Intercettazioni: il ddl Alfano cancella la norma voluta da Falcone

La maggioranza propone il testo approvato un anno fa alla Camera. Sostituisce le norme che erano in procinto di passare in commissione Giustizia del Senato. Ma la sostanza non cambierà
La cosa più grave è che in entrambe le versioni del ddl si è cancellata la norma voluta da Giovanni Falcone (art. 13 decreto legislativo n. 152) secondo la quale la procedura più semplice per autorizzare le intercettazioni (e cioè quella per la quale bastano ‘sufficienti indizi di reato’ e che non siano ‘assolutamente indispensabili’ per la prosecuzione delle indagini), venga applicata a tutti i reati di criminalità organizzata, non solo quella mafiosa. In questo modo con l’abrogazione di questo art. 13 del decreto legislativo n. 152 sarà difficilissimo intercettare tutti quei reati di criminalità organizzata che non si può considerare mafia. Penso, ad esempio, alla banda della Uno bianca, a quella dei Tir, a quella dei giostrai. Per poter intercettare questo tipo di reati serviranno i gravi indizi di reato, l’autorizzazione del gip del tribunale distrettuale del capoluogo in composizione collegiale, eccetera, eccetera. Insomma diventerà praticamente impossibile fare un controllo efficace”.
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 FalconeNON BASTANO GLI INDIZI – A lanciare l’allarme su come la sostituzione del testo in procinto di essere approvato in commissione Giustizia del Senato con quello passato in aula alla Camera un anno fa è l’On. Luigi Li Gotti, responsabile giustizia dell’Italia dei Valori. Punta il dito contro il comma 32 del disegno di legge presentato dal ministro della Giustizia Alfano, e approvato a Montecitorio l’11 giugno 2009, che recita: “L’articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, è abrogato”. Le norme approvate 19 anni fa davano la possibilità agli inquirenti di usufruire di intercettazioni laddove sussistevano “sufficienti indizi” per una gran mole di reati: delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni, delitti contro la pubblica amministrazione, delitti concernenti sostanze stupefacenti, delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive, delitti di contrabbando e reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono. Secondo il ddl Alfano, invece, ci sarebbe bisogno di ‘evidenti indizi di colpevolezza’.
I DIVIETI RESTANO – Insomma, la sostanza non cambia. Il testo passato alla Camera, infatti, sostituirebbe la norma dell’art. 114 del c.p.p. che recita: “E’ sempre consentita la pubblicazione del contenuto degli atti”. Ecco quale norma ne prenderebbe il posto: “E’ in ogni caso vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione. E’ altresì vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni telematiche riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini, di cui sia stata disposta l’espunzione”.

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