Finalmente in Italia

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Fin dal Rinascimento le persone hanno abbandonato il Nord per il Sud, in certi casi senza più tornare indietro.  Alcune tra queste persone sono diventate proprietarie di paesini che sembrano essersi appena risvegliati dal sonno della Bella Addormentata o hanno acquistato uliveti, frantoi e vigne.
 “Da 200 anni a questa parte siamo ospiti degli italiani ma quando si coltivano olive con loro e ci si siede a tavola tutti insieme, si parla e si ride, ci si sente accettati, ben voluti. E’ così che, poi, loro ti prendono a cuore.” Chi potrebbe saperlo meglio di Joachim Blüher? A Roma si occupa di un luogo in cui si coltiva la nostalgia per il Bel Paese. All’accademia tedesca “Villa Massimo” arrivano, grazie a delle borse di studio, artisti con lo scopo di comprendere l’essenza del dipingere, del fare poesia o del comporre in mezzo ai colori, ai profumi, alla gente e alla musica dell’Arcadia. Alcuni tra questi artisti alloggiano nella dependance Casa Baldi, situata a Olevano Romano, sulle colline a sud-est della città, e un tempo appartenuta alla famiglia romana di commercianti vinicoli Baldi. La dependance ha ospitato, in passato, anche Goethe e Angelika Kaufmann. Qui c’è anche un uliveto: “In ogni cascina nella campagna italiana se ne trova uno” riferisce Blüher, il direttore. Proprio qui, Blüher, insieme ai suoi ospiti, raccoglie le olive. Due anni fa, per la prima volta, si sono visti i risultati e, per concludere, si è tenuta una festa al frantoio: “La gente del paese ha apparecchiato la tavola di sua iniziativa e ha portato vino, pane, salame e anche il nostro olio. Ecco, così si diventa uno di loro.”
 Da imprenditore a viticoltore
 Un po’ di italianità, appartenenza e collaborazione: è questo che molti desiderano quando c’è in gioco l’oggetto della loro nostalgia, l’Italia. Due settimane in Toscana o un week-end a Roma non bastano più. I tedeschi vogliono mettere le radici nelle vigne, tra gli ulivi, anche nei castelli. “Realizzare un sogno che ora dà i suoi frutti” così lo definisce Anton Börner, imprenditore di Ingolstadt e conosciuto in Germania come capo dell’associazione del commercio all’ingrosso e estero (BGA). Per gli abitanti di Velletri, situata sui Colli Albani a sud di Roma, lui è semplicemente il “Signor Börner”, uno di loro. Proprio a Velletri si trova la sua cantina “Omina Romana”, fondata nel 2004. L’imprenditore Börner che cercava solo “un possibile investimento nel settore agricolo” è diventato il viticoltore Börner che vive tra Berlino e Roma per portare avanti la sua avventura. Quando arriva a tavola è raggiante, le guance arrossate dal sole. Börner è diventato un esperto e ha osato sperimentare. I dintorni di Velletri, patria degli antichi Etruschi, sono caratterizzati dalla presenza di un suolo di origine vulcanica, molto fertile e adatto ad essere coltivato. L’equivalente italiano del termine tedesco “Ackerbau”, ovvero agricoltura, richiama proprio la parola “cultura”. Per secoli, tuttavia, qui si sono coltivate solamente varietà destinate alla produzione di vini da tavola piuttosto scadenti. Per migliorarne la qualità, Börner ha dovuto cominciare tutto dal principio. Nel frattempo, varietà locali come il Cesanese e il Bellone o il Petit Manseng e il Viognier francesi, che fanno guadagnare a Börner clienti da tutto il mondo, si stanno facendo strada. Tuttavia, se oggi Börner produce vino di alta qualità sui Colli Albani, lo deve anche alla moglie italiana che ha insistito per il trasferimento da Berlino a Roma. Il fatto che l’imprenditore tedesco abbia, sì, assunto enologi all’avanguardia ma che, allo stesso tempo, abbia riconosciuto e sostenuto le tradizioni regionali, che abbia dato ai suoi vini i nomi di antiche divinità come Giano o Diana Nemorensis o che “abbia scelto dei collaboratori con i quali realizzare dei progetti”, lo ha reso subito uno di loro.
Roberto Benigni ha girato un film a Castelfalfi
Un altro italofilo ma con una storia diversa è Stefan Neuhaus. Quando il cittadino tedesco ha guidato per la prima volta sulle strade tutte a curve fin su a Castelfalfi, nel cuore della Toscana, il minuscolo paesino era una cittadina fantasma tra Firenze e Volterra. Il consulente aziendale non era arrivato lì per passione ma per conto di una grande azienda turistica tedesca. Neuhaus aveva il compito di trasformare il “Borgo”: antico di 800 anni e allora completamente in rovina, il paesino è situato nel mezzo di una tenuta di 110 ettari e sarebbe dovuto diventare un complesso turistico moderno e dotato di tutti i comfort. La TUI aveva già messo a disposizione 250 milioni di Euro per l’investimento. Per Castelfalfi sembrava giunta la salvezza: negli anni ’60 gli ultimi abitanti avevano infatti abbandonato il paese e in questo luogo sembrava che il tempo si fosse fermato. Di tanto in tanto arrivavano produttori e il paese diventava la scenografia per i loro lavori. Il film “Pinocchio” con Roberto Benigni, per esempio, è stato girato proprio qui. In realtà il progetto del complesso turistico è sfumato, vista l’opposizione dell’ amministrazione comunale in carica nel vicino paese di Montaione. Oggi, appena due anni dopo, Castelfalfi è però un gioiello del Chianti che rispetta le norme ambientali e lo stile tradizionale. Castello e Borgo sono stati ristrutturati e trasformati in luoghi confortevoli, il tutto grazie a materiali e manodopera locali.
Dal bosco al piatto
 Questo principio vale anche per casolari abbandonati, depandance per la caccia, stalle, rimesse, granai e abbeveratoi che si trovano nella tenuta. La riserva d’acqua nel campo da golf è un biotopo per uccelli selvatici e il rifornimento di energia è autonomo grazie ad un impianto a biogas. Neuhaus è orgoglioso del suo frantoio che si trova vicino al paese, nei pressi della cantina: l’impianto provvede alla lavorazione di olive provenienti da più di 10.000 piante e destinate alla produzione di olio extravergine. Nei ristoranti di Castelfalfi si cucina seguendo il principio del chilometro zero: molti dei prodotti vengono proprio dai dintorni del paese. Tartufi e porcini crescono nei 350 ettari di boschi e c’è una riserva di caccia da dove proviene il cinghiale, cucinato nei ristoranti. Oggi Castelfalfi è di nuovo abitato, già si contano 100 nuovi cittadini: molti sono stranieri, tra i quali parecchi i tedeschi che hanno comprato qui delle abitazioni. Sulla via principale, l’avvocato Thomas Schmidt si intrattiene nel suo italiano fresco di studi con un agricoltore del posto. Insieme a sua moglie si trova bene qui perché “siamo diventati parte di una vera comunità”. Stefan Neuhaus ne è orgoglioso anche se “gli manca ancora il parroco in paese”, dice ridendo. La chiesa infatti è ancora chiusa: ci si può trasferire a Castelfalfi, far parte della sua comunità ma non si può ancora celebrare un matrimonio in chiesa.

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