Il ponte sullo Stretto di Messina: 30 anni, 450 milioni di euro, tutto fermo


Sono tre decenni che si parla di farlo: fiumi di soldi divorati, ma niente ancora in cantiere. Ne parla il Fatto Quotidiano.
C’è persino la canzone di Checco Zalone nel suo penultimo film, “Cado dalle nubi”: governo, lo facciamo o no questo ponte sullo Stretto di Messina? Per ora, pare di no: qualche calcolo lo ha fatto il Fatto Quotidiano. Cifre e tempi per l’opera più ciclopica del mondo, nelle intenzioni: ma nella pratica, zero risultati, zero iniziative, nulla di nulla e soldi a fiumi sprecati per un progetto sempre annunciato ma mai veramente cantierizzato.
SOLDI PUBBLICI  -Da trent’anni, spiega Sandra Amurri, e a ciclo continuo, qualcuno parla di fare questo benedetto ponte sullo Stretto di Messina. A quel punto parte il finanziamento, l’ennesimo stanziamento che poi, tanto, cadrà miseramente nel vuoto.
La storia del Ponte sullo Stretto di Messina, 3.300 metri, il più lungo del mondo, è anche quella dell’opera più costosa e foriera di spreco di soldi pubblici mai messa in cantiere. Con un preventivo iniziale di 6,3 miliardi di euro, già lievitato a 8, dimostra quanto possa arrivare a costare ai cittadini la propaganda. La società Stretto di Messina Spa (Sdm) è stata fondata nel 1981, ma i costi partono dal 1971 quando una legge definì il ponte “di interesse nazionale” e venne istituito un concorso internazionale di idee. In dieci anni sono stati macinati 373 milioni di lire. Dalla costituzione della Sdm Spa a oggi si sono spesi altri 420 milioni di euro (900 miliardi di lire). Somma che, se consideriamo l’inflazione, non rende il senso del flusso di denaro pubblico. A cui si deve aggiungere la cifra fin qui pagata al contraente generale Eurolink (associazione di imprese, capofila Impregilo), che non ci è dato conoscere perché alla nostra domanda non è seguita alcuna risposta.
PROGETTOLANDIA – I cittadini che da sempre si oppongono al progetto del Ponte, riuniti in comitato, hanno una definizione per questo scempio di denaro pubblico: progettificio.
Il movimento No Ponte definisce l’operazione Stretto di Messina “un progettificio”, composto da “nomi altisonanti e da cui sono stati allontanati consulenti e tecnici che realmente conoscono il territorio e i problemi che esso può comportare. Questioni legate alla non edificabilità, di tipo sismico, idrogeologico e di funzionalità realizzativa, senza contare quelli legati all’impatto ambientale e territoriale. A cui si aggiunge un dato allarmante: per realizzare il Ponte Akashi in Giappone, il più lungo finora esistente, che non prevede, a differenza di quello sullo Stretto, il transito dei treni, sono stati impiegati dieci anni; per il nostro invece se ne prevedono solo sei, e siamo in Italia. Non solo: il nostro ponte è progettato per resistere a un terremoto di 7.2 della scala Richter (il terribile terremoto di Messina del 1908 fu del 7.1). Come dire, se abbiamo capito bene, che a 7.3 il ponte crollerebbe.
Non c’è un progetto esecutivo, per iniziare la cantierizzazione del ponte: non si sa, dunque, come dove e quando partirà questo gioiello di grande opera, così strenuamente propagandata dagli esecutivi degli ultimi vent’anni. Per ora si sa che, nelle trafile burocratiche, il motore che divora i soldi pubblici è in sempre maggiore attività. I continui aggiornamenti del progetto vengono finanziate sulla base di stime che non stanno né in cielo né in terra, dicono dal Fatto.
Nel 2001 una ricerca commissionata dal governo di centrosinistra ha stabilito che la metà delle persone che attraversano lo Stretto sono pendolari. E l’80% dichiara che non usufruirà del ponte. I camion usano sempre più le navi e la tendenza del traffico automobilistico (dati forniti dall’Autorità portuale) è in diminuzione. Ma nonostante questo, il Ponte sullo Stretto viene finanziato su previsioni di crescita del traffico, non avallate da alcuno studio scientifico, che oscilla tra il 10% e il 30%, entro il 2012: il piano di rientro finanziario infatti si basa sul numero di veicoli che lo attraverseranno. Ma la soluzione per risolvere un trafficoche è solo locale – in quanto quello su grande distanza si è già spostato sugli aerei (dall’85 al 2005 vi è stato un incremento del 3000%) – sarebbe realizzare una metropolitana del mare, una serie di barche-bus per collegare 24 ore su 24 Villa San Giovanni a Messina.
SPRECHI – Per non parlare della sede operativa della società che dovrebbe costruire materialmente il ponte: chissà perchè si trova comodamente a Roma, e non sul luogo. E chissà cosa fa, tutto il giorno, da vent’anni a questa parte.
La società Stretto di Messina. Costituita nel 1981, ha dapprima sede a Roma al n.19 della centralissima via Po, 3600 metri quadrati su quattro piani, attico, seminterrato e giardino, costo 75 mila euro al mese di affitto incassato dalla srl Fosso del Ciuccio, immobiliare della Cisl. Poi arriva Prodi, che chiude i rubinetti di questo spreco inaudito di soldi pubblici, non finanziando l’opera. Ma la società non viene chiusa: cambia soltanto sede, trasferita in via Marsala. Sede più piccola (1200 metri quadrati), ma più costosa al metro quadro (600mila euro l’anno – 50mila euro al mese). L’Anas (azionista di maggioranza con l’82%) la affitta da Grandi Stazioni di cui è azionista Sintonia (gruppo Benetton), che controlla Atlantia, cioè Autostrade per l’Italia, che a sua volta detiene attraverso Igli un terzo di Impregilo (la capofila di Eurolink, cioè dell’as – sociazione di imprese che comprende la giapponese Ishikawajima, la spagnola Sacyr ecc…), per poi subaffittarla a Sdm. Il canone – come ci fa notare l’uf ficio stampa – comprende per fortuna le utenze elettriche, la gestionedegli impianti, dei servizi di portineria, di guardia e di pulizia. Quarantanove dipendenti, di cui solo otto distaccati dall’Anas e da società controllate e quattro collaboratori con contratti a progetto
Al vertice di questo sistemuccio, un solito noto: Massimo Ponzellini, già presente all’ultima cena degli ossi con Umberto Bossi e Giulio Tremonti, nonchè a capo di Impregilo, il colosso degli appalti di Stato.
(Il) contraente generale è Eurolink (associazione di imprese, capofila Impregilo), che non ci è dato conoscere perché alla nostra domanda non è seguita alcuna risposta. Impregilo, presieduta da Massimo Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano (voluto da Tremonti, ex prodiano ora bossiano), domina il mercato delle Grandi Opere (inceneritori, autostrade), sta nell’Alta Velocità, ma non solo. Grazie al suo assetto societario – che vede gruppi imprenditorialifinanziari con le mani sull’editoria, da Benetton a Gavio a Ligresti – gode di un consenso trasversale alle maggioranze che di volta in volta sostengono i vari governi. La realizzazione del Ponte, se mai si farà, avverrà con prestiti erogati dalle banche, garantiti dallo Stato.

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