Elena, un anno senza supermercato

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Pochi giorni fa la nostra giornalista di redazione Elena Tioli ha festeggiato un anno senza mettere piede in un supermercato. Da intervistatrice ad intervistata, è lei a raccontare oggi la sua esperienza lontana dalla grande distribuzione. «Non andarci mi fa stare bene. So da dove arriva quello che mangio e come vengono fatti i prodotti che utilizzo. Mi piace decidere in che tasche far finire i miei soldi, evitando di finanziare multinazionali e, nel mio piccolo, dando una mano a forme di produzione alternativa, più sostenibile e giusta».

di Massimo Nardi 

E’ lei a raccontare e a scrivere dalle colonne de Il Cambiamento la maggior parte delle storie di chi ha avuto il coraggio di cambiare vita, lavoro e stile di vita. Classe 1982, modenese di nascita ma romana di adozione,Elena Tioli è entrata a far parte della redazione del nostro giornale nel 2015, anno in cui aveva già iniziato il suo percorso di cambiamento: vivere senza entrare in un supermercato. Un cammino che racconta quotidianamente nel suo blog, Vivi Come Mangi, e che oggi prende vita sotto forma di intervista, esattamente nel giorno del suo primo “anniversario”.

Elena, il 2 gennaio 2016 hai festeggiato un anno senza entrare in un supermercato. Com'è nata questa idea?
Ero in un supermercato a Palma di Maiorca e camminavo per le corsie. Ad un certo punto, mi è caduto l’occhio in uno di quei grandi contenitori frigo per la carne: c’erano dei maialini interi, piccoli, perfettamente integri, con gli occhi chiusi, sottovuoto. Non mi era mai capitato in Italia di vedere niente del genere. Sembrava dormissero. Lì per lì ho pensato all’assurdità di quella situazione, ai danni collaterali che scaturiscono dal semplice gesto del consumare. Ma, soprattutto, ho pensato a quanto le nostre piccole scelte economiche possano influire sull’intero sistema. Sono profondamente convinta che, più di qualsiasi voto o protesta, le cose si cambino quotidianamente al supermercato e a tavola, senza aspettare interventi dall’alto e senza delegare a terzi le nostre responsabilità. Così mi sono detta: “Perché non fare qualcosa di davvero concreto?”. E nel mio piccolo ho deciso di farlo.

Nella quotidianità pratica, quali sono stati i tuoi primi passi? E quali le difficoltà che hai incontrato?
Ovviamente ho dovuto rivedere un po’ le mie abitudini. Non andare al supermercato per me ha significato, innanzitutto, boicottare le multinazionali, i prodotti inutili, quelli tossici per la salute e per l’ambiente, quelli a lungo chilometraggio e con tanti imballaggi, quelli confezionati in condizioni di lavoro discutibili. Quindi, tutta la mia vita, che fino a qualche anno fa si sarebbe potuta definire da “perfetta consumatrice”, da gennaio è stata rivoluzionata. All’inizio non è stato facile; comprando prevalentemente tramite il gruppo d’acquisto solidale o online ho dovuto imparare a fare i conti nel medio-lungo periodo, imparare come conservare gli alimenti, destreggiarmi nell’autoproduzione (questa sconosciuta!) e a tamponare l’emergenza. Se una sera ti capitano amici a cena, come si fa? Per fortuna s’impara in fretta. E, anche grazie al felicissimo incontro con il Movimento della Decrescita felice di Roma e con alcune streghette dell’autoproduzione come Lucia Cuffaro e Stefania Rossini, questo modo di fare e di vivere ben presto è diventato davvero la norma. E non solo per il cibo.
Capitolo spesa alimentare: come ti organizzi? E cosa compri?
Sulla spesa alimentare la cosa che più mi ha aiutata è stato il Gas, il Gruppo d’acquisto solidale con cui compro quasi tutto. Ogni settimana arriva verdura e frutta naturale e a chilometro zero. Saltuariamente si ordinano i prodotti di più lunga conservazione come pasta, riso, farina e molto altro ancora. Per altre cose e per le emergenze mi rivolgo ai negozi dove si acquista sfuso. Questi negozi sono ricchissimi di materie prime, alimenti, prodotti per l’igiene, spezie etc. che, però, vengono venduti sfusi: si porta da casa il contenitore che di volta in volta viene riempito così da ridurre tantissimo i rifiuti e l’impatto ambientale di ciò che acquistiamo. Poi ho riscoperto i mercati e i piccoli negozietti (scelti sempre con molta cura e a seconda di cosa offrono). Cerco di evitare i prodotti confezionati, raffinati, già pronti, ricchi di conservanti e i derivati animali. Questa non è una questione strettamente legata all’andare o meno al supermercato. Lo faccio per me e per l’ambiente. Sicuramente la decisione che ho preso mi ha costretto a prediligere le materie prime e a non sprecare ma anche a riscoprire cibi, prodotti e metodi che prima non consideravo e di cui ora non potrei fare a meno.

E per quanto riguarda i beni per l'igiene personale e della casa?
Tasto dolente! Io adoravo comprare shampoo e bagnoschiuma profumati ed economici! Per non parlare di creme, profumi, balsami… insomma il peggio del peggio. Un mix di sostanze chimiche, sintetiche e derivati dal petrolio. Ora faccio tutto con un buon sapone di Aleppo, saponette naturali, deodorante autoprodotto o allume di potassio. Da mesi ho iniziato ad utilizzare la coppetta mestruale, un ottimo acquisto di 22 euro che ha ridotto quasi a zero l’impatto ambientale - nonché economico - del mio ciclo. Per la casa ho scoperto che con tre magici prodotti si possono fare tantissime cose: acido citrico (brillantante, anticalcare e ammorbidente), aceto (per pulire e disinfettare vetri e superfici), bicarbonato (per fare detersivi, deodoranti e pulire il forno). Insomma, un risparmio non da poco: economico, ecologico e per la salute.

Domanda secca. I supermercati son tutti da evitare o salvi qualcosa?
Più che i supermercati è da evitare tutto ciò che vi si trova dentro e la mentalità per cui esistono: sono da buttare gli imballaggi e i conservanti, i chilometri percorsi dalle merci da una parte all’altra del mondo, la disposizione dei prodotti sulle scaffalature pensata apposta per indurti a comprare in eccesso, l’idea del consumo compulsivo come stile di vita. E’ da buttare il superfluo, il dannoso e l’inutile.
Quanto risparmio economico si può quantificare?
Di certo quest’anno ho messo da parte un po’ di soldini, cosa che prima raramente mi capitava, ma non so dire una cifra precisa. Per farti qualche esempio: un litro di ammorbidente (brillantante o anticalcare) mi costa sui 20 centesimi, un deodorante 30 centesimi, il pane per una settimana, fatto in casa con farina integrale e pasta madre, sui due euro. Ma, soprattutto, credo sia stato l’ambiente a guadagnarci di più. Prima di intraprendere questo percorso, una delle cose che odiavo maggiormente era svuotare i cesti dell’immondizia: erano sempre pieni di plastica, carta, imballaggi, cose inutili. Ora non si riempiono mai. Sono lì, quasi sempre vuoti, a ricordarmi che basta poco per ridurre davvero il nostro impatto ambientale, la nostra impronta ecologica e il nostro insano egoismo. Certo, da sola non farò la differenza… ma pensa se, oltre a me, nel 2016 portassero avanti lo stesso proposito in altri dieci, cento, mille?

Per adottare questo stile di vita, c'è bisogno di molta informazione. Tu ti occupi di comunicazione e vivi a Roma dove puoi trovare di tutto. Ma una persona comune, che vive in provincia e che voglia cambiare stile di alimentazione si può trovare in difficoltà. Tu cosa le consiglieresti?
In realtà, io vivo a Roma solo da qualche anno e per esperienza personale posso dire che uno stile di vita più sostenibile nei piccoli paesi potrebbe essere ancora più facile. In campagna si può acquistare direttamente dai contadini o magari farsi un orto. In questi posti si conoscono ancora le antiche tradizioni e imparare l’arte del saper fare è ancora alla portata di chiunque. Nei luoghi in cui ci si conosce tutti dovrebbe essere più facile organizzarsi in gruppi di acquisto, dividere le spese e i mezzi. Ovviamente, certi percorsi non sono fattibili da tutti ed è un bene che sia così: ognuno sceglie la propria strada e i propri modi. Ma non credo che il piccolo paese o l’età siano una scusante per non praticare un vivere più sostenibile. Non so chi ha detto che “nell'era dell'informazione, l'ignoranza è una scelta”, comunque sono d’accordo.

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