Scorie radioattive, CO2 e rifiuti in genere...

In Francia, il paese più nuclearizzato del mondo (80% circa di energia elettrica prodotta da una sessantina di centrali nucleari, contro un 20% in USA) si produce ogni anno 1 Kg circa di rifiuti nucleari di vario tipo (includendo le “barre spente” di central). Circa 20 gr sono di nuclei con radioattività classificata dall’IAEA come  “high level”, cioè a lungo o lunghissimo tempo di dimezzamento e ad alta radioattività. Siccome i francesi sono circa 60 Milioni, ciò corrisponde ad una produzione annua 60 mila tonnellate di rifiuti radioattivi. E, conseguentemente, 1 200 (milleduecento) tonnellate di rifiuti high level.
Ma… Ogni anno si producono in media circa 2500 Kg di rifiuti di vario tipo, sempre per abitante, di cui circa 100 Kg  sono di quelli “eterni”, in genere metalli pesanti, di estrema tossicità se ingeriti (cadmio, zinco, mercurio, nichel, ecc) i quali, ad oggi, non sono assoggettati ad alcun trattamento nè vengono in qualche modo separati dal resto e messi a dimora perché non nuocciano. Quindi, questi rifiuti “eterni” assommano a sei milioni di tonnellate all’anno. E sono in giro, dispersi nell’ambiente.
Il rapporto fra rifiuti “eterni” e rifiuti radioattivi “high level” è  5000 a 1. Cinquemila a uno.
Il rifiuto radioattivo a più lungo tempo di dimezzamento è lo Iodio (peso atomico 129, tempo di dimezzamento 15 700 000 anni) presente per 170 circa grammi per ogni tonnellata di spent fuel di centrale, e con l’81% di isotopo radioattivo). Sottolineo: 170 grammi circa per ogni tonnellata di spent fuel di centrale.
In poco più di trent’anni di energia nucleare si sono prodotti meno di 2 milioni di tonnellate di rifiuti radioattivi. Circa 36 000 t (trentaseimila) sono quei “cattivi”. Gli “eterni” in trent’anni hanno totalizzato la non trascurabile cifra di 180 000 000 di ton (cent’ottanta milioni di tonnellate).
L’Italia non ha il nucleare. In compenso, produce più o meno gli stessi quantitativi di rifiuti della Francia. Quindi anche da noi i rifiuti “eterni” si accumulano a ritmi spaventosi.
Possiamo vedere i numeri da un altro punto di vista, sempre facendo riferimento alla Francia per i rifiuti radioattivi. Ricorriamo alla classificazione francese: VLLW (very low level waste) che significa basso livello di radioattività (da qui al 2020 si calcola che in totale essi saranno fra 1 e 2 milioni di metri cubi).
All’altro estremo troviamo HLW (high level waste), che sono materiali ad alta radioattività e lungo periodo di decadimento (oltre 30 anni). Da qui al 2020 si calcola che se ne accumuleranno 5 000 (cinquemila) metri cubici, equivalenti ad un cubo di 17 metri (diciassette metri) di lato. In mezzo, troviamo gli ILW (intermediate level waste), che nel 2020 saranno circa 60 000 (sessantamila) metri cubici. Ciò corrisponde ad un cubo di circa 40 metri di lato.
Facciamo il conto della serva. Consideriamo, per semplicità, un periodo di 50 anni (1970 – 2020). In Francia si sono dunque prodotti, in media:
- VLLW circa 40 000 m3 all’anno (un cubo di 34 metri di lato)
- ILW circa 1200 m3 all’anno (un cubo di poco più di 10 metri di lato)
- HLW circa 100 m3 all’anno (un cubo di meno di 5 metri di lato)
Siccome la Francia ha 60 centrali nucleari, e al mondo le centrali attuali sono meno di 500, le cifre di cui sopra vanno moltiplicate per 8-9 per trovare i valori a livello mondiale. Per trovare i valori in tonnellate, moltiplicate per circa 20.
Dal Key Energy Statistics pubblicato dall’IEA (International Energy Agency) apprendiamo che nel 2008 sono state prodotte in totale 28 962 Mt (vent’ottomila novecento sessantadue MILIONI di tonnellate) di anidride carbonica (CO2). Il carbone e la torba ha contribuito per il 42%, il gas per il 20% e i combustibili derivati dal petrolio per il 38%.
Questa quantità, in condizioni standard (cioè 20° C di temperatura e pressione atmosferica) corrisponde a 14 627 milioni di m3. Quattordici miliardi e 627 milioni di metri cubici. L’Italia, sempre nel 2007, ne ha prodotti 220 milioni di m3 (437 milioni di ton). La Francia, grazie al nucleare, 186 milioni di m3 (369 milioni di ton).
Ci sono solo quattro modi per liberarsi dell’anidride carbonica, che, come sapete (ma non è vero) è causa del global warming. Primo: non produrla (grazie tante, direte voi: ma non è banale, come commento, e lo vedremo). Secondo: darla in pasto ai vegetali (si sa: le piante “mangiano” CO2 e restituiscono ossigeno). Terzo: ricombinare la CO2 con qualche altro elemento per “trasmutarla” (oggi non si fa, nel futuro non si sa. Tecnologie? Boh. Costi? Ariboh). Quarto: CCS. Carbon Capture and Storage: estrarre la CO2 dagli elementi con i quali è mischiata, ovunque sia prodotta (milioni e milioni di posti diversi, e questo già la dice lunga sulla non fattibilità della cosa) e metterla a dimora, cioè immagazzinarla.
Se non la dai in pasto alle foreste, e se non la ricombini, la CO2 è “perenne”: it lasts for ever.
Pensiamo ai numeri. Quattordici miliardi e 627 milioni di m3…all’anno. Cosa hanno scelto di fare quei geni che militano sotto le bandiere dell’IPCC? Obviously. CCS. Le tecnologie? Non esistono. I costi? ‘un se sa. Come pensano di metterla a dimora, cioè in un posto dove non possa nuocere? Semplice. La voglio sotterrare. Oppure inabissare. Siccome questo è il programma del’IPCC, il mio commento da ingegnere è: fateli ricoverare, tutti, e subito.
Vediamo perché. La CO2 è un gas. Ad alta pressione (250 atm) diventa un liquido. Ergo. Se la vuoi sotterrare, e vuoi evitare che ritorni a galla, la devi sotterrare in terreni impermeabili ai gas, e a grandi profondità. A differenza dei rifiuti nucleari, la CO2 non decade: dunque fra un milione di anni, se ritorna in superficie, provoca i medesimi sconquassi che provocherebbe oggi. Se, come qualche finissima testa di c…z dell’IPCC pensa, la vuoi pompare in fondo al mare, dovresti farlo a profondità dell’ordine dei 2500 – 3000 metri.
Dunque provate a immaginare lo scenario: una miriade di CO2dotti, nel mondo, che raggiungono il mare dove le profondità sono quelle dette e pompano il gas a pressioni superiori alle 250 – 300 atmosfere…per immettere il gas a profondità tali da essere matenuto allo stato liquido. Tecnologie disponibili per fare questa cosa? Ad oggi, nessuna. Costi? Nessuno lo sa, ma sicuramente iperbolici. Sicurezza che per miliardi di anni, dopo avere tanto speso, nulla accadrà? Nessuna. Si sa, le correnti marine mutano. Ci sono eruzioni vulcaniche. Derive tettoniche. Insomma: nessuno può garantire che la CO2, pompata a 3000 m sotto il livello del mare, vi rimanga per l’eternità. Perchè di questo si ha bisogno: visto che la CO2 è un prodotto perenne.
Ammettiamo che qualcosa vada storto. E l’anidride carbonica torni a profondità meno profonde.
Potrebbe tornare allo stato gassoso e discioglersi nell’acqua. Conseguenze? Nessuno le conosce. Magari si mette fine alla fauna marina, visto che le ricombinazioni possibili portano a soluzioni acide. Ecco. Questo sarebbe, in alternativa al nucleare, il programma dell’IPCC, e di quell’altra sòla planetaria che va sotto il nome di 450 ppm.
Io non traggo le conclusioni: faccio l’ingegnere, dunque ho un certo vantaggio. Ma dico due cose. Primo: sono sgomento di come, in ambito planetario, i cosiddetti “scienziati” siano del tutto privi del buon senso che un modesto ingegnere, per far bene il suo mestiere, deve possedere. Anzi, tanto per essere moderati, diciamo pure che o sono imbecilli o sono….interessati a propagare questo verbo.
Secondo: fate appello alla vostra intelligenza.
E’ più difficile mettere in stoccaggio in modo che non nuocciano poco più di 40 milioni  (quaranta) di tonnellate di materiale pericoloso accumulaltisi in 50 anni oppure 28 962 milioni di tonnellate all’anno?

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