l'incidente di Marcoule livello 1 Ines, 500 volte più radioattivo

L'Italia è davvero uno strano Paese, quando il 12 settembre scoppiò un forno nell'impianto nucleare di Marcoule, causando la morte di un operaio e il ferimento di altri 4, nei media serpeggiò il panico per un incidente avvenuto così vicino alle nostre frontiere, ma sono bastate le rassicurazioni di Centraco-Edf e della lobby nucleare francese per far mettere subito in sodffitta notizia e preoccupazioni.
Invece il 29 settembre un ignorato comunicato dell'Autorité de sûreté nucléaire française (Asn) ha rivelato che l'incidente "innocuo" e senza emissione di radioattività che ci era stato raccontato è stato classificato a livelli 1 della scala Ines e che tutti i lavori di ripristino del forno e dell'impianto nucleare dovranno essere sottoposti ad autorizzazioni preliminari.
Infatti, le verifiche dell'Asn hanno rivelato che il forno di fusione al momento dell'incidente conteneva un carico di circa 4 tonnellate di metallo con circa 30 megabecquerel (MBq) e non 63 kilobecquerel (kBq) come avevano dichiarato i gestori dell'impianto e l'An sottolinea che «Se questo valore resta basso, l'Asn ha però chiesto al gestore spiegazioni sulla ragione di questa sottovalutazione. Il locale nel quale si trova il forno è stato parzialmente danneggiato. Tuttavia, l'edificio dell'unità di fusione all'interno del quale si trova il locale del forno non è stato danneggiato. Il locale del forno è stato messo sotto sequestro dal Procuratore della Repubblica per l'inchiesta giudiziaria e non è accessibile».
L'Asn dice che nessuna azione di protezione della popolazione e dell'ambiente è necessaria ma aggiunge che «Se gli impegni strettamente radiologici di questo evento sono limitati, l'Asn considera tuttavia che si tratti di un incidente industriale grave a causa delle sue conseguenze umane. L'applicazione dei criteri relativi alla scala Ines, portano a classificare l'evento a livello 1 su questa scala a causa della debole attività radiologica del forno di fusione». Quell'attività radiologica della quale tutti avevano negato l'esistenza e che invece esiste in un impianto che contiene anche numerosi depositi di grandi quantità di rifiuti radioattivi e di movimentazione del combustibile Mox, plutonio.
La rivelazione ha fatto letteralmente imbufalire associazioni come Sortir du nucléaire che spiega: «secondo tutte le evidenze, l'esplosione sarebbe probabilmente legata ad un'interazione accidentale tra l'acqua di raffreddamento e il metallo del forno, probabilmente dovuta ad un'usura. Questo feniomeno avrebbe provocato una reazione violenta che avrebbe soffiato fuori dal forno del metallo radioattivo in fusione a 1600° C nel momento in cui un lavoratore era impegnato a rompere una crosta di metallo, provocando così la sua morte. Le porte della sala sarebbero state spazzate via dall'esplosione. Si tratta di un fenomeno ben conosciuto in metallurgia, è quindi davvero curioso vederlo avvenire in un sito stimato come altamente sicuro. Usura delle attrezzature o errore umano? In tutti i casi la stessa Asn aveva stabilito numerosi incidenti sul sito della Centraco in questi ultimi tempi e constatato che da qualche anno c'erano già "delle lacune nella cultura di sicurezza».
La questione in Italia è stata ripresa dalla Rete nazionale antinucleare (Rna) che ricorda che il 30 settembre la Commission de Recherche et d'Information Indépendantes sur la Radioactivité (Criirad) ha denunciato la sottovalutazione del rischio da parte dell'azienda e la connivenza, da parte degli esperti ufficiali. Rna sottolinea che «Il 23 settembre scorso il Criirad ha interpellato le autorità incaricate alla protezione dalle radiazioni e sicurezza nucleare, le Autorità di Sicurezza Nucleare, i Ministeri della salute, industria ed ecologia. Ha denunciato la segretezza degli elementi chiave del caso e la pubblicazione da parte dell'Irsn di un dato sorprendentemente basso (63 000 Bq) per l'attività di quattro tonnellate di rifiuti metallici presenti nel forno al momento dell'esplosione.
Il CRIIRAD ritene che la valutazione sia «assolutamente incompatible» con il valore di 8,5 Sv/h che sarebbe stato riscontrato sul corpo della vittima dell'esplosione, José Marin. Le informazioni sulle dosi vengono da una fonte indipendente, il Criirad pertanto è rimasto senza risposte e chiede chiarimenti».
Il 28 settembre, il Criirad è venuto a conoscenza, attraverso il sito web di Dauphine Libere, delle dichiarazioni del Procuratore della Repubblica incaricato alle indagini, Robert Gelli, che confermavano l'entità delle dosi riscontrate. «Pertanto il Criirad - spiega Rna - ha inviato ieri al Procuratore della Repubblica una lettera ufficiale sottolineando l'impossibilità di misurare un tasso di dose così elevato, se la contaminazione proviene da "rifiuti metallici leggermente contaminati" come sostengono l'ente gestore e l'Irsn e chiedendo che l'indagine preveda la realizzazione di una mappatura delle dosi analizzate in laboratorio al fine di stabilire l'effettiva attività di 4 tonnellate di rifiuti radioattivi».
Il Criirad ha poi letto il comunicato dell'Asn che riportiamo all'inizio dell'articolo che parla esplicitamente di un'attività di 30 MBq e non 63 kBq, e sottolinea che «Questa nuova valutazione è 476 volte superiore a quella che è stata diffusa sin dal 12 settembre».
Secondo i ricercatori indipendenti francesi «Queste informazioni sollevano delle domande molto pesanti: 1. Sarebbe stata pubblicata questa rivalutazione se il CRIIRAD non avesse interpellato ufficialmente, tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, le varie autorità il 23 settembre? 2. Come è possibile che l'esperto di Stato, l'Istituto per la Protezione Radiologica e la Sicurezza Nucleare, che era presente nel sito e che non ha nulla in comune con quelli del CRIIRAD, abbia ripreso appieno la valutazione dell'operatore senza alcun sospetto? La cifra di 63 kBq è stata pubblicata il 12 settembre dall' IRSN senza alcuna correzione successiva. 3. Quale credibilità offrono, per l'auto-monitoraggio del gestore, i dispositivi di controllo essenziali per l'installazione di Centraco? Da 63 kBq a 30 MBq, la differenza non è del 10 o 20%, ma quasi 500 volte!
Ed è altamente improbabile che si tratti di una combinazione sfortunata di circostanze che l'esplosione sulla singola partita di rifiuti sia sottovalutata da parte del gestore. Ricordiamo che il Criirad aveva studiato il piano per creare una istallazione a Centraco e una delle principali critiche mosse era il fatto specificamente incentrato sulla inaffidabilità del sistema di controllo dell'attività dei rifiuti. Diviene pertanto lecito chiedersi se la Centraco non stia funzionando in completa violazione delle regole che la governano come la violazione di limiti di emissione per gli inquinanti radioattivi e sostanze chimiche in atmosfera e nel Rodano. Se le emissioni effettive sono 10 volte o 100 volte come riportato nei comunicati. In ogni caso, l'operazione determinerà se la sottovalutazione dell'attività dei rifiuti è un'azione intenzionale dell'operatore o una mancanza di controllo dei materiali radioattivi utilizzati».
Qualunque sia la spiegazione, la scoperta è molto preoccupante e il Criirad ha deciso quindi di presentare un ricorso in tribunale che sarà probabilmente confermato col prossimo Consiglio di amministrazione dell'associazione, previsto per il 14 ottobre.

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