Albania, Egitto, Algeria: “Ecco le altre Tunisie”

La rivolta del pane partita dal Maghreb potrebbe espandersi. E servire da lezione per tutti i paesi arabi sottoposti a regimi autocratici.
Venti di rivolta spirano sul Maghreb islamico. Gli stati musulmani retti da regimi autocratici ormai da molto tempo potrebbero prendere esempio dalla Tunisia. Sebbene molti osservatori internazionali si erano detti scettici sulla propagazione dei disordini dallo stato dell’Africa Mediterranea ai confratelli nel bacino del Mare Nostrum, i segnali, le avvisaglie di un regime change in questi paesi ci sarebbero tutti.
SCONTRI A TIRANAPrimo e più importante esempio l’Albania, che ieri si è riversata nelle piazze di Tirana per chiedere un miglioramento delle condizioni di vita. Anche qui, come in Tunisia, il debole governo conservatore ha promesso alcuni miglioramenti, che la popolazione ha tutta l’intenzione di non considerare sufficienti.
La cronaca ufficiale racconta di una manifestazione di piazza indetta Partito socialista, all’opposizione, contro il governo di Berisha. Almeno ventimila persone rispondono all’appello e ieri pomeriggio, verso le 14, si radunano nella piazza principale di Tirana. Il palazzo del governo, a poche centinaia di metri, è difeso da 400 poliziotti in tenuta antisomossa e da numerosi mezzi blindati. La folla dei manifestanti non ha intenzione di assaltare la sede governativa ma si avvicina lanciando slogan che invitano alle dimissioni. Volano alcune pietre e bottiglie verso gli agenti che reagiscono con un fitto lancio di lacrimogeni. Gli scontri degenerano in guerriglia: altri lanci di pietre, pezzi di ferro, di cemento e mattoni. Entrano in azione i blindati, muniti di idranti sulle torrette che sparano forti getti di acqua per disperdere la gente.Sette agenti e oltre venti manifestanti restano feriti. Poi, i primi colpi di arma da fuoco. Colpi secchi. Tre persone restano a terra. Uccisi da distanza ravvicinata. La tensione è alle stelle. Solo l’intervento del sindaco di Tirana, Rama, leader dell’opposizione, riesce a contenere una reazione ancora più violenta. Invita alla calma la folla, anche se per l’ennesima volta invoca le dimissioni del governo accusato di corruzione.
Così Repubblica. La rivolta avrebbe preso le mosse da una storia che avevamo raccontato anche su queste pagine: quella del vicepremier Igir Meta beccato dalla locale edizione di Striscia la Notizia a contrattare con un suo sodale l’assegnazione di un appalto ad una società amica.
L’opposizione socialista che non ha mai riconosciuto l’esito elettorale delle legislative del 2009, denunciando delle frodi, chiede le dimissioni dell’intero governo e nuove elezioni. Il premier Berisha, come capita spesso, ha parlato di complotto. Perfino di fronte all’evidenza delle immagini ha sostenutoche si trattava di un abile fotomontaggio e indicato proprio il sindaco come l’autore del falso. Tre giorni fa la situazione è degenerata in Parlamento. Maggioranza e opposizione sono venute alle mani. Neanche le dimissioni dell’ex vice primo ministro Meta, ha calmato la rabbia delle opposizioni che hanno deciso di scendere in piazza.
Così, l’Albania si sveglia.
TUMULTI IN ALGERIANon sarebbe la sola. Foreign Policy pubblica oggi un dossier sulle “nuove Tunisie”, i paesi del bacino arabo che sarebbero pronti a risvegliarsi.
Si parte dall’Algeria. Abdelaziz Bouteflika è presidente del paese fin dal 1999. Nel 2009, ha modificato la costituzione per autoattribuirsi il diritto di correre per il terzo mandato ed è stato eletto con maggioranza bulgara in una competizione boicottata dall’opposizione. (…) Come in Tunisia, le rivolte contro i prezzi dei generi alimentari e la disoccupazione endemica sono scoppiate in Algeria ai primi di gennaio. La rivolta è stata diffusa quando il governo ha annunciato un incremento nei prezzi di latte, zucchero e farina. Migliaia di giovani si sono ribellati nella città di Algeri, tirando sassi alle forze di sicurezza e dando alle fiamme una stazione di polizia. L’Algeria fornisce il 20% dei bisogni di gas dell’Europa, e i cittadini sono sempre più frustrati dal fatto che i profitti non vengano divisi equamente.
Un regime incancrenito; un paese potenzialmente molto ricco e florido; prezzi dei beni vitali che salgono: sembra la Tunisia, ma è l’Algeria.
L’EGITTO E GLI ALTRI – E non basta. Lo scontento serpeggia nell’Africa sub-Sahariana. L’Egitto del presidente Hosni Mubarak sarebbe nella lista dei prossimi ad esplodere. Il “faraone”, vecchio stanco, governa “con l’aiuto di una legge speciale prorogata indefinitamente che gli consente di manipolare in maniera abbastanza libera il gioco politico”.
L’Egitto ha assistito ad un onda di autoimmolazioni recentemente, quando cittadini stremati hanno tentato di duplicare le proteste popolari causate dal suicidio di Mohamed Bouazizi (l’ambulante tunisino che si è dato fuoco, facendo partire la rivolta, ndr). La terza immolazione è arrivata quando un 25enne si è dato fuoco sul piano più alto di un palazzo di Alessandria. E’ morto per le ferite. Poco prima, un 40enne avvocato ha provato a darsi fuoco al Cairo. (…) Il ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, comunque, ha scaricato furiosamente ogni ipotesi che la rivolta tunisina potesse allargarsi, bollandole come “nonsense”, lamentandosi del fatto che chi ipotizzava un collegamento stava “avendo solo idee fantasiose e rischiando di infiammare la situazione”. Altri politici egiziani la pensano diversamente. Il già candidato alla presidenza Mohamed ElBaradei ha detto che il cambiamento in Egitto sarebbe stato “Inevitabile” a seguito degli eventi tunisnini.
Come dice il New York Times questa mattina, il rischio è che da “un solo fiammifero”, quello che ha tolto la vita a Bouazizi nella città tunisina di Sidi Bouziz, possa partire l’ondata di libertà che cambierà il mondo islamico. Oltre ad Algeria ed Egitto, per FP sarebbero della partita anche la Giordiania, il Sudan e la Libia del colonnello Gheddafi.

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