Gli alluvionati alzano la voce: «Risarcimenti, non contributi»

MONTEFORTE. Primo incontro delle famiglie danneggiate, promosso dal comitato coordinato da Maccarone e Montini
Sottolineata la responsabilità dei comuni che non hanno dato il preallarme: si sarebbe salvato almeno l'80% delle automobili

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L'affollato incontro di ieri sera a Monteforte, organizzato dal Comitato alluvione FOTOSERVIZIO AMATO
Dimostrare che non è stato un evento imponderabile, che ci sono delle precise responsabilità, per trasformare i contributi, limitanti per tutti e concepiti come «elemosina», in risarcimenti. È il fronte su cui sono pronti a schierarsi gli alluvionati montefortiani, a fianco di quelli soavesi.
Nel primo incontro post alluvione, quello dell'altra sera promosso dal Comitato alluvione a Monteforte coordinato da Rosario Maccarone e Luciano Montini, è questa la prima cosa che si è deciso di fare, anche passando attraverso una colletta (dieci euro a famiglia) per pagare le perizie di un ingegnere idraulico. Responsabilità: «I primi responsabili sono i Comuni che con un preallarme avrebbero permesso che si salvasse almeno l'80% delle automobili», ha detto Cristina Lucini, del Comitato Soave produttiva. Le hanno applaudito tutti e c'è stato anche chi ha osservato come «sul sito della Protezione civile regionale l'allarme era formalizzato dal pomeriggio 30 ottobre e quindi forse c'era il tempo». Poi Andrea Ciresola: «Le linee guida della Protezione civile danno precise responsabilità: mi mette in all'erta se un sindaco non da un allarme per non creare il panico», dice leggendo uno stralcio di articolo di giornale. «Perché cede l'argine dello scolo Mutti dopo i lavori nel 2005? Perché cede l'argine dell'Alpone dopo i lavori nel 2010?», chiede una dei presenti. C'è chi grida alla «trascuratezza cronica» del nodo tra via San Carlo-via Matteotti-via De Gasperi. Le domande sono tante, c'è comune disappunto per non aver ancora incontrato in assemblea il sindaco Carlo Tessari, «chi aveva la responsabilità». Si parla di danni: «I contributi statali presuppongono una pezza giustificativa del valore dell'intero danno», dice Lucini, «vergognoso, e il resto chi lo mette? Col risarcimento non servirebbe nessuna pezza giustificativa». In tanti, dal brusio, la pensano come lei.
L'assessore Claudio Ramazzin interviene e invita alla cautela: «Alle assemblee del 3,4 e 5 gennaio ci sarà il vice commissario Carraro. Solo in quella sede avremo risposte precise perché su tante cose non è stato ancora deciso nulla». Lucini, sostenuta dai presenti, si dice convinta del fatto suo, indica il Comune di Soave (due assemblee alle spalle) come esempio di interlocutore. Ramazzin sintetizza quel che ha occupato l'amministrazione nei primi 60 giorni dall'alluvione, parla di messa in sicurezza del territorio come priorità e apre agli alluvionati: «Troviamoci anche ogni 15 giorni. Facciamo un elenco di dieci persone per ogni via da mettere in collegamento telefonico diretto con la Protezione civile regionale». E poi, quando emerge anche il dubbio della salubrità dei terreni «invasi dall'acqua di conceria del Chiampo» promette di chiedere prelievi all'Agenzia regionale per l'Ambiente.
Parla di «diritto alla verità e dunque di diritto ai risarcimenti» il capogruppo di minoranza (Monteforte Doc) Antonio Carletto e annuncia di voler «chiedere la convocazione di una seduta di Consiglio comunale per sapere cosa è stato fatto prima, durante e dopo l'alluvione». E idealmente brandisce il Piano comunale di Protezione civile, di cui il Comune si dotò quand'era sindaco: «Tante le cose non fatte nell'ultimo anno e mezzo». Emilio Garon, «penna» del Giornale di Vicenza scelto come moderatore, fa parlare anche il consigliere regionale Gustavo Franchetto (Idv): offre la sua totale disponibilità agli alluvionati, a partire dal suo recapito personale.
Paola Dalli Cani

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