Da Parma a Roma si accende il dibattito sugli inceneritori

inceneritore
Nel 2005 per smaltire le tonnellate di rifiuti dei cittadini, la Provincia di Parma propone di dotare il territorio di un inceneritore
Si farà o non si farà l'inceneritore di Parma? La questione è negli ultimi giorni oggetto di un botta e risposta tra Pietro Vignali, sindaco della città, e Andrea Viero, amministratore delegato di Iren Ambiente, azienda che dovrebbe occuparsi della costruzione dell'impianto. Al primo cittadino che chiede chiarezza sui costi effettivi, Viero risponde sollecitando una presa di posizione: “il sindaco Vignali ci dica se il termovalorizzatore si fa oppure no. Ma si sappia che ad oggi abbiamo già appaltato lavori per 120 milioni di euro e che se il termovalorizzatore non si farà i danni ad oggi sarebbero di 80 milioni di euro, di cui chiederemo il ristoro, visto che il gruppo si è esposto”.
La vicenda nasce nel 2005 quando, per smaltire le tonnellate di rifiuti dei cittadini, l'ente Provincia propone di dotare il territorio di un inceneritore. Un anno dopo viene quindi identificata dal Comune l'area cittadina per la costruzione: l'area di Ugozzolo, al fianco di grandi industrie come la Barilla. Nell'ottobre 2008 la provincia concede all'allora multiutility dei servizi Enia, oggi Iren, l'autorizzazione per la realizzazione dell'inceneritore che produrrà anche energia termica, costerà 180 milioni di euro e ingoierà 130 tonnellate di spazzatura all'anno. Tutto, insomma, sembrava deciso. Eppure, oggi, le dichiarazioni del sindaco di Parma ed i suoi dubbi circa i costi dell'inceneritore fanno pensare che la questione è tutt'altro che definita.
Nel frattempo cresce il numero dei cittadini che dicono “no” alla costruzione dell'impianto. Come ha infatti dichiarato a Repubblica.it Gabriele Folli, del comitato Gestione Corretta rifiuti 'No inceneritore', l'impianto apporterebbe danni sia alla salute umana che all'economia di Parma, basata sui prodotti agro-alimentari.
Gestione corretta dei rifiuti e grandi impianti sono argomenti all'ordine del giorno anche a Roma dove si discute del post-Malagrotta, la discarica più grande d'Europa con quasi 5.000 tonnellate di rifiuti scaricate ogni giorno. La discarica di Malagrotta verrà chiusa ma, probabilmente, questo non comporterà nessun cambio di strategia nella gestione romana dei rifiuti: al centro del dibattito vi è infatti l'individuazione dell'area dove localizzare una nuova discarica.
In una conferenza sui rifiuti organizzata da Federlazio, Manlio Cerroni, presidente della Colari e proprietario dei terreni di Malagrotta ha avanzato la candidatura di un altro suo terreno a Monti dell'Ortaccio, non lontano da Malagrotta, tra i territori di Ponte Galeria e Malagrotta stessa.
Secondo il consigliere regionale del Lazio Marco Di Stefano si tratta di una “folle proposta” ed “una provocazione bella e buona” a tutti i cittadini che vivono in quella zona.
“Forse qualcuno dimentica troppo in fretta i pesanti oneri che i nostri concittadini si caricano da anni su quel territorio, dove al di là dei servizi, non manca proprio nulla – afferma Di Stefano - e mi riferisco oltreché alla più grande discarica esistente in Italia, al termovalorizzarore di recente costruzione, alla raffineria di porfina, alle immense aree devastate dalle cave, ai campi nomadi abusivi presenti e futuri secondo le intenzioni della Giunta Alemanno e chi più ne ha più ne metta. Soltanto proporre Monti dell'Ortaccio vuol dire voler istigare i residenti ad una rivolta ed a un vero conflitto sociale, al quale d'altronde sono abituati da diversi anni, ma che questa volta, mi permetto di sottolineare, sarebbe veramente ad alto rischio”.
A.P.

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