Università in rivolta contro i tagli

Studenti e docenti uniti: esami all'aperto a Roma, sciopero della fame a Padova, corsi a rischio in tutta Italia
Esami all’aperto, sciopero della fame, corsi a rischio. L’Università italiana è in rivolta contro i tagli imposti dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e dalla riforma Gelmini, ma non riesce a far sentire la sua voce. E allora docenti, studenti e ricercatori cercano metodi di protesta spettacolari per rompere il muro di silenzio che li circonda.

ESAMI ALL’APERTO A La Sapienza di Roma il Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia, ha stabilito insieme agli studenti una manifestazione che non danneggi nessuno (l’idea iniziale era quella di cancellare la sessione d’esame estiva, questo però sarebbe costato ai laureandi l’accesso alle borse di studio) ma che non passi inosservata: dopo il rinvio degli esami di una settimana, da ieri gli appelli si sono svolti nelle strade della città universitaria e, durante la notte, “al buio” nei locali della facoltà. “Quest’iniziativa estrema – spiegano gli insegnanti de La Sapienza – intende indicare anche simbolicamente che un’università indebolita nel finanziamento e negli investimenti da parte dello stato è destinata a vivere periodi bui e a finire in strada, perdendo anche le sue strutture fondamentali”. Il Consiglio di Facoltà ha espresso le difficoltà di sostenere l’offerta formativa del prossimo anno accademico e dei successivi, in presenza di un quadro normativo e finanziario così penalizzante come quello prefigurato dalla riforma Gelmini e dalla legge 133.

SCIOPERO DELLA FAME Il taglio di 1,5 miliardi di euro in 5 anni, infatti, è inaccettabile anche per gli atenei considerati “virtuosi”. Come Padova, dove i professori e i ricercatori hanno cominciato ieri lo sciopero della fame in piazza, tra il Comune e il palazzo del Bo, sede dell’Università. L’iniziativa funzionerà a staffetta: i promotori hanno chiesto ai colleghi di impegnarsi a gruppi di tre per 24 ore di seguito. Lo sciopero ad oltranza si svolgerà su base puramente volontaria. Il primo giorno hanno rinunciato al cibo tre docenti del dipartimento di Chimica, la ricercatrice Chiara Maccato e i professori ordinari Maurizio Casarin e Giorgio Moro.  “Il motivo di questa protesta – afferma Casarin – è quello di spiegare alla stampa e alla cittadinanza la drammatica situazione dell’Università italiana. Molte persone non hanno chiaro che si sta andando verso la negazione di un diritto, tutti i ragazzi dovrebbero frequentare un’università degna di questo nome. Quest’anno ci hanno detto di fare il tifo per gli evasori, così avremmo avuto dei soldi dai capitali rientrati con lo scudo fiscale. É inaccettabile. E non ci daranno neanche quelli, di quattrini”. Ricercatori e docenti saranno colpiti anche da un altro taglio presente in manovra, il blocco stipendiale: “Abbiamo appena saputo – spiega ancora Casarin – che l’emendamento della Finanziaria che prevedeva lo stop agli scatti d’anzianità per una serie di categorie, come i magistrati, i diplomatici, la polizia, docenti e ricercatori, ormai riguarda solo la nostra categoria e i diplomatici. Perché il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, si è battuto per i poliziotti, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha fatto eliminare dalla norma i togati mentre per noi non si preoccupa nessuno. Specialmente per i ricercatori, che prendono 1.200 euro al mese e senza progressioni di carriera faranno la fame”. Per il professore padovano, il problema è nel mondo accademico: “I diplomatici sono scesi in piazza e saranno anche loro esclusi. L’Università non reagisce. Ha un ventre molle, continuamente vessato. Come i militari, vittime di nonnismo. Ci danno un colpo in testa e, se la alziamo, ne è pronto un altro”.

CORSI A RISCHIO A Torino il senato Accademico del Politecnico ha deciso di ritardare l’inizio dell’anno accademico al 4 ottobre. Lo slittamento potrà anche causare la sospensione della sessione di laurea estiva. I professori del Politecnico sono stati costretti a ritardare l’inizio dei corsi per la protesta dei ricercatori che hanno deciso di non accettare la docenza dal prossimo anno, perché non riconosciuta con la nuova riforma. Lo stesso problema si sta ponendo in tutte le università italiane, e per adesso non ci sono novità per quanto riguarda l’annunciata cancellazione della terza fascia docente.

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