Addio Ponte! Si chiude, le penali non esistono!


La decisione della Commissione Europea di confermare la cancellazione del Ponte dalle previsioni programmatiche e finanziarie della UE, insieme ai contenuti dei recenti decreti finanziari ed alla bozza del “decreto sviluppo” in discussione, di fatto mettono la parola fine alla pantomima del ponte. Non ci sono infatti fondi europei, non ci sono fondi nazionali (come Tremonti va dicendo da almeno un anno e ha ribadito in questi giorni): peraltro i problemi economico finanziari del progetto –oggi stimato in circa 9 miliardi di euro e per cui si sono spesi già svariate centinaia di milioni, senza neppure avere un elaborato esecutivo- si sommano agli enormi perduranti problemi tecnici e ambientali confermati dal progetto definitivo, che dimostra gli enormi impatti del Ponte e non contiene neppure la verifica certa della sua costruibilità, avallando al contrario i dubbi già espressi anche dai consulenti del progetto.
Anche per rispetto al paese e alla società italiana che sta soffrendo i termini di una crisi economica drammatica, va chiuso definitivamente il pozzo di S.Patrizio degli sprechi del ponte, interrompendo subito ogni procedura e chiudendo la Stretto di Messina. A questo proposito si sottolinea che (come è dettagliato nella nota  del Prof. Guido Signorino) ad oggi l’interruzione delle procedure del Ponte non comporterebbe alcuna penale, circostanza confermata dagli stessi dirigenti della Stretto di Messina. Evidentemente le dichiarazioni sul tema del ministro Matteoli e di Impregilo sono sbagliate e strumentali a proseguire con un trasferimento di risorse pubbliche alle imprese evidentemente inaccettabile. Invece di trincerarsi dietro dichiarazioni come “il Ponte lo realizzeranno i privati” si chiuda finalmente e definitivamente l’operazione. Da oggi qualsiasi euro sprecato ancora nella vicenda non solo è inammissibile, ma richiede il pesante riscontro delle eventuali responsabilità, di cui si dovrebbe dar conto agli italiani tutti nelle sedi competenti
Prof. Alberto Ziparo, Università di Firenze

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