Ambiente, quando “case mobili” diventano d'incanto “immobili”

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Nonostante varie sentenze stabiliscano che i posizionamenti di “case mobili” siano da considerare interventi di “nuova costruzione” se non sono “diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”, un emendamento infilato nel “decreto Expo” (d.l. n. 47/2014) in approvazione alla Camera, “mette a posto” l’errata formulazione
di quello inserito nel “decreto del fare” per consentire l’installazione senza permesso di costruire. E’ quanto denuncia l’associazione “Carte in regola” in una nota diffusa attraverso la sua newsletter, dove scrive che tra i firmatari del decreto c’è anche la senatrice toscana Manuela Granaiola, promotrice, nel novembre scorso, di un emendamento che aveva l’obiettivo di vendere le aree demaniali degli stabilimenti balneari, poi ritirato tra le polemiche.
E’ insomma in atto l’ennesimo tentativo – che questa volta rischia di andare a buon fine - di far passare in Parlamento un emendamento che permetterebbe di installare “case mobili” anche in aree vincolate senza permesso di costruire. Praticamente un “liberi tutti”, come scrive efficacemente l’associazione, per i gestori dei campeggi nei luoghi più suggestivi d’Italia per trasformare le piazzole per le tende in ben più remunerative casette e bungalow, senza più la necessità di chiedere il permesso di costruire, necessario, ad esempio, anche per installare una semplice tettoia in una casa di campagna.
Scrive l’avvocato Emanuele Montini, urbanista, consigliere direttivo di Italia Nostra: “La solita manina si è infilata di nuovo dentro un decreto legge in conversione, è accaduto ieri in Senato, ad opera di un solerte senatore del Pd, che ha risolto un problema alle associazioni di campeggiatori che, nel ‘decreto del Fare’ di questa estate, erano riusciti a fare il colpo gobbo: far passare per opere precarie le case mobili. Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco, pertanto i lobbisti che avevano scritto l’emendamento avevano bisticciato con le parole, così anziché scrivere che le case mobili non sono soggette a permesso di costruire, avevano scritto che le case mobili lo fossero qualora (“ancorchè”) ancorate al suolo”.
L’attuale testo, articolo 3 lett. e.5, del Dpr 380/2001 recita: “L’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee (ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti”.
Continua l’avvocato Montini: “A nulla sono valse le grida dei campeggiatori, che si volevano trasformare in novelli affittacamere a costo zero (ricordiamo che le case mobili non pagano una lira né di oneri concessori né di Tasi), in quanto l’italiano è (per ora) una scienza esatta e gli uffici tecnici degli enti locali (e le procure) in questi mesi gli hanno contestato la loro lettura “elastica” dell’articolo, che essi stessi avevano fatto inserire”.
Ecco quindi che un gruppo di quattro solerti senatori del Pd - (Stefano Collina, primo firmatario, eletto in Emilia Romagna; Mario Morgoni, eletto nelle Marche; Andrea Marcucci e Manuela Granaiola, entrambi eletti in Toscana) interviene sul “decreto Expo" e modifica la parolina incriminata in “salvo che”, e la magia è fatta, a suon di fiducia.
Insomma, grazie a questa deprecabile azione, luoghi naturalistici di pregio potranno riempirsi di casette prefabbricate, con buona pace dell’articolo 9 della Costituzione italiana, quello che riguarda la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. Ma anche con buona pace della nutrita giurisprudenza che è sempre andata esattamente nella direzione opposta dello sciagurato emendamento: ancora nell’ottobre scorso la Cassazione si è pronunciata a proposito di un campeggio di Alghero, stabilendo che se l’insediamento è stabile e ha concreta incidenza sul territorio, non si può prescindere da autorizzazioni espresse sul piano urbanistico-edilizio e sul piano paesaggistico, confermando l’interpretazione di numerose sentenze del Tar e del Consiglio di Stato.
Nel dettaglio, come si legge nel sito del gruppo di Intervento Giuridico onlus a proposito del campeggio di Alghero, “le case mobili permanenti sul territorio non possono esser considerate strutture temporanee”. E ancora: la Suprema Corte di Cassazione ha sentenziato che “la necessità o meno di titolo autorizzativo trova ragion d’essere nelle concrete modalità e caratteristiche della condotta tenuta, essendo il titolo necessario nell’insediamento che ha carattere di sostanziale stabilità e si concreta in una effettiva incidenza sull’assetto del territorio”.
Secondo giurisprudenza, anche i posizionamenti di “case mobili” sono considerati interventi di “nuova costruzione”, qualora “non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” (art. 3, comma 1°, lettera e.5, del Dpr n. 380/2001 e s.m.i.), soprattutto se allacciati alle reti di urbanizzazione (fognature, elettricità, gas, ecc.) e sono soggetti in via generale al preventivo rilascio del permesso di costruire (articolo 10 L del Dpr n. 380/2001 e s.m.i.), nonché dell’autorizzazione paesaggistica (vds. Cass. pen., sezione III, 27 maggio 2009, n. 22054, ma anche Corte cost., 27 giugno 2008, n. 232).
Esiste in proposito una nutrita giurisprudenza. Si veda, ad esempio, la sentenza del Consiglio di Stato n. 4214 del 2012 che chiarisce la nozione di opere precarie: “La giurisprudenza ha costantemente affermato che, ai fini del rilascio della concessione edilizia, debba parlarsi di ‘nuova costruzione’ in presenza di opere che comunque implichino una stabile — ancorché non irreversibile – trasformazione urbanistico-edilizia del territorio preordinata a soddisfare esigenze non precarie del committente sotto il profilo funzionale e della destinazione dell’immobile (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 20 giugno 2011 n. 3683; Consiglio Stato, sez. IV, 22 dicembre 2007 n. 6615; Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2011 n. 986).
Nel caso in esame dunque non vi sono dubbi che, come esattamente affermato dal Tar, le strutture installate avrebbero dovuto essere qualificate come “intervento di nuova costruzione” a nulla rilevando che si trattasse di manufatti mobili (come la roulotte) o leggeri (come la tenda in metallo e plastica o il bagno chimico) data la loro funzione a servizio permanente all’attività di autolavaggio (www.diritto.net/blog-veneto-ius/28796-la-precarieta-di-una-costruzione-va-desunta-dalla-funzione-assolta-dal-manufatto-non-dalla-struttura-o-dalla-qualita-dei-materiali-usati.html).
Il testo, con tutti gli emendamenti, è purtroppo già passato in Senato grazie alla fiducia (www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/testi/44211_testi.htm).
Per inciso: se il governo ne avesse ravvisato la necessità, avrebbe potuto escludere questo e altri emendamenti, ma evidentemente ha preferito far proprie le modifiche introdotte dalla Commissione. Oggi (15 maggio) il decreto è alla Commissione della Camera dei deputati, che potrebbe ancora inserire un emendamento soppressivo o – ancora meglio – cancellare il pateracchio introdotto dal Decreto del fare e tornare alle norme che tutelano il nostro patrimonio paesaggistico, che considerano “nuove costruzioni”, con l’obbligo di rilascio di permesso di costruire, tutte le costruzioni che permangono in pianta stabile sul terrritorio, anche se hanno ruote e ruotine.
Il decreto scade il 27 maggio, i tempi tecnici ci sarebbero.
L’associazione “Carte in regola” ha scritto a tutti i parlamentari sperando che qualche politico di buon senso, come è già successo per la privatizzazione delle spiagge, faccia sentire la voce dei cittadini più forte di quella delle lobbies.

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