Vincenza Rutigliano

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Mi ricordo. Il calore del bagno in una vasca traboccante di schiuma e il freddo da pelle d’oca di un bagno in mare… Mi ricordo. Quanto fosse calda la mano che cercava la mia e il freddo che faceva in macchina certe sere… Mi ricordo. Che fatica le salite in bicicletta sui ponti pedonali del quartiere e che bella emozione scendere di corsa a pedali liberi in completa incoscienza… Quanto ancora è inciso in modo indelebile nella mia memoria e nella mia anima.
Sono Vincenza detta Vicky, ho 46 anni, quasi 24 dei quali vissuti a Milano3. E’ un quartiere pieno di verde e costruito "a misura d’uomo", meglio se sano e benestante. Io e la mia famiglia abbiamo scelto di viverci quando mia figlia aveva solo 2 anni e Milano era cosparsa di siringhe. E’ stata una scelta profetica. Non avrei mai immaginato di usare i vialetti pedonali per esigenza e non più per divertimenti e scorribande spensierate.
Da circa 14 anni è così. In seguito ad un’ischemia spinale cervicale sono seduta per sempre e con la perdita dell’uso quasi totale delle mani. Mi ricordo tutto.
Quel giorno sono morta. Tanti giorni sono morta.
Il 5 dicembre 1995 la diagnosi definitiva: sarei fondamentalmente rimasta così. Il dolore enorme della mia morte dal punto di vista dell’attività fisica mi provocò un arresto cardiaco. Ricordo. Mi è girato tutto intorno ed è finita. Niente tunnel, niente luce. Solo silenzio, risvegliato dall’infermiere Pietro che mi stava addosso per praticarmi il massaggio cardiaco.
Tante volte, in questi anni, ho desiderato che la mia vita fosse finita quel giorno. In realtà la morte l’ho invocata come amica solo in due casi, anzi tre: vedendo l’inutilità della mia vita umiliata nel corpo e nella dignità da tante mani non amorevoli e non rispettose che mi frugavano ovunque, dimenticandosi che sono immobile ma consapevole; dovendo fare esperienza di dolore fisico e psichico per mesi e mesi, non compreso perché, a detta dei medici, impossibile; osservando la compassione delle persone più care e la loro sofferenza profonda per un presente orribile e un futuro assente.
Non è arrivata, sorella morte. Non era il momento. Non ero pronta, forse. Non lo so. Io sono credente, cristiana, ho gridato a Dio perché tutto finisse. Mi ha ascoltata. Ho smesso. Ora vivo. Sono.
La vita è misteriosa. Ti fa scoprire il te stesso che non conosci, quello che milioni di discipline più o meno valide di introspezione ti vorrebbero rivelare. Per assurdo ho scoperto che la luce in fondo al tunnel si nascondeva proprio dentro.
E’ una delle ragioni del non desiderare più la morte, nel riscoprire ogni giorno una piccola risorsa in più. Da usare e da mettere al servizio di altri. Esperienze, incontri, scambi di informazioni. Scoprire che le tre cause che mi facevano non-vivere potevano essere affrontate. Che l’accettarmi “diversa” mi avrebbe aiutato nel viaggio della tolleranza che non conoscevo; che spesso offrire un sorriso a chi si prende cura di me vale più di una mancia; che il tempo di morire riservato ad ognuno di noi non ci è noto.
Un grazie e un ricordo a chi è passato dalla mia vita rallegrandola e a chi c’è e la custodisce con amore.
Sono di: 
Milano
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