Un cambio di prospettiva

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Anatomia di una Rivoluzione
L’ultimo libro di Giuseppe De Marzo, presentato da ALBA a Matera

Al di là degli orizzonti spesso limitati dell’ambientalismo tradizionale e di quelli angusti e aridi del pensiero unico neoliberista,  il nuovo libro di Giuseppe De Marzo offre la chiave di svolta per battere la crisi strutturale della nostra epoca e aprire al futuro. La soluzione viene dall’attenta analisi e dall’esperienza diretta dei movimenti di tutto il mondo ed in particolare di quelli dell’America Latina, dalle battaglie per la salvezza della propria terra e per il riconoscimento della dignità umana;  dalle  proposte partorite dalle vittime dell’ingiustizia ambientale, politica e sociale, sparse per il mondo. “Anatomia di una Rivoluzione” ritrova i bisogni elementari dell’umanità e li miscela in un nuovo modello economico, culturale e sociale. Li trova riposti  nel ventre caldo dell’azione, del pensiero, della vita concreta di queste donne e uomini che, aggrediti dall’ingiustizia, dalla rapina delle risorse e dall’inquinamento che crea deserto, si sono messi in movimento ormai da più di vent’anni. Trova il bisogno di giustizia, di essere riconosciuti, di avere possibilità economiche e accesso al futuro, di partecipare alle decisioni, di libertà, di “buon vivere”, tutti valori sacrificati dalla globalizzazione neoliberista ai dogmi della produttività, dei mercati, della finanza. Giuseppe De Marzo compone analisi e conquiste economiche, sociali e politiche di queste esperienze sparse per il mondo in un’unica teoria.
Indica la strada per uscire dalla crisi e per sostituire al modello economico che l’ha creata e la sta protraendo, un nuovo paradigma (economico, giuridico, politico e culturale), un’alternativa credibile e possibile, anzi obbligata se vogliamo salvare il pianeta, la democrazia, i diritti, l’umanità nel senso pieno del suo significato.  La chiave di svolta per il cambiamento è la giustizia ambientale: un concetto che lega indissolubilmente l’ambiente alla giustizia sociale.
“Anatomia di una rivoluzione” parla soprattutto della nostra realtà, delle periferie del mondo aggredite dalle multinazionali e dal razzismo ambientale, concetto che ci spiega il motivo per cui i maggiori rischi per la salute e le attività industriali più impattanti vengano addossati sulle comunità più deboli, considerate “effetti collaterali”. Parla della concentrazione della distruzione ambientale in determinate aree. Distruzione ambientale che genera distruzione sociale, di opportunità, di diritti e di “buon vivere”. Un libro che pur non citando mai la Basilicata decifra i motivi economici, politici e culturali delle aggressioni subite, delle trivellazioni, delle scorie nucleari, dei traffici di rifiuti, dei danni ambientali, dei rappresentanti politici, inseriti con tutta la loro limitatezza, la loro egoistica avidità e la loro grettezza in un disegno molto più grande e complesso. Un libro che serve ai movimenti lucani per uscire dalla visione spesso ristretta e provinciale e inquadrare la nostra realtà in un disegno più grande, planetario e soprattutto per poter affrontare petrolio, terra, mare, lavoro, economia, dignità, giustizia, finalmente come fattori inseparabili di un’unica realtà. Dunque una realtà da affrontare in maniera unitaria.
E’ un libro che fotografa in maniera limpida le idee, i valori etici, la forza di accentramento di poteri e di risorse delle Multinazionali e di creazione di consenso e distribuzione di sapere, grazie al finanziamento dei mass media e dell’accademia e che definisce chiaramente i suoi obiettivi, i suoi strumenti e le sue basi giuridiche e istituzionali (un diritto fondato sull’antropocentrismo, lo svuotamento dei poteri e delle sovranità nazionali e locali, una democrazia basata su una rappresentanza che diventa sempre più oligarchica e sempre meno tramite delle istanze del basso degli elettori).
Se avevamo letto la questione ambientale come staccata dalla questione sociale, da quella lavorativa, da quella economica, da quella della forma della democrazia, dal “buon vivere” e avevamo affrontato le questioni separatamente, dobbiamo ricrederci dopo la lettura del libro e iniziare ad affrontare le questioni con uno sguardo più lungo, diffuso e profondo.  Giuseppe De Marzo ci permette di guardare la nostra epoca e la nostra realtà con uno sguardo non più frammentato e quindi confuso e perso dentro i labirinti senza uscita del paradigma neoliberista: ambiente, lavoro, cultura, partecipazione democratica, buon vivere, non possono essere affrontati come questioni isolate.
Soprattutto è un libro che offre gli strumenti giuridici, economici e politici per contrastare gli assalti che la nostra Basilicata subisce quotidianamente dalle multinazionali del petrolio, piuttosto che da quelle dei rifiuti, piuttosto che dal nucleare (aggressioni che creano il deserto intorno e fanno di noi un “effetto collaterale”), piuttosto che dalla corruzione o dal clientelismo. La richiesta giuridica della distribuzione dei rischi e dei vantaggi vale più delle royalties per la salvezza della nostra terra, il riconoscimento costituzionale dei diritti alla natura (già eminenti costituzionalisti italiani stanno prendendo in considerazione la possibilità), la creazione di nuove forme amministrative attraverso l’istituzione di democrazia deliberativa, la formazione di comunità sostenibili (una battaglia non molto difficile da vincere nei piccoli comuni lucani) che inneschino una rivoluzione dal basso, una struttura produttiva decentrata e distribuita. Ci troviamo nel bel mezzo di una svolta epocale, nella quale si scontrano due paradigmi: il dogma della produttività e il dio della finanza contro il buon vivere degli esseri umani; l’efficienza liberista contro la giustizia ambientale; l’accaparramento delle risorse contro la loro distribuzione; accentramento dei poteri verso l’alto o la distribuzione democratica attraverso la democrazia deliberativa. Non basta più denunciare e arginare l’inquinamento, non basta opporre utilissime e sacrosante motivazioni scientifiche ai danni delle trivellazioni, ecc. Le istanze sacrosante dei movimenti sono bellamente ignorate dalla governance finanziaria, economica e politica. Occorre contemporaneamente far dialogare i diversi fattori della nostra realtà e concentrarsi nella costruzione di un altro modello economico, sociale e politico.

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