Doppia autopsia, giallo sulla morte di De Grazia


Vincenzo Mulè
ECOMAFIA. Il capitano di corvetta indagava sulle navi dei veleni. Rivelazioni e smentite dopo l’audizione del maresciallo Scimone. Il Wwf: «Bene la riapertura dell’inchiesta su Ilaria Alpi».
Non solo Ilaria Alpi. L’audizione del maresciallo dei carabinieri Domenico Scimone in Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha aperto un altro giallo. Quello relativo all’autopsia di Natale De Grazia, il capitano di vascello morto sull’auto di servizio mentre dalla Calabria viaggiava verso La Spezia per  continuare le indagini sui traffici. «Fu un momento tragico per me e per tutto il gruppo di lavoro – ha ricordato Scimone – Con Natale De Grazia eravamo cresciuti insieme. E la sua morte fu uno choc, che però non mi impedì di essere presente al momento dell’autopsia. Ho ricordi annebbiati di quella giornata – continua Scimone – ma posso tranquillamente dire che al momento dell’autopsia era presente il dottor Aldo Barbaro di Reggio Calabria».

L’autopsia a Natale De Grazia venne eseguita due volte. La prima, a circa sette giorni dal decesso. Agli esami autoptici non venne concesso di assistere al consulente medico della famiglia che chiese di ripetere gli esami. La seconda autopsia fu assegnata allo stesso perito che condusse la prima e i risultati di questi ulteriori esami, che confermarono ovviamente i dati della prima, furono trasmessi alla famiglia dopo circa dieci anni. A condurre l’esame del corpo di Grazia fu, in entrambi i casi, la dottoressa Simona Del Vecchio di Roma. «Ricordo esattamente la scena del professor Barbaro che faceva le fotografie del corpo di De Grazia». Contattato dal giornalista del Manifesto Andrea Palladino, il professor Barbaro ha smentito in maniera decisa la sua presenza: «Natale De Grazia era un mio amico – ha ricordato il professore – e se fossi stato presente all’autopsia lo ricorderei di certo. A maggior ragione, se fossi stato presente, avrei scritto una relazione sul lavoro svolto».

Risentito da Terra, Scimone è rimasto molto sorpreso nell’apprendere della smentita di Barbaro. Anche se alla questione non ha dato molto peso: «Sono trascorsi molti anni, è difficile ricordare le cose». C’è da segnalare che anche il procuratore Neri, titolare dell’indagine prima che la stessa per competenza venisse spostata alla Dda di Reggio Calabria, aveva smentito il racconto di Scimone circa il materiale sequestrato nella villa di Giorgio Comerio, l’imprenditore che presentò a diversi capi di Stato il suo progetto di smaltimento dei rifiuti nucleari nei fondali marini attraverso il ricorso a siluri. Scimone, come ha raccontato ieri Terra, racconta di aver sequestrato un lancio dell’agenzia Ansa sulla morte di Ilaria Alpi. Fino ad ora, invece, la procura di Reggio Calabria aveva sempre sostenuto che in casa di Comerio venne sequestrato il certificato di morte di Ilaria Alpi.

«Non mi muovo di un centimetro da quello che ho sempre detto», ha ribadito ieri Neri. Confermando la versione del certificato di morte. Un giallo che, come detto, ha portato alla riapertura delle indagini sulla morte dei due giornalisti italiani. Un’iniziativa condivisa dal Wwf, che si è detto «molto soddisfatto» della decisione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, di riaprire le indagini sulla morte di Ilaria Alpi.

Commenti