“No Bertolaso no party”: il Vaticano scopre la sobrietà

Domenica è prevista la visita pastorale di Benedetto XVI a Venezia. Un viaggio “all’insegna della sobrietà”, visto che i fondi messi in campo per eventi religiosi sono sempre meno, e la colletta promossa con discrezione tra Confindustria e fedeli ha dato meno frutti del previsto. Ma quello della visita a Nordest non è certo l’unico caso: la cinghia è più stretta da quando, alla Protezione Civile, non ci sono più Guido Bertolaso e la sua “cricca” e nella lista dei grandi eventi sono scomparse le grandi manifestazioni religiose.
Le gaffe di Benedetto XVI, monarca senza rete
Benedetto XVI
Benedetto XVI (afp)
Che per il viaggio del Papa a Venezia del prossimo fine settimana ci sia qualche problema, lo si era capito già mesi fa. Quando il sarto Stefano Zanella, titolare dell'atelier Decima Regio specializzato in paramenti sacri, aveva scritto una lettera al presidente della regione Veneto Luca Zaia. «Tutte le vesti e gli arredi liturgici - scriveva Zanella solleticando l’orgoglio etnico del governatore leghista - sono opera di maestranze esclusivamente venete con punte di eccezione quali le croci pettorali in vetro di Murano o i tessuti dei paramenti del Papa usciti dai telai di storiche botteghe veneziane». Il sarto snocciolava dati e cifre - alla messa papale di domenica otto maggio in Laguna parteciperanno ottanta vescovi, mille sacerdoti e duecento chierici che avranno bisogno di 2.400 pezzi di sartoria liturgica - e concludeva chiedendo a Zaia e al suo collega di partito, il presidente dell'unione delle Province venete Leonardo Muraro, un «segno tangibile di vicinanza al Santo Padre». Tradotto in soldoni, un contributo alla spesa complessiva prevista di 290mila e 400 euro.
La Lega non ha gradito e, prima che divampasse un incendio di polemiche, il patriarca di Venezia è dovuto intervenire come un pompiere. «La richiesta di fondi citata è un'iniziativa personale», «non promossa né autorizzata dal comitato organizzatore ufficiale della visita», hanno scritto i vescovi del Triveneto in una nota ufficiale. «Il criterio decisivo che sta guidando l'azione del Comitato organizzatore e i preparativi della visita è quello di offrire una calorosa, curata e semplice accoglienza al Santo Padre, ma senza chiedere speciali finanziamenti alle istituzioni pubbliche». A differenza delle frizioni in Lombardia, peraltro, Scola, ciellino, ha un ottimo rapporto con Zaia e il Carroccio del Veneto. Meglio, allora, non incrinarlo. E chiedere discretamente un aiuto alla locale Confinduastria, che si è vista invitata pressantemente a dare un contributo alla visita papale. Già a febbraio, intanto, i vescovi hanno lanciato una colletta tra i fedeli «per esprimere la propria personale vicinanza al Santo Padre». Risultato: 80 mila euro in una sola domenica. Parecchi, ma molto meno delle cifre solitamente mobilitate per la visita di un Papa. Tanto che, in una nota successiva, il patriarca Angelo Scola sottolineava che l'organizzazione seguirà «criteri di bellezza e sobrietà». Modo elegante per dire che i soldi non ci sono.
Perché il problema c’è e non riguarda solo il viaggio a Venezia. Ed è un problema ha un nome e un cognome: Guido Bertolaso. Con le indagini sui grandi appalti del G8, lo stop al progetto di Protezione civile Spa, e, infine, le dimissioni di Bertolaso, è caduto infatti in disuso lo strumento dei «grandi eventi» che, come recita la definizione ufficiale, richiedono «interventi urgenti, un coordinamento complesso, una rapida esecuzione e misure straordinarie per prevenire possibili rischi e per assicurare la tutela della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente». Negli anni scorsi molti dei ‘grandi eventi’ gestiti dalla Protezione civile di Bertolaso - come si legge sul sito internet del dipartimento della Presidenza del Consiglio ora guidata dal prefetto Franco Gabrielli - erano di natura religiosa. Per fare solo qualche esempio, dal 2001 al 2009 grazie a questa qualifica hanno ricevuto fondi pubblici (statali o locali) la canonizzazione del fondatore dell'Opus dei Josemaria Escrivà de Balaguer, quella di padre Pio e l'esposizione della sua salma, la beatificazione di Madre Teresa, la XX Giornata mondiale della gioventù, l'incontro nazionale di Azione cattolica, il IV centenario della nascita di san Giuseppe da Copertino, l'Agorà dei giovani a Loreto, l'anno paolino, l'incontro internazionale per la pace di Napoli coordinato dalla comunità di Sant'Egidio, le visite del Papa in Italia (Cagliari, Brindisi, Assisi e Bari per il XXIV congresso eucaristico nazionale). La cifra più impressionante è stata stanziata per le esequie di Giovanni Paolo II e l'intronizzazione di Benedetto XVI: 22.369.219,06 euro. Ora, però, il meccanismo si è rotto. Bertolaso ha mollato, alcuni suoi sodali sono finiti in carcere, la magistratura indaga sui torbidi scambi di favori che ruotano attorno agli immobili di Propaganda fide. E anche un cardinale, l’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe, ex prefetto della congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli ed ex ‘architetto’ del Giubileo del 2000, è stato iscritto nel registro degli indagati. Per il periodo 2010-2015, allora, solo tre i ‘grandi eventi’ sinora previsti: il 150esimo anniversario dell'unità d'Italia, l'expo di Milano del 2015 e – unico evento religioso - il prossimo congresso eucaristico di Ancona.
In generale, niente più grandi eventi da quando la “cricca” è caduta in disgrazia. Né per il viaggio del Papa a Venezia, né per altre trasferte in Italia, e neppure per quello che, solo pochi mesi fa, sarebbe stato il classico evento da appaltare alla Protezione civile: la beatificazione di Giovanni Paolo II dello scorso primo maggio. Il Vicariato ha minimizzato, puntualizzato, contestualizzato. Tanto il cardinal Agostino Vallini, vicario del Papa per Roma, quanto l'Opera romana pellegrinaggi, che ha avuto in gestione l'evento, hanno spiegato che il Vaticano non ha chiesto la copertura del “grande evento” per Wojtyla solo per rispetto della crisi che colpisce tante famiglie. "Vista la situazione economica non abbiamo voluto gravare sull'erario", è stata la linea ufficiale adottata in Laterano. Ma, all'avvicinarsi dell'evento, il nuovo capo della Protezione civile, il prefetto Franco Gabrielli, ha abbandonato le cautele diplomatiche. E, in un'intervista al Messaggero, ha detto chiaro e tondo: «I cosiddetti Grandi Eventi non sono stati un'esperienza del tutto positiva». La beatificazione di Wojtyla? «Non siamo impegnati perché il nostro Paese è fatto così: la dicitura stessa di Grande Evento ha ormai acquisito la connotazione di cosa da cui rifuggire e quindi, su espressa indicazione del Vicariato, si è ritenuto di non procedere».
La protezione civile, in realtà, alla fine ha partecipato all'evento con 4mila volontari, ma ciò non ha impedito al prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro di rivendicare un successo organizzativo "effettuato, per la prima volta negli ultimi anni, senza il coordinamento della Protezione civile". Coda polemica a cui si è aggiunto uno schizzo velenoso diametralmente opposto. Giancarlo Lehner, deputato di maggioranza abituato a dar voce allo stomaco del mondo berlusconiano, ha addossato al prefetto Gabrielli la responsabilità di una “disorganizzazione militante” ed una “figuraccia mondiale”, per poi concludere: “Aridatece Bertolaso!”. Piccata la reazione della Protezione civile: «Nella giornata della beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, l’utilizzo strumentale di un presunto 'flop mondiale' per colpire il Capo Dipartimento, oggi la trionfalistica esaltazione di 'un successo' per sottolinearne, quasi in termini liberatori, che se n’era fatto a meno», si legge in una nota ufficiale del due maggio. «Resta il rammarico che una importante istituzione del Paese sia utilizzata per bassi interessi di bottega invece di cercare, al di là degli errori - passati, presenti e futuri - di preservarla come patrimonio dell’intera collettività Nazionale».
La vicenda segnala, al di là delle idiosincrasie personali, che il finanziamento degli eventi religiosi è una matassa difficile da districare. Per sostenere la beatificazione di Wojtyla senza San Bertolaso, il Vicariato ha fatto ricorso ad una lunga lista di sponsor privati. Hanno dato “sostegno” alla beatificazione di Wojtyla - come si legge in un cartoncino diffuso ad aprile dall'Opera romana pellegrinaggi (Orp) - Intesa SanPaolo, Eni, Unicredit, AnsaldoSTS, Monte dei Paschi di Siena, e inoltre Enel, Istituto poligrafico dello Stato, Vodafone, Bnl, gruppo Caltagirone, Terna, Poste italiane. C'è stata poi la “partecipazione” di Fiamm, Bpm, Autogrill, Acea. Ci sono stati infine gli accordi con Trenitalia e Alitalia. Una platea ampia e importante, che però - come emerge dai dati forniti dal sindaco di Roma Gianni Alemanno - non ha raccolto somme consistenti. Per la beatificazione, infatti, il contributo dell'Orp sarebbe stato di soli 370mila euro. Il Campidoglio, da parte sua, ha stanziato 4,6 milioni di euro. Ma se la diocesi ha raschiato il fondo del barile, al Comune pesano i tagli al bilancio degli ultimi anni. I soldi, ancora una volta non ci sono.
E così Alemanno ha preso carta e penna ed ha scritto al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta per chiedere un consistente rimborso. Da Palazzo Chigi è giunta la rassicurazione che nella manovra di giugno verrà inserita una voce di bilancio al riguardo. La beatificazione, ha assicurato Alemanno, è stata «una cosa molto sobria». Stesso termine – sobrietà - usato da Scola per la prossima visita del Papa a Venezia. Perché se i soldi non ci sono, né in Vaticano, né a Palazzo Chigi, né nelle casse dei Comuni in cui, da oggi ai prossimi anni, il Papa si recherà, l’unica cosa certa sarà la sobrietà.

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