Una mattina al Monte dei Pegni


Continua il nostro viaggio all'interno della nuova povertà, un fenomeno che tende ad abbracciare una fascia sempre più ampia della popolazione e che si sta espandendo a classi sociali che prima ne erano escluse. Dopo aver girato e raccontato dalle pagine del giornale La Vera Cronaca la situazione nei mercati rionali di Roma, ottenendo un quadro piuttosto completo che dimostra effettivamente quanto il fatto sia reale e tangibile, ci siamo recati al Monte dei Pegni di Roma e vi abbiamo trascorso una mattinata intera per assistere a ciò che avviene quotidianamente in quel luogo dove la gente impegna i propri beni ottenendo in cambio un prestito in denaro. La sede di Monte di Pietà, o più prosaicamente Monte dei pegni, sorge nel pieno centro di Roma a pochi passi da Campo dei Fiori, in un palazzo antico ed elegante; arriviamo di prima mattina, verso le nove, e già troviamo molta gente ad attendere in fila, con il numeretto, che arrivi il proprio turno. Non riveliamo la nostra identità di giornalisti, potremmo non essere graditi all'interno dell'edificio dove tra l'altro è vietato scattare foto, e ci mettiamo in coda con gli altri.  "Apriamo prima delle nove" ci dice una guardia giurata responsabile della sicurezza "ma dalle sette e mezza iniziamo a dare i numeretti." In realtà ancora non sembra esserci troppa fila, la stessa guardia ci conferma che di solito la situazione è ben più caotica. Appena varcata la soglia del portone veniamo spinti immediatamente nella nuova realtà assistendo alla discussione tra due persone di mezza età, italiane, che hanno appena fatto stimare un oggetto: "me lo hanno valutato solo mille euro!" Esclama uno dei due brandendo un prezioso di fronte agli occhi del suo interlocutore. E' appena l'inizio; al piano di sopra nella sala dove vengono stimati gli oggetti di valore, prendiamo posto in sala di attesa aspettando il nostro turno, nel frattempo scambiamo qualche opinione con i presenti. C'è un po' di tutto, dalla signora pensionata alla coppia di mezza età, dalle ragazze poco più che ventenni carine e ben vestite a uomini parecchio avanti con gli anni per finire persino ad un gruppetto di tre ragazzi appena diciottenni rigorosamente vestiti secondo le mode adolescenziali.
Ci sediamo vicino ad una signora che è lì accompaganta dalla madre anziana; chiediamo qualche informazione su come funziona e ci risponde accuratamente essendo una frequentatrice piuttosto assidua di quel luogo. E' da tre anni infatti che ha impegnato alcune pietre preziose ed ogni volta che scade la polizza (3 mesi) lei le riimpegna immediatamente non potendo permettersi di riscattarle. Ci dice che da quando ha perso il marito ha bisogno di soldi, e che l'unico modo è quello aspettando il giorno che potrà riprendersele per lasciarle ai nipoti. Viene spesso al Monte e vi si muove con disinvoltura, alla  fine riesce anche a dispensare una battuta sulla sua situazione: "sa che le dico? Le pietre stanno più al sicuro qui che a casa, almeno so che qui dentro non me le tocca nessuno." Nel frattempo prosegue il via vai di gente che entra, prende il numeretto ed attende il proprio turno: l'impressione iniziale si consolida sempre più, è difficile identificare una tipologia esatta del frequentatore del luogo, si vede gente di ogni tipo, età, aspetto, classe sociale. Solo la nazionalità sembra offrire più certezze, in una mattinata intera abbiamo avuto modo di identificare solo una donna di origine rom, gli altri sembrano essere tutti o quasi italiani. Una signora anziana ci chiede intanto informazioni poichè, afferma con un po' di vergogna, è la prima volta che viene lì e non sembra perdonarselo: "non doveva succedere una cosa del genere". Da quando siamo arrivati sono stati già chiamati quasi cento numeri, un dato non trascurabile per quella che ci è stata indicata come una mattinata piuttosto tranquilla rispetto alle altre e che ci fa capire perchè si parli oggi di un nuovo boom del Monte dei Pegni. La gente evidentemente preferisce rivolgersi a questo istituto piuttosto che ad altre forme di prestito, malgrado la roba qui venga valutata molto poco; "circa un terzo di quello che vale realmente" ci dice una signora "ma per me è meglio così, almeno quando dovrò venire a riprendermela non dovrò sborsare una grossa cifra." Già, semplicemente la stessa cifra avuta in prestito più chiaramente gli interessi e la somma per il deposito dei beni impegnati. Mentre dietro di noi una ragazza molto giovane discute con la madre su come adoperare i soldi che otterranno da una collana d'oro, la nostra attenzione viene attirata da un signore di mezza età, molto distinto e gentile; per lui è la prima volta lì, ma è già stato da altri istituti analoghi dove, afferma con sicurezza, "valutano meglio la merce". Sta impegnando una pelliccia appartenuta a sua moglie, ora che lei non c'è più non sa cosa farsene, ci dice di essere un ragioniere e di avere un lavoro ma di far comunque fatica ad arrivare a fine mese. 
Lasciamo l'edificio verso fine mattinata dopo aver visto e sentito diverse storie; nel raggiungere l'uscita passiamo davanti alla sala dove si svolgono le aste che assegnano al miglior offerente gli oggetti non riscattati. In tre si stanno contendendo a suon di rilanci una catenina d'oro ed un anello appartenuti chissà a chi, dal portone principale la gente continua ad entrare ed uscire senza sosta, passo spedito ma con aria del tutto indifferente. Varcano la soglia, salgono i gradini, attendono con pazienza il loro turno. Escono con un gruzzolo di soldi, un foglio a scadenza tre mesi e la speranza più o meno celata di riuscire a saldare il debito per riprendersi quanto lasciato.

                                                                                                                                                                             Pierfrancesco Palattella

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