Il PD vuole dare l'acqua alle banche

 
acqua banche.jpg  Cito un'intervista del Corriere della Sera a Stefano Fassina, responsabile economico del Partito Democratico, del 27 aprile scorso. Dopo aver (confusamente) esposto le proposte di politica economica del PD (che già sono belle confuse di loro), l'ultima domanda si concentra sul prossimo referendum sulla gestione del servizio idrico (quello che i truffatori chiamano "per l'acqua pubblica", come testimonia una sentenza della Corte Costituzionale). Fassina risponde così:
Domanda: Bassanini ritiene un errore il referendum (...)
Risposta: Ha ragione, noi però siamo per tenere il referendum per valorizzare l'acqua come risorsa pubblica (...) Non siamo per l'esclusione dei privati.
Nel passaggio che non ho citato (per ragioni di spazio) Fassina vagheggiava la creazione di un'Authority, di cui parlo da tempo, ma che non viene mai citata nei quesiti referendari, quindi è una proposta abbastanza campata in aria.
Cosa vuol dire, dunque, la risposta di Fassina? Che il PD ritiene un errore tenere il referendum, ma lo sostiene e lo pubblicizza. Che il PD è a favore dell'intervento privato nella gestione del servizio idrico (e chi segue questo blog lo sa già), ma appoggia anche un referendum anti-privati. Che in quel referendum sarebbe per il No (come disse in un'intervista a Repubblica il segretario Bersani) ma voterà Sì. Che voterà per un referendum che chiede una cosa, ma in realtà ne vorrà dire un'altra (e a proposito: che diavolo significa "valorizzare l'acqua come risorsa pubblica"? Voglio ricordare che nell'art. 23 bis del decreto Ronchi, che il referendum vuole cambiare, c'è scritto esplicitamente che l'acqua resta un bene pubblico).
Cosa succederebbe, allora, se vincesse la linea di Fassina? Se vincessero i Sì al primo quesito sull'acqua (quello che va contro le gare pubbliche per l'assegnazione del servizio), entrerebbe automaticamente in vigore la direttiva europea sui servizi pubblici a rilevanza economica, come è scritto nella sentenza di ammissione del quesito della Corte Costituzionale (non c'è reviviscenza delle norme precedenti, infatti). Quella direttiva dice, più o meno, cose simili al decreto Ronchi, quindi si faranno comunque le gare pubbliche, a cui potranno partecipare soggetti privati (o a proprietà mista). Questi soggetti privati potranno vincere quelle gare (e in molti casi lo faranno). Poi?

Poi, per colpa del secondo quesito referendario, quegli stessi soggetti non potranno avere una adeguata remunerazione degli investimenti fatti. Cioè, non potranno, in teoria, guadagnarci. Ma, secondo la legge, i soldi investiti dovranno comunque tornare nelle loro tasche. Un bambino di seconda elementare si chiederebbe, a questo punto, quali privati potrebbero mai avere interesse a gestire un servizio senza poterci guadagnare, e si darebbe facilmente la risposta (figuriamoci se non se la darebbe un bravo economista come Fassina).
Ovviamente, le prime ad accorrere sarebbero le società che in qualche modo avrebbero da guadagnarci negli investimenti sulle reti. Se io, ad esempio, fossi un produttore di tubature, correrei ad accaparrarmi il servizio: peccato che questo porterebbe un mare di conflitti di interessi, che il PD, in teoria, dovrebbe contrastare, ma che invece favorirà, appoggiando il referendum.
Dove non arriverebbero le società in conflitto di interessi, arriverebbero le banche. Sempre secondo la legge, le banche possono finanziare fino al 100% degli investimenti, e lo Stato deve garantire la restituzione, dunque, non solo dell'investimento stesso, ma anche degli interessi collegati. Visto che, a parte i casi già citati, nessun imprenditore è così stupido da investire soldi propri in attività non redditizie, sarà facile, per tutti, ricorrere a un finanziamento del 100%, i cui interessi andranno a rimpinguare le casse delle banche e ad aumentare il debito pubblico. Inutile dire, ovviamente, che le banche avranno un potere sugli investimenti e sulla gestione della rete che nessuno può immaginare. Seguendo le ricette dei referendari e (purtroppo) del PD, l'acqua andrebbe così a finire nelle mani delle banche ben presto. E Fassina non può ignorare questa eventualità, quindi, da responsabile economico del principale partito di opposizione, se ne assume tutta la responsabilità.

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