L'Italia mangiata dal cemento, come procede il consumo di suolo


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Consumo suolo
Nella sola provincia di Milano, negli ultimi 10 anni, si è costruito l'equivalente di una città grande la metà del capoluogo lombardo
In Italia il cemento avanza e prosegue senza sosta a divorare il suolo. Nella sola provincia di Milano, negli ultimi dieci anni, è stato edificato l'equivalente di una città grande come mezzo capoluogo lombardo. E non è andata meglio alle vicine province di Lodi, Monza e Brianza, che vedono il proprio territorio scomparire al ritmo di 4-5mila metri quadri al giorno.
I dati arrivano dal Rapporto 2012 sul consumo di suolo, uno studio durato ben due anni condotto dal Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo (Crcs) presso il DiAP del Politecnico di Milano, con il contributo di Legambiente e Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu). Il rapporto, che è stato presentato ieri a Milano, si concentra in particolare sull'area centrale della regione lombarda: le province di Milano, Lodi e Monza e Brianza.
“In Italia continua a mancare una adeguata contabilità degli usi e dei consumi di suolo, notano i redattori del rapporto – e ciò depotenzia fortemente qualsiasi politica di contrasto degli sprechi di una risorsa strategica qual è il territorio agricolo e forestale”.
Qualche tentativo però si sta facendo. A livello regionale, all'inizio del 2012 gli assessorati al territorio di alcune regioni italiane (Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta, Emilia Romagna, Veneto, Liguria, Friuli Venezia Giulia e province autonome di Trento e Bolzano) hanno sottoscritto un accordo “per condividere l'impegno alla riduzione del consumo di suolo e realizzare banche dati armonizzate e coerenti che forniscano esaurienti fotografie del fenomeno. Inoltre la Regione Lombardia lo scorso 28 febbraio ha sottoscritto una agenda (uso e valorizzazione del suolo) che impegna le diverse Direzioni Generali ad attivare programmi per la lotta al consumo di suolo”.
Spesso però questo tipo di accordi non sono sufficienti. Come nota Legambiente Lombardia, “purtroppo, a fronte del maturare dinuove sensibilità istituzionali, la fotografia effettuata dal rapporto continua ad essere impietosa: la buona terra italiana continua ad essere sepolta e cancellata da espansioni urbane, piastre commerciali, grandi e piccole infrastrutture”.
Urge un cambiamento più radicale, e non solo a livello istituzionale. Sono probabilmente di questo avviso all'Anab, l'Associazione nazionale architettura bioecologica. Durante il convegno organizzato dall'associazione nell'ambito della mostra-convegno Greenbuilding 2012, è stata evidenziata la necessità di un'alleanza fra edilizia e agricoltura all'insegna della sostenibilità.
Secondo Paolo Callioni, responsabile comunicazione Anab, “è necessario attivare politiche nazionali e locali che favoriscano la riqualificazione e il riuso degli edifici, partendo dal fatto che in Italia esistono oltre 2 milioni di alloggi non utilizzati. Per rilanciare le economie locali si potrebbero incentivare interventi di ripristino etrasformazione ecologica dei fabbricati, basati sull'impiego di materiali naturali di origine agroforestale, con particolare riferimento alle aree urbane e ai centri storici. Sarebbe così favorita la creazione di un "indotto verde", che potrebbe migliorare la difficile condizione delle aree rurali ed interne, interessando così milioni di piccole imprese, artigiani, aziende agricole, contrastando il fenomeno drammatico del consumo e della cementificazione del suolo”.
Per concludere, appare più urgente che mai sconfiggere la piaga del consumo del suolo, che non solo danneggia o distrugge le aree verdi, ma contribuisce a peggiorare anche la vita cittadina, visto che, come nota l'urbanista Paolo Berdini “va di pari passo con l’aumento delle disfunzioni urbane”. Per riuscirci è necessaria un'azione congiunta su vari livelli: istituzionale-legislativo, sociale, culturale.
A.D.

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