L'Aquila, due anni dopo. Il punto di Carlo Costantini

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  Due domeniche fa ho incontrato Carlo Costantini, candidato alla presidenza della Regione Abruzzo nel novembre 2008, poi dimessosi da parlamentare per seguire da vicino la sua regione, nonostante la sconfitta elettorale e nonostante una comoda nonché redditizia poltrona alla Camera - quanti hanno fatto altrettanto? -, attualmente alla guida dell'opposizione del Consiglio Regionale. Ho realizzato un'intervista fiume per fare il punto sul terremoto, a quasi due anni di distanza dal 6 aprile 2009.

 Ve la riporto in versione integrale. Cinquanta minuti da sorseggiare con comodo, magari la sera, al posto della televisione. Internet is now.

 INTERVISTA A CARLO COSTANTINI

  Il punto sulla ricostruzione, sulle inchieste, sulle speranze di una città precipitata in un orrore senza fine, che attende di sapere quando potrà rialzarsi.

Claudio Messora: Carlo Costantini, abruzzese doc, pescarese, capogruppo IDV alla Regione Abruzzo. Allora Carlo, sono passati quasi 2 anni da quel fatidico 6 april 2009. All'inizio è stato il momento dei soccorsi, delle istituzioni, delle promesse di Berlusconi, delle donazioni della società civile. Adesso è arrivato il momento delle inchieste. Di che cosa ti stai occupando?


Carlo Costantini: Io mi sto occupando di tutto ciò di cui mi sono occupato già prima. Quando interviene la magistratura, ad esaminare, a ricostruire la gestione della cosa pubblica, degli appalti, e più in generale del denaro pubblico, vuol dire che il sistema non ha funzionato. Io parto dal presupposto che la procura interviene per certificare la morte, per certificare la presenza di uno o più tumori. La politica dovrebbe occuparsi di agire in ottica preventiva. Quando nelle settimane e nei mesi immediatamente successive al sisma, in pochissimi, politici, blogger, rappresentanti del mondo dell'informazione, urlavamo il nostro bisogno di trasparenza e di conoscenza di tutto quello che stava accadendo, le istituzioni non ci davano corpo, non ci davano credito. E devo dire che in quel contesto drammatico anche lo stato di necessità in cui si trovavano i cittadini e gli amministratori locali tendeva a sminuire il bisogno di attenzione e di conoscenza di quello che stava avvenendo a favore e a vantaggio dell'assistenza della quale tutti avevano bisogno. Però che cosa è accaduto? E' accaduto che tutto ciò che non è trasparente, e volutamente, dolosamente non è reso trasparente, poi nel corso dei mesi, nel corso degli anni rivela degli aspetti oscuri, poco chiari, che molto spesso sfociano in inchieste giudiziarie. All'Aquila è avvenuto sostanzialmente questo: tutto quello che si è determinato nella gestione dell'emergenza è attenzionato dalla magistratura, soprattutto dalla Procura della Repubblica dell'Aquila, che ha avviato una serie di inchieste su questioni note già prima, però note ai soli addetti ai lavori, ai soli rappresentanti della politica e delle istituzioni che avevano voglia e desiderio di studiare e di approfondire certi temi, ma certamente non amplificate, non rimbalzate sui mezzi di informazione. Questo a dimostrazione di come l'informazione libera, trasparente, in competizione, non gestita da un regime monopolistico o oligopolistico sia il preludio, il presupposto del buon governo e del rispetto della legalità. Dove non c'è informazione nè trasparenza nell'azione amministrativa si annida l'illegalità. Questo credo che sia lo spaccato che emerge tra ciò che è avvenuto all'Aquila nelle settimane, nei mesi immediatamente successivi al mese di aprile del 2009, e ciò che sta valutando ed accertando in queste settimane la magistratura aquilana.

Claudio Messora: Io so che tu ti sei occupato anche dei costi del Progetto Case, e hai rilevato alcune discrepanze tra i fondi che sono arrivati dall'Europa e quello che effettivamente parrebbe essere stato speso. E' corretto?

Carlo Costantini
: E' correttissimo. In quei mesi c'era una rappresentazione falsa e bugiarda di tutto quello che stava avvenendo. Approfittando dello stato di bisogno, dello stato di necessità di una popolazione che davvero viveva, e vive ancora oggi, in condizioni disumane, in quel periodo, perché le condizioni in cui vive una famiglia - e un contesto sociale - che subisce il dramma del terremoto e si ritrova infilato, imbucato in una tenda senza più certezze, senza più memoria del proprio passato, senza più punti di riferimento anche fisici è davvero una condizione drammatica, sfruttando quel momento drammatico, la Protezione Civile e il Governo hanno messo in piedi questo castello, questo progetto faraonico di costruzione del Progetto Case, seguendo lo slogan del passaggio dalle tende alle case, rappresentando la soluzione intermedia come la soluzione delle baracche di lamiera, delle strutture assolutamente non confortevoli. In realtà l'obiettivo era quello di spargere ettari ed ettari di cemento sul territorio dell'Aquila, e di garantire la consumazione di un gigantesco affare che ha coinvolto tutti tranne che la popolazione aquilana. A L'Aquila si è realizzato un progetto che rappresenta un "unicum" nella gestione delle calamità naturali e dei terremoti in Italia, nel senso che il sistema dell'assistenza pubblica ha deciso di trasferire le popolazioni direttamente dalle tende a strutture di cemento armato, a case ricostruite sulla base di fondazioni di cemento armato. Per fare tutto questo si è messa in moto una macchina gigantesca, fatta di tecnici, di professionisti, di gare d'appalto gestite in deroga alle procedure previste dal codice dei contratti, di gestione di centinaia e centinaia di milioni di euro, tutto ciò evidentemente al di fuori delle regole della trasparenza e della concorrenza che dovrebbero caratterizzare il settore. In quel momento in pochi se ne sono accorti, perché erano tutti entusiasti e attratti dal messaggio mediatico di Berlusconi e del Governo, tutti pronti a verificare se la promessa di Berlusconi poteva essere realizzata o meno, e tutti poco attenti a capire e a comprendere il senso di quella promessa. Si era molto attenti al messaggio, si era pronti a valutare se la sfida era vinta o non era vinta, ma pochi erano attenti al contenuto di quel messaggio, che poi era stato anche depistato dal messaggio Berlusconiano, che dice "vediamo se ce la faccio", e nel momento in cui qualcuno ti dica "vediamo se ce la faccio", "vediamo quanto tempo impiego" e ti viene bombardato - questo messaggio - da tutto il sistema dell'informazione, è inevitabile che l'opinione pubblica venga distratta dal "cosa, vediamo se ce la faccio". Ecco, adesso, in questi mesi, è emerso il "cosa, vediamo se ce la faccio": una devastazione di ettari ed ettari del territorio, la realizzazione di case messe in piedi utilizzando il sistema tipico della prefabbricazione, il cartongesso, con delle problematiche funzionali drammatiche, sono stati centinaia gli interventi di riparazione sugli impianti e sulle strutture eseguiti fino ad oggi. Un problema in qualche modo, quella sfida che il Governo ritiene di aver vinto costituisce una eredità drammatica per la popolazione aquilana, perché tra due, tre, quattro anni quelle strutture diventeranno un problema. Diventeranno un problema per il disagio e l'emarginazione sociale che già oggi rappresentano. Diventeranno un problema per i costi di gestione che comporteranno. Diventeranno un problema perché quando le quindicimila persone che stanno lì dentro avranno terminato la ricostruzione delle loro case, delle loro abitazioni, chi andrà ad abitare queste case, chi andrà ad abitare queste abitazioni? Gli studenti universitari? Io dubito che gli studenti universitari accetteranno di essere dislocati in un contesto così disomogeneo. Probabilmente andranno a finire nelle mani di chi sarà venuto a L'Aquila, in questi mesi e in questi anni, per ricostruirla, così come ci insegnano le esperienze del passato. Le esperienze del passato ci insegnano che la popolazione che abita e che vive un contesto terremotato è destinata dopo il terremoto a subire un rimescolamento incredibile. Ci sono fette e quote importanti di popolazione che vanno via, per sempre, e fette e quote importanti di popolazione che arrivano per restare definitivamente. Arrivano per ricostruire, arrivano per riprogettare e poi si stabiliscono in pianta stabile in quel contesto. Dicevo, il Progetto Case nasce da un'idea che era già nel cassetto. Era già pronto, questo progetto faraonico. Serviva l'occasione, serviva la cavia, e tutto questo è dimostrato dalle ordinanze di Berlusconi adottate nella immediatezza del terremoto. Le ordinanze che un Presidente del Consiglio, capo della Protezione Civile, adotta un giorno, due giorni, cinque giorni dopo il terremoto sono ordinanze che intervengono sull'emergenza, ordinanze che intervengono sulle esigenze di abitazione, sulle tende, sulle mense, sui bagni chimici, su tutto ciò che serve ad assicurare le condizioni minime di sopravvivenza della popolazione.

Claudio Messora: Ed è proprio nelle condizioni di emergenza che saltano tutti i criteri di controllo, tutte le leggi, per cui è possibile far entrare, penetrare nel tessuto delle aziende, nel tessuto degli appalti, quelle situazioni, quei personaggi che di norma secondo le leggi italiane non avrebbero mai accesso diversamente. Ed è per questo che forse abbiamo assistito a molte emergenze, decise, stanziate per svariate...

Carlo Costantini
: Ma l'emergenza è una filosofia, non è una necessità. L'emergenza è un modo di governare che dal mio punto di vista, tranne il caso legato agli eventi calamitosi e tranne le settimane che seguono gli eventi calamitosi, per il resto è un fattore voluto dalla politica, perché il contesto emergenziale, come ricordavi, ti consente di agire in deroga al codice degli appalti, alle norme sul procedimento amministrativo, alle leggi sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione, e a L'Aquila è avvenuto esattamente questo. Dicevo prima che il progetto era pronto, era già nel cassetto, tant'è che le prime ordinanze di Protezione Civile già definiscono il contesto giuridico normativo. Introducono le prime deroghe sul codice degli appalti, introducono le prime deroghe sulle varianti urbanistiche, introducono le prime deroghe sulle procedure per l'approvazione dei progetti. Questo poche ore dopo il terremoto. Quando i morti erano ancora sotto alle macerie.

Claudio Messora
: Alle 3:32 c'era già chi rideva, quindi non mi stupisce.

Carlo Costantini: Alle 3:32 c'era già chi rideva. Poche ore dopo c'era già chi metteva a posto le carte perché questo progetto gigantesco potesse essere realizzato. Una volta sistemate le carte si parte con la presentazione del progetto, in pompa magna. Si ragiona prima su una unica, gigantesca New Town, un progetto che viene bocciato pesantemente e sonoramente dalla società civile locale, ma poi attraverso l'utilizzo improprio dei mezzi di informazione si presenta un progetto che apparentemente è diverso, ma che nella sostanza è lo stesso, perché il progetto Case non è altro che il progetto della nuova città, immaginata da Berlusconi nelle ore immediatamente successive al terremoto, spacchettato nel territorio di un'area vasta, perché L'Aquila è per definizione una città-territorio, ha una superficie territoriale molto vasta, quindi quel progetto che doveva essere concentrato in un unico ambito è stato spacchettato e realizzato in un contesto territoriale più ampio, dal mio punto di vista creando un danno ancora superiore, in termini di impatto del processo di cementificazione, in termini di oneri per la realizzazione dell'urbanizzazione, in termini anche di gestione futura di questo tipo di procedure. Una volta calato il progetto c'era la necessità di fare in fretta, perché l'inverno all'Aquila è freddo, e lo sappiamo tutti, la popolazione era nelle tende, prevalentemente - e in parte anche in albergo - , l'assistenza piena alle popolazioni terremotate era straordinariamente costosa. c'era la necessità di fare in fretta, ma tutti sappiamo che per costruire utilizzando il cemento armato occorrono dei tempi tecnici di mesi o di anni, e in questo caso bisognava fare ancora più in fretta e dimostrare la straordinaria efficienza del sistema della Protezione Civile. In questa logica della fretta è stato possibile tutto e il contrario di tutto. Sono state adottate gare d'appalto invitando pochissime ditte. I criteri per l'aggiudicazione sono stati discutibilissimi dal punto di vista della trasparenza. Le norme previste dal codice dei contratti, la stragrande maggioranza delle norme, sono state messe da parte. I tecnici investiti nella gestione delle procedure e nella selezione dei progetti non sono stati tecnici selezionati e presi dall'esterno, ma sono stati tecnici scelti dall'interno del sistema, di straordinaria fiducia del sistema della Protezione Civile. Tutto questo ha determinato la gestione delle gare d'appalto, che hanno prodotto dei costi di aggiudicazione straordinariamente superiori ai costi di mercato. Tu prima parlavi del prezzo di realizzazione del Progetto Case. Queste sono case costruite senza fondazioni, perché molte di queste case non hanno bisogno di una struttura vera e propria di fondazioni di cemento armato, si vendono sul mercato a mille, millecento euro al metro quadro. E' questo il prezzo sul mercato di edifici realizzati con l'utilizzo diffuso degli strumenti della prefabbricazione come quelli collocati al di sopra delle piastre di cemento armato. In realtà queste case all'Aquila sono costate quasi tremila euro al metro quadro. Sono costate quasi tremila euro al metro quadro perché si è scelto di realizzarle al di sopra di piastre di cemento armato, poggiate su pilastri di cemento armato, messi a sistema - il collegamento tra piastre e pilastri - dai famosi isolatori sismici, che sono oggetto di una delle inchieste portate avanti dalla Procura della Repubblica dell'Aquila. Cioè, la volontà di sperimentare la realizzazione di queste fondazioni di cemento armato e queste piastre, al di sopra delle quali è possibile realizzare i fabbricati che poi sono stati realizzati, hanno prodotto l'esigenza di utilizzare isolatori sismici che poi hanno dato luogo all'inchiesta che c'è oggi sull'Aquila. Se avessero deciso una costruzione leggera, utilizzando non i container di latta e di plastica come quelli utilizzati ai tempi del terremoto dell'Irpinia, ma utilizzando le casette di legno che lo stesso Berlusconi ha inaugurato a settembre del 2009 - penso a quelle donate dalla Croce Rossa e realizzate dalla Provincia di Trento - ci sarebbero stati tempi di realizzazione straordinariamente più brevi. Tempi di realizzazione più brevi vuol dire riduzione dei tempi di assistenza alla popolazione terremotata, e quindi risparmio per le casse dello Stato, ma soprattutto ci sarebbero stati interventi non invasivi, perché tutto ciò che è rimuovibile è per definizione non invasivo. Tutto ciò che invece non è rimuovibile perché comporta l'utilizzo diffuso del cemento armato è straordinariamente invasivo, ed oggi...

Claudio Messora: Stai dicendo che queste "case", che hanno costruito, resteranno a deturpare il territorio per chissà quanti anni ancora a venire.

Carlo Costantini: Certamente sì! Il problema... Io comprendo anche che ancora in questo momento storico la popolazione aquilana, larga parte della popolazione aquilana non condivide questa impostazione critica, perché considera a ragione, dal mio punto di vista, quel progetto comunque come un aspetto risolutivo dei tanti problemi che stavano vivendo, ma questi sono aspetti che si pagheranno tra due, quattro, cinque anni. Già oggi, devo dire, con tutti gli oneri che derivano dalla gestione dei problemi, dei difetti, dei vizi di realizzazione, si cominciano a manifestare le prime negatività. Ma la prima analisi da fare è questa: è servito spendere un miliardo e cento milioni per sistemare cinquemila famiglie? Un miliardo e cento milioni messo nelle tasche di 5 mila famiglie avrebbe reso miliardaria - o milionaria - un'intera popolazione, un'intera città, perché quei soldi messi nelle tasche dei cittadini, aggiunti ai soldi che comunque lo Stato dovrà consegnargli, per consentire a loro di rimettere a posto le case, avrebbero prodotto un introito per ciascuna di quelle famiglie di trecento, quattrocentomila euro, e questo vuol dire che un'intera popolazione sarebbe diventata ricca, il territorio non sarebbe stato deturpato, e tutta la città avrebbe avuto il tempo necessario per pensare, progettare ed immaginare un futuro diverso. Una famiglia con tre, quattrocentomila euro in tasca può anche aspettare sei mesi, dodici mesi: veramente se ne può andare anche in vacanza e nel frattempo immaginare come ricostruirsi la propria vita.

Claudio Messora
: Forse è questa la chiave: trecento, quattrocentomila euro nelle tasche dei cittadini sono trecento, quattrocentomila euro in meno nelle tasche dei costruttori.

Carlo Costantini: Fondamentalmente sì. In realtà c'è stata la volontà di costruire questo progetto, che tra le altre cose ha prodotto risultati all'economia territoriale assolutamente insufficienti e scadenti per tutta una serie di tecniche studiate a tavolino e funzionali a favorire interessi diversi da quelli del territorio che hanno prodotto risultati mortificanti per l'economia locale, perché la vicenda del subappalto, della dilatazione delle possibilità del subappalto, previsto nel codice dei contratti credo al 30% e dilatato nel Decreto Abruzzo al 50% serviva proprio a mortificare gli operatori economici locali, perché se tu riduci e contieni la possibilità di fare subappalto tu favorisci l'impresa locale, che è organizzata sul territorio, che ha maestranze locali, che ha strutture a livello locale. Se tu invece dilati la possibilità di favorire il ricorso al subappalto, tu favorisci la presenza di imprese che da fuori, prive di un'organizzazione locale, vengono, partecipano agli appalti e li vincono, e poi favorisci anche la possibilità di fare ricorso al subappalto, che tradizionalmente costituisce uno degli strumenti più utilizzati dalla criminalità organizzata per mettere le mani nei soldi degli appalti publici. E del resto sanno tutti che nei cantieri del Progetto Case sono state individuate alcune ditte poi ricondotte alla criminalità organizzata, sanno tutti che nei cantieri del Progetto Case hanno circolato decine, o forse centinaia di imprese che erano prive dell'autorizzazione al subappalto e che quindi occupavano i cantieri abusivamente attraverso i loro operai quando in quei cantieri voi blogger, e gli organi di informazione, non potevate mettere piede perché erano assolutamente militarizzati, sanno tutti che queste irregolarità nei subappalti sono state sanate con un'ordinanza di Protezione Civile che ha stabilito che era tutto un gioco, che era tutto uno scherzo, e che di fatto ha mandato al macero mesi e mesi di indagini e di inchieste della Guardia di Finanza, credo, che aveva accertato queste presenze irregolari e questi affidamenti irregolari del subappalto, cioè fondamentalmente mentre la legge dice che l'impresa può entrare per realizzare il subappalto quando riceve l'autorizzazione, con un'ordinanza di Protezione Civile si è stabilito il principio che l'autorizzazione al subappalto, anche se postuma rispetto all'inizio dei lavori, retroagisce in termini di efficacia al momento in cui era stata presentata la domanda. Quindi vuol dire che tutte le imprese che avevano presentato domanda ma che avevano iniziato a lavorare, e che hanno addirittura concluso i loro contratti senza avere l'autorizzazione, con l'autorizzazione postuma hanno avuto una specie di condono, di sanatoria dalle responsabilità penali, civili e amministrative che si erano assunte eseguendo quelle opere in assenza di autorizzazione al subappalto. Tutto questo poi ha determinato varianti ai progetti che hanno incrementato gli importi appaltati del 100%, del 200%, ci sono imprese che hanno partecipato ad appalti per 20 milioni di euro e che poi nella sostanza hanno eseguito 60 milioni di euro. Cioè immaginiamo che vantaggio per un'impresa sapere prima che quell'appalto è una specie di appalto pilota, di appalto civetta che serviva ad entrare perché poi il suo guadagno sarebbe stato straordinariamente incrementato da varianti che vanno ben oltre il quinto previsto dal Codice Contratti, perché la legge stabilisce che la possibilità di incrementare i lavori affidati con un procedimento pubblico è una possibilità limitata e circoscritta. In quel contesto invece alcuni contratti sono cresciuti a dismisura. Le ditte che hanno vinto gli appalti con ribassi minimi hanno avuto la possibilità di produrre lavori di realizzazione, di fornitura del cemento piuttosto che di realizzazione di strutture di 20, 30, 40 milioni di euro rispetto ad appalti vinti di 10 milioni di euro. Quindi è stata proprio la celebrazione massima della illegalità nella gestione dei contratti e nella violazione delle regole e della trasparenza. Quello che è avvenuto all'Aquila veramente credo che sia un episodio senza precedenti, che poi è un'illegalità relativa, perché è chiaro che nel momento in cui lo Stato, in condizioni di emergenza, consente agli operatori economici di non rispettare la legge è un'illegalità relativa, perché comunque discende da una legge, però nella sostanza quello che si è consumato all'Aquila non ha precedenti nel mondo.

Claudio Messora: Ma esistono dei nomi e cognomi, dei responsabili, ci sono delle indagini, c'è qualcuno che è iscritto nel registro degli indagati? Qual'è lo stato delle cose?

Carlo Costantini: Sì, in questi giorni ci sono indagini e ci sono persone iscritte nel registro degli indagati. Io non voglio neppure nominare, perché considerato il bersaglio delle loro denunce all'autorità giudiziaria. Io per aver dichiarato a febbraio del 2010 che il sistema della Protezione Civile gestiva tutto internamente, che addirittura rinunciava anche a dare incarichi tecnici all'esterno pur di assicurasi una gestione in casa di tutti i passaggi procedurali e operativi, per aver dichiarato nella sostanza questo sono stato denunciato non so in quante procure della repubblica in Italia, perché la denuncia fatta dal progettista del Progetto Case, che non nomino ma che è facilmente rintracciabile ed individuabile, è stata seguita da un appello rivolto a tutti i protagonisti del Progetto Case a denunciarmi individualmente e ad agire civilmente nei miei confronti, individualmente, quindi io oggi so di aver ricevuto denunce in un po' di procure della repubblica ma teoricamente potrei essere stato denunciato in 10, 20, 30 procure della repubblica.

Claudio Messora: Tu sei in possesso anche di un documento esplosivo che testimonia e certifica questo...

Carlo Costantini: Sì sì, un video. Mi è stato recapitato un video che in qualche modo rappresentava questa famosa riunione del 25 di febbraio all'interno della quale il progettista del Progetto Case, che si è sentito diffamato da me, ha nella sostanza invitato tutti i presenti ad agire giudizialmente con azioni individuali. Io, evidentemente, l'ho interpretato come un atto di intimidazione, di costrizione dell'esercizio del diritto di critica, che appartiene, che costituisce un dovere di chi esercita la funzione dell'opposizione. Devo dire che i fatti un po' mi stanno dando ragione, perché se io ho dichiarato che quelle procedure, quei sistemi costituivano il presupposto per non rendere trasparente e per gestire secondo regole fatte in casa tutto, e lo avevo dichiarato memore delle indagine di RaiNews24 sugli isolatori sismici, memore di interpellanze parlamentari presentate sugli isolatori sismici, memore di un dibattito che si era sviluppato anche in Consiglio Regionale relativo alle imprese prive di autorizzazione al subappalto che frequentavano liberamente, con i lavoratori che scorrazzavano, i cantieri del Progetto Case, cioè non era stata una dichiarazione avventata: era stata una dichiarazione basata su circostanze che si erano già determinate. Oggi verificare che la Procura indaga sul Progetto Case, e segnatamente sulla questione degli isolatori sismici, contestando i conflitti di interesse giganteschi che si sono consumati tra chi ha deciso di utilizzare un determinato positivo, risultando poi esso stesso il collaudatore, direttamente o indirettamente, di quel dispositivo, nel momento in cui si è verificato che quei dispositivi erano privi delle autorizzazioni necessarie stabilite dalla legge, dalle direttiva nazionali ed internazionali, per poter essere installato, e invece è stato installato ugualmente, nel momento in cui si è scoperto che le procedure di affidamento delle gare di appalto - si è scoperto: c'è un'indagine in corso, sarà la magistratura ad accertare se i sospetti della Procura sono fondati o meno - nel momento in cui si è scoperto e si sta indagando sulla possibilità che le gare d'appalto siano state pilotate per favorire i fornitori di una determinata tecnologia a scapito dei fornitori di un'altra tecnologia, in qualche modo si è detto, si è conclamato e si è accertato che le preoccupazioni e le richieste di trasparenza che avevamo rappresentato in quei mesi erano assolutamente fondate e assolutamente ragionevoli. Però è chiaro che in quel momento la Protezione Civili si è difesa bene. Se dicevi una parola fuori posto e la parola fuori posto nasceva dall'esigenza di far sapere, perché nessuno parlava e nessuno sapeva, venivi immediatamente travolto da una raffica di denunce e di cause civili per diffamazioni, come è avvenuto personalmente a me, non rendendosi conto che anche la giurisprudenza afferma un principio molto semplice. Io evidentemente mi sono dovuto difendere, mi devo difendere e ho avuto anche la possibilità di fare un approfondimento della elaborazione giurisprudenziale rispetto all'esercizio del diritto di critica e di satira politica a mezzo internet, e quindi sono aspetti che in qualche modo possono interessare anche il vostro mestiere, la vostra professione. Cioè l'orientamente è questo: maggiore è l'interesse pubblico a sapere, per la gravità e la dimensione del fenomeno, maggiore è il livello di scarsa trasparenza che c'è, più forte è la possibilità per il politico e per il giornalista, di esercitare il diritto di critica. Più forte è l'interesse generale dell'opinione pubblica a sapere e più viene ridimensionato il diritto del singolo ad essere risarcito per la lesione, vera o presunta, all'onore. La logica è molto semplice: se c'è una situazione gigantesca che comporta una straordinaria attenzione dell'opinione pubblica, in un contesto che non fa sapere, il diritto di critica può e deve essere funzionale a far sapere, e per far sapere può spingersi anche al punto tale da esercitare parole particolarmente forti. In questo contesto il diritto del singolo viene a subire un declassamento rispetto all'interesse dell'opinione pubblica a sapere, rispetto a una condizione normale che vede una dichiarazione comportare un'assunzione di responsabilità. Voglio dire: una parolaccia o un'espressione forte che attribuisci a una persone in un determinato contesto può costituire l'esercizio legittimo del diritto di critica. La stessa parola detta alla stessa persona in un contesto diverso invece può determinare il reato di diffamazione. Ma all'Aquila, in quel contesto, tu ricorderai la totale assenza di informazioni che c'era, con i cantieri blindati, con la città blindata, con l'assoluta mancanza di informazioni...

Claudio Messora: L'oscuramento di molti siti, di molti blog. Io ho assistito all'oscuramento personale del mio blog alla caserma della Guardia di Finanza dell'Aquila, dove molti terremotati ospitati aquilani non potevano navigare, su alcuni siti tra cui il mio, e gli veniva risposto che erano illegali. Quindi conosco molto bene quello che stai dicendo.

Carlo Costantini
: Assolutamente sì. Che poi non si è conclusa, attenzione. Non si è conclusa, perché la mancanza di trasparenza doveva essere tipica di quella fase. La fase nella quale si briga, si fanno le gare, si affidano i lavori, si portano avanti le iniziative. La mancanza di trasparenza c'è ancora adesso. Forse prima mi chiedevi della destinazione dei fondi stanziati per il Progetto Case. Sul sito della Protezione Civile da mesi c'è scritto con chiarezza che per il Progetto Case sono stati stanziati 700 milioni di euro provenienti dal Decreto Abruzzo, dalle risorse dello Stato, 350 milioni di euro provenienti da un finanziamento dell'Unione Europea, e una cinquantina di milioni di euro provenienti dalle donazioni, dalle erogazioni liberali fatte a favore della Protezione Civile e arrivate un po' da tutta Italia. Un totale di un miliardo e cento milioni di euro.

Claudio Messora
: Comprese anche le donazioni che sono state fatte tramite le compagnie telefoniche?

Carlo Costantini: Tutto. Ogni tipo di donazione.

Claudio Messora
: Gli sms...

Carlo Costantini: Poi parliamo di quella. Il tema fondamentale è questo: che il miliardo e cento milioni risulta speso, risulta impegnato. La rendicontazione è ferma a 800 milioni, ed è ferma ormai da 7, 8, 9 mesi a 800 milioni. Quindi è stato speso molto più di 800 milioni. Mancano 300 milioni all'appello, ma gli abruzzesi, gli italiani, soprattutto quelli che hanno donato, non hanno il diritto di sapere come sono stati spesi questi soldi. Le case del Progetto Case sono finite ormai da un anno circa, eppure nessuno può sapere come sono stati spesi questi soldi. In un contesto come questo è legittimo che chi esercita la funzione politica, che il giornalista intervenga pesantemente, perché è un contesto che vede leso l'interesse generale alla conoscenza e alla diffusione dell'informazione rispetto all'utilizzo delle risorse pubbliche. Quindi è la Protezione Civile che continua a mettersi nella condizione, evidentemente perché non è in grado di dare questo tipo di informazione, perché sta aspettando di costruire le condizioni migliori per rappresentarlo in un modo piuttosto che in un altro, ma in un contesto come questo è prevalente l'interesse del cittadino a sapere rispetto a qualsiasi altro interesse. La vicenda delle donazioni è paradossale, nel senso che i cittadini di tutto il mondo hanno donato chi 1000, chi 5, le compagnie telefoniche, gli sms, avendo ben in mente le immagini degli aquilani che soffrivano, dei bambini, della Casa dello Studente...

Claudio Messora: Bruno Vespa con l'orsacchiotto in mano...

Carlo Costantini: Bruno Vespa con l'orsacchiotto in mano. Ed immaginando quindi che quei soldi sarebbero andati a finire direttamente nelle tasche degli aquilani. E' incredibile invece che la stragrande maggioranza di quei soldi siano andati a finire nelle mani di gente che oggi è indagata dalla Procura della Repubblica dell'Aquila per aver realizzato cantieri ed opere che hanno portato benefici esclusivamente per chi li ha costruiti. Certamente non per la popolazione aquilana. Forse oggi, apparentemente, anche per chi occupa quei progetti ma nel tempo vedremo certamente in misura inferiore. Ma il paradosso è che io dono in denaro, immaginando che quel denaro vada a vantaggio esclusivo e diretto di una persona che ha sofferto le conseguenze del terremoto, quel denaro prende una direzione diversa e viene utilizzato per pagare progettisti, per pagare appaltatori, per cementificare ettari ed ettari di territorio, ma è stato fatto sapere a chi ha donato, prima di donare, che i soldi sarebbero stati utilizzati per questo?

Claudio Messora: Non è stata coivolta la popolazione? Non è stato chiesto loro quale destinazione d'uso avrebbero preferito per quei soldi?

Carlo Costantini: Assolutamente no. Anche quella è stata una violazione incredibile che si è consumata ai danni del popolo aquilano, così come la revisione del progetto, perché poi non si discute della revisione del progetto. Quando è stato presentato il progetto Case, si sono valutate delle superfici che comprendevano aree verdi, aree pe attrezzature di interesse collettivo, scuole, palestre. Nel corso dei mesi, probabilmente a causa della penuria delle risorse economiche disponibili, si è deciso di stralciare quella parte di aree da espropriare nella quale dovevano essere realizzate le strutture che servivano a trasformare questi alloggi in quartieri, perché è evidente che un gruppo di palazzi realizzato in una struttura assolutamente periferica, se non ha la possibilità di integrarsi, di costruire dei luoghi di aggregazione come palestre, come chiese, come strutture ricettive della popolazione, poi veramente costituisce una condizione di degrado irreversibile, ebbene nel corso dei mesi, dopo aver presentato un progetto che prevedeva tot aree per la realizzazione del verde e tot aree per la realizzazione di strutture di interesse collettivo, le strutture di interesse collettivo sono state spostate potenzialmente nelle aree verdi e quelle aree non sono state più espropriate. Cioè voglio dire: la rappresentazione di partenza del progetto è stata di volta in volta violenta, violentata e riviolentata sempre ai danni della popolazione aquilana e sempre a vantaggio esclusivo di chi ha deciso di realizzare quell'intervento e di chi soprattutto ha avuto la fortuna economica di poterlo realizzare.

Claudio Messora: Poi so che molti aquilani protestano vibratamente perché alcune aree sono state espropriate e, come per magia, altre aree afferenti a personaggi in vista, imprenditori o noti esponenti della politica, non sono state espropriate affatto. Quindi c'è stata una specie di disparità di trattamento.

Carlo Costantini: Questo accade quando non c'è la partecipazione dal basso. Questa è la conseguenza della gestione emergenziale che consegna nelle mani di pochi la definizione di scelte che hanno un impatto e una rilevanza destinata ad incidere per decenni su una popolazione. Il vero problema dell'Aquila, che poi è il problema che giustifica anche le inchieste di Firenze e tutto ciò che ha interessato la Protezione Civile, questa condizione dell'emergenza costruita a tavolino, un evento da realizzare nel 2008, tu lo sai da 5 anni prima, arrivi nel 2007 senza aver mosso un dito perché poi nel 2007 puoi dire "c'è l'emergenza" e attraverso l'emergenza tu puoi fare tutto e il contrario di tutto. Questo modello si è calato alla perfezione nella realtà dell'Aquila, perché la gestione emergenziale, nella fase immediatamente successiva al sisma, era una gestione inevitabile. Nessuno la mette in discussione, e nessuno, me compreso, finirà mai di esprimere il senso di gratitudine nei confronti della Protezione Civile e delle persone, volontari e non, che del sistema della Protezione Civile, inteso come sistema di assistenza e di gestione dell'emergenza, fa parte. In quel momento le tende, l'acquisto delle tende, non può prevedere una procedura pubblica, perché la tenda ti arriva dopo due mesi e nel frattempo la popolazione cosa fa? La gestione del servizio mensa, tutto ciò che serve deve essere gestito come emergenza, ma noi ancora oggi all'Aquila ci muoviamo con le logiche dell'emergenza. Ancora oggi abbiamo un commissario che accentra su di sé e sulla sua persona una serie di funzioni amministrative che dovrebbero essere riconsegnate alle istituzioni di partecipazione democratica. Quando si gestisce il potere con l'emergenza, lo si fa perché si ha la possibilità di favorire tizio piuttosto che caio. Anche la gestione dei vantaggi fiscali, della fiscalità agevolata, della sospensione delle tasse e delle agevolazioni per gli aquilani viene condotta con gli strumenti dell'emergenza. Il governo rifiuta di fare una legge sulla ricostruzione perché la legge è uguale per tutti, perché la legge definisce un orizzonte all'interno del quale ognuno può costruire il suo progetto, mentre la gestione dell'emergenza consente ad un politico o due politici di ricattare il territorio, di costringere il cittadino a venirti a chiedere un piacere per ciò che in realtà dovrebbe essere il riconoscimento di un diritto, e tutto questo sta determinando che periodicamente, ogni volta che scade una ordinanza, e lo avrai letto anche sugli organi di informazione, ogni volta che sta per scadere un'ordinanza la popolazione aquilana è costretta di nuovo a scendere in piazza, a protestare, ad ottenere una proroga, per ottenere una modifica, per ottenere, ripeto, quello che appare come un piacere, come una concessione. Ed il drammatico è che gran parte del ceto politico, ad ogni proroga ringrazia il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ringrazia berlusconi, ogni volta, ogni sei mesi ringraziamenti, ogni sei mesi delle gratitudini, quindi è malato il sistema, perché è un sistema che tende ad impoverire e a privare di diritti fondamentali la popolazione, che costringe la popolazione a scambiare dei piaceri e a richiederli, e che pone il rappresentante del popolo, dei cittadini e delle istituzioni come la persona in grado di dispensare piaceri e cortesie laddove invece questi non sono piaceri ma sono riconoscimenti di diritti.

Claudio Messora: La depauperazione del territorio, della popolazione abruzzese è cominciata molto prima del terremoto. Io ricordo già in epoca di campagna elettorale, per l'elezione del nuovo Presidente della Regione Abruzzo, Berlusconi due giorni prima delle elezioni promise 16 miliardi di euro per la popolazione abruzzese...

Carlo Costantini: Te lo ricordi?

Claudio Messora: ... per tutte le infrastrutture di cui necessitava, e in special modo per la velocizzazione della Roma - Pescara. E le promise non in un ipotetico giorno, generico, del 2015, difficilmente verificabil: le promise per 6 giorni dopo. Ovvero era il 12 dicembre, si era a Chieti e le promise per il 18 dicembre, durante la prima riunione possibile del CIPE. Poi fu facile verificare, ovviamente non per l'informazione ufficiale, ma certo per quella libera, online, che in quella riunione di 6 giorni dopo non c'era un solo centesimo per l'Abruzzo, eppure la coscienza civile della popolazione abruzzese non li spinse a riversarsi nelle strade e a richiedere al neo-eletto governatore Chiodi che fine avessero fatto quei 16 miliardi di euro, che già in sé contenevano una stortura democratica, perché un Presidente del Consiglio che rappresenta tutta l'Italia non può in alcun modo decidere di destinare risorse alle sole regioni che diano la preferenza al suo schieramento elettorale, il suo schieramento politico, e negarlo a quelle che vengono magari rappresentate da un ipotetico avversario come il centro-sinistra. Già questa è una stortura democratica. In più non ci fu appunto un solo centesimo rispetto alle promesse fatte soli sei giorni prima.

Carlo Costantini: Il problema è che il modello culturale che il berlusconismo ha trasferito oggi, il modello di società, è un modello molto improntato al ballismo. Cioè alle balle che si dichiarano, che si consumano e che vengono sostituite da altre balle. C'è la indifferenza di una larghissima parte della popolazione. In un paese normale un Presidente del Consiglio che prende un impegno e dopo sei giorni non lo mantiene, e davanti c'erano tremila persone in quel teatro...

Claudio Messora
: Cinquemila!

Carlo Costantini: Cinquemila! Più le televisioni. Un Presidente del Consiglio che prende quell'impegno e dopo sei giorni non lo mantiene è un Presidente del Consiglio che viene mandato a casa, con le buone o con le cattive. In Italia gli si consente di ripetere, di perpetrare quelle balle, perché dopo quelle balle ce ne sono state tante altre. Il problema è che quando scade la balla - perché la balla ha una scadenza: io ti faccio questo entro una certa data, c'è proprio un sistema, secondo me studiato a tavolino - quando sta per scadere quella balla, quella balla viene sostituita da un'altra balla che dilata e differisce nel tempo il momento della verifica. Quando scade la seconda balla, perché sta arrivando a scadenza e a verifica, automaticamente viene sostituita da una balla un po' diversa. Si trasforma in due o tre balle, in maniera tale che questa trasformazione, questa manipolazione genetica della balla originaria, consente anche di deviare l'attenzione del cittadino elettore, e pian piano di far dimenticare al cittadino elettore qual'era la promessa originale. Quindi una balla che si trasforma in una balla prorogata, che a sua volta si trasforma in due, tre, quattro balle e alla fine fa dimenticare la verità. E' scomparsa la verità, in questo paese.

Claudio Messora
: Questo però allontana la gente dalla politica...

Carlo Costantini: Ma non c'è dubbio!

Claudio Messora: E non solo, secondo me, la gente è lontana dalla politica e in qualche modo questo è il motivo per il quale non protesta, è come se non ci credesse più - la gente da per scontato che il politico di professione deve raccontare balle, altrimenti non è un politico - ma ci deve essere anche una sorta di connivenza con il tessuto della politica, perché il politico non nasce dal nulla, il politico è espressione del territorio e spesso e volentieri raggranella voti proprio sulla promessa che fa alle persone e anche mediante lo scambio di favori - una promessa che tra l'altro oggi non è più neanche mantenibile, perché di lavoro non c'e n'è più per nessuno -, quindi ecco: la popolazione non è soltanto vittima ma credo che sia anche un po' correa, corresponsabile rispetto a questo meccanismo deleterio.

Carlo Costantini: Sì, ma il problema fondamentale è che lo stato di disperazione nel quale viene posta la popolazione è strumentale alla costruzione di questo regime. Cioè la popolazione sarebbe responsabile in un sistema sociale ed economico capace di garantire sopravvivenza a tutti, prospettive a tutti, parità di diritti a tutti. Se il sistema viene ridotto allo stremo, se le condizioni economiche delle famiglie vengono rese drammatiche come lo sono oggi, se i giovani in Abruzzo credo che per il 38% non abbiano la possibilità di costruirsi un posto di lavoro, se tu getti nella disperazione un popolo, poi non puoi dare la colpa al popolo per il fatto che crede a una promessa o che si attacca a una speranza, per quanto questa speranza venga rappresentata da un delinquente, da un criminale, da una persona che si spaccia per un benefattore, che poi in realtà non lo è. E' difficile prendersela con il popolo perché il sistema, questo regime che l'Italia ha subito negli ultimi anni, è stato studiato scientificamente, e ha come presupposto fondamentale la crisi economica, il degrado etico e sociale, le condizioni di difficoltà delle famiglie, le difficoltà della piccola e media impresa, perché è evidente che in un sistema normale nel quale ognuno campa di suo ed ha la possibilità di costruirsi un futuro, la capacità di giudizio autonomo resta molto più spiccata e molto più libera. In un contesto compresso nel quale tutti soffrono, se qualcuno dice "ti do la possibilità di smettere di soffrire e di costruirti un futuro migliore, e sono io l'unica persona che può consentirti questo, perché il merito non esiste, perché le capacità non esistono, perché la concorrenza ed il mercato non esistono, perché il valore della formazione professionale non esiste", se qualcuno cede non te la puoi prendere con quel qualcuno. Te la devi prendere con chi l'ha costruito questo modello.

Claudio Messora: Però io dico: c'è un limite al peggio, c'è un limite alla falsificazione mediatica, c'è un limite anche alle manganellate come quelle che hanno preso gli aquilani a Roma, e questo limite l'ha dimostrato la Tunisia.

Carlo Costantini: Eh, lo so. Purtroppo la Tunisia sta quasi per diventare un modello. La Tunisia ieri, oggi l'Albania... I tunisini protestano. NOn accettano un governo ladro, che coltiva interessi di parte, che non si preoccupa dello sviluppo e della economia del proprio popolo. Noi in Italia purtroppo abbiamo dimostrato di non avere ancora la capacità, la determinazione per protestare. Un grandissimo esempio ce l'hanno dato i ragazzi, con la riforma universitaria della Gelmini, e veramente hanno costituito per molti, e anche per me, la speranza che un futuro diverso e migliore è possibile anche in Italia, perché la loro civiltà, al di fuori di episodi assolutamente marginali che poi sono stati strumentalmente portati ad esempio, la civiltà della loro protesta, la dignità della loro contrapposizione ad una riforma che li penalizza, la loro voglia di futuro, la consapevolezza che queste scelte stanno consumando ulteriormente il nostro futuro, personalmente mi ha restituito una grandissima speranza.

Claudio Messora: E poi c'è la grandissima questione, conclusiva, della ricostruzione all'Aquila. Il popolo delle carriole, le macerie...

Carlo Costantini: La ricostruzione tarda. In parte tarda perché i soldi arrivano a rilento. In parte tarda perché manca un modello di governance intelligente. Il problema fondamentale è che la ricostruzione di una città come L'Aquila, che è uno dei più grandi centri storici in Italia e che è crollato, presuppone l'adozione di regole. Di regole comportamentali. Di regole legate all'approvazione di un crono-programma, di tempi di esecuzione che oggi non ci sono ancora. Oggi ci sono dei ritardi drammatici, anche se - e questo lo dico a dimostrazione del fatto che non ho una posizione ideologica contraria a tutto ciò che proviene dal governo, che sia governo della città, che sia governo dello Stato - bisogna riconoscere che un centro storico come quello dell'Aquila è difficile ipotizzare che in 24 mesi possa essere ricostruito.

Claudio Messora: Ma secondo te è possibile ricostruirlo?

Carlo Costantini: Dal mio punto di vista è possibile, ma occorre una straordinaria capacità di programmazione. Cioè, tradotto: se io intervengo prima su un fabbricato, c'è il rischio che l'intervento su quel fabbricato mi impedisca di intervenire su altri cento fabbricati, sia in termini di viabilità che si rende inaccessibile, sia in termini di logica costruttiva. Andrebbe costruito un grandissimo programma pluriennale di attuazione, quello che era uno strumento obbligatorio fino a qualche anno fa di accompagnamento dei piani regolatori. Quando i comuni approvavano i piani regolatori, insieme ai piani regolatori dovevano approvare i programmi pluriennali di attuazione, cioè dei programmi che al loro interno contenevano una sorta di crono-programma sulla realizzazione di quel progetto. Oggi all'Aquila manca questo progetto, un progetto di ricostruzione complessivo che individua dei pezzi di territori, degli ambiti, degli aggregati che partono prima degli altri e che evidentemente spingono tutto il contesto economico a realizzare ciò che è propedeutico alla realizzazione di ciò che è successivo. Mancano logiche, mancano progetti e manca soprattutto la consapevolezza, e non mi riferisco al fatto strutturale, mi riferisco però alle prospettive di recupero economico e sociale di questa città, che sono aspetti che non si considerano: oggi si pensa al muro, al mattone ma non si pensa alla possibilità di questa città di sopravvivere, alle sfide del futuro. L'Aquila era una città che era già in difficoltà prima del terremoto, quindi pensare di poterla ricostruire come era e dov'era anche rispetto alle potenzialità di tenuta del tessuto sociale economico aquilano è un grandissimo errore. Cioè, paradossalmente tutte queste risorse e la distruzione di alcuni pezzi della città dovrebbero essere visti come il presupposto per immaginare un futuro diverso. Quello che oggi non si fa ancora a sufficienza è la costruzione di un orizzonte nuovo per la città dell'Aquila. L'Aquila non può essere più quello che non era già più prima, cioè industria, polo dell'elettronica e attività economiche che avevano già segnato il passo. L'Aquila dal mio punto di vista deve investire la maggior parte delle risorse sull'università, sulla ricerca e sull'innovazione, sulla bellezza del proprio patrimonio storico, culturale e architettonico e sulle prospettive di crescita economica che tutto questo, evidentemente, dovrebbe determinare. E io non credo che ci sia quest'attenzione, perché per esempio l'università non credo che sia stata considerata fino in fondo. La popolazione studentesca, oltre ventimila studenti che costituiva il cuore pulsante dell'economia aquilana, non credo che sia stata vista con la necessaria attenzione. L'Aquila, se perde l'università, sia in termini di opportunità che rappresenta in sé, che in termini di prospettiva e di sviluppo di tutto ciò che attiene alla ricerca e all'innovazione, per me perde una grandissima chance. Così come se perde la consapevolezza della sua bellezza e del valore strategico dell'ambiente circostante, il Gran Sasso, le opportunità turistiche che comportano andare a visitare la città dell'Aquila, perde un'altra grandissima opportunità. E quindi anche qui occorrerebbe una cabina di regia per fare in modo che tutto ciò che realizzo oggi sia funzionale al progetto di domani e non funzionale a realizzare quello che c'era ieri e che già ieri ha dimostrato di non essere all'altezza.

Claudio Messora: In conclusione ti chiedo: come si è comportato secondo te il governo della Regione sotto la presidenza di Gianni Chiodi, e una lista di punti che la politica dovrebbe affrontare, la politica abruzzese, e che i cittadini dovrebbero affrontare per rilanciare il lavoro, il tessuto sociale, economico aquilano, per ritornare alla vita che facevano, presumibilmente, se è possibile, prima del terremoto.

Carlo Costantini
: Ma guarda, i cittadini dovrebbero avere la possibilità di saperne di più, perché l'espressione di un giudizio presuppone prima una conoscenza adeguata di quello che sta avvenendo. La colpa non è dei cittadini ma è del sistema dell'informazione che droga la notizia, che la presenta in maniera distorta, ed è anche del cittadino che oggi subisce un modello culturale che lo vede tendente ad accontentarsi di quella visione superficiale e leggera tipica del messaggio televisivo. Quindi il cittadino dovrebbe informarsi di più. La pubblica amministrazione dovrebbe pesare di meno, dovrebbe pesare di meno in termini di impatto burocratico, di procedure, di tempi di attesa e di realizzazione. La politica e il sistema economico nel suo complesso dovrebbero cercare di recuperare credibilità. Oggi quando si costruiscono i tavoli per definire le prospettive di ripresa del territorio, il cittadino li considera i tavoli di sempre, cioè i luoghi all'interno dei quali si ripetono le stesse liturgie di sempre, si ripetono le stesse dichiarazioni, gli stessi enunciati o propositi di principi di sempre per poi non realizzare nulla. C'è una difesa di casta, di categoria e di corporazione che costituisce il male del sistema politico economico della nostra regione ma credo anche di tutta l'Italia. I politici dovrebbero rinunciare all'esercizio di pezzi di potere che fanno molto comodo per la conquista del consenso. Gli operatori economici, molti, dovrebbero avere più coraggio. Sul coraggio, mi riferisco al confrontarsi con la concorrenza ed il mercato, perché i poteri economici forti della nostra regione sono poteri assistiti, che hanno beneficiato di condizioni di sostanziale monopolio nei confronti della pubblica amministrazione, perché il popolo delle partite iva, quelli che si confrontano con la concorrenza ed il mercato stanno lì, e continuano a soffrire e si aspettano il cambiamento. E quindi dico che gli attori dovrebbero innanzitutto recuperare credibilità. Poi dovrebbero semplificare le norme. I cittadini dal loro punto di vista dovrebbero recuperare una voglia di protagonismo attivo nella elaborazione dei progetti, ma io spero che il declino della parabola berlusconiana possa costruire condizioni diverse. Io non do responsabilità a nessuno. Nemmeno ai singoli esponenti del centro-destra, i berluschini che oggi costituiscono un pericolo maggiore di Berlusconi. Io do responsabilità forti a questo modello di società che ormai da 15 anni è stato imposto attraverso il sistema dell'informazione a tutti gli italiani, ai giovani, nelle scuole, nelle università. Se crolla questo, io sono convinto che gli italiani, tutti gli italiani, recupereranno la voglia del confronto, perché è giusto che ci sia una contrapposizione civile tra forze politiche diverse, è giusto che poi emerga una sintesi, è giusto che il cittadino possa esprimere consapevolmente la propria opinione. Ciò che non è giusto è ciò che fino ad oggi il sistema berlusconiano ci ha costretti a subire.

Claudio Messora: Tu come capo sostanzialmente dell'opposizione al governo regionale che cosa puoi fare?

Carlo Costantini
: Io posso continuare a fare tutto ciò che ho fatto fino ad oggi: esercitare un'opposizione dura, esercitare una funzione di denuncia, perché il politico non può limitarsi a dire quello che non funziona all'interno del Consiglio Regionale. Deve uscire fuori, per la strada, nelle piazze, parlando tra la gente. Deve assumersi la possibilità di denunciare ciò che il cittadino, debole, ricattato non può denunciare. Noi dobbiamo farlo perché siamo privilegiati. Questo l'ho detto anche all'Aquila la settimana scorsa, in occasione di un convegno. Non si può chiedere al cittadino aquilano di avere la schiena dritta in questo momento, un momento in cui soffre, non ha certezze per il futuro e si aspetta che qualcuno, chiunque, risolva il suo problema. Questo è il momento in cui chi esercita la funzione dell'opposizione deve avere la schiena dritta.

Claudio Messora
: Ma c'è qualche responsabilità, secondo te, anche nell'opposizione?

Carlo Costantini: In parte sì. In parte sì: un certo sistema inciucista che vede i due partiti prevalenti della maggioranza e dell'opposizione cercare in alcune occasioni degli accordi di tipo spartitorio, questo è un problema che c'è in tutta Italia. Potremmo citare esempi di ogni genere. Anche ieri, analizzando la provenienza dei direttori generali nominati da Formigoni si è scoperto che ce ne sono un paio che provengono dall'opposizione. Voglio dire, questo a noi dell'Italia dei Valori tendenzialmente non accade, ma questo spirito un po' inciucista che vede i due partiti principali scambiarsi cortesie e soccorrersi vicendevolmente, e mi riferisco al territorio, nella gestione di questioni prettamente territoriali, è un male abbastanza diffuso, non solo abruzzese. Fortunatamente, dico io, ci siamo noi che le denunciamo, che proviamo a portare avanti esclusivamente l'interesse dei cittadini, anche se poi il sistema dell'informazione quando serve far passare la notizia non ti da una grande mano. E concludo: se le denunce che abbiamo fatto noi sulla ricostruzione avessero avuto un adeguato risalto sui mezzi di informazione, e mi riferisco agli isolatori sismici, piuttosto che al Progetto Case, piuttosto che ai bagni chimici, piuttosto che a tutto ciò che oggi la magistratura sta portando avanti, se avessero avuto un rimbalzo adeguato dai mezzi di informazione, probabilmente l'autorità giudiziaria avrebbe avuto la possibilità di intervenire subito e le casse della pubblica amministrazione non avrebbero subito i salassi che invece hanno subito. Il ruolo dell'informazione è fondamentale, il ruolo della politica è fondamentale per fare in modo che non si arrivi alla certificazione di morte, perché l'intervento di una Procura e di una Magistratura serve semplicemente a certificare la morte del sistema.

Claudio Messora: Grazie.

Carlo Costantini
: Grazie.

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