Non avrai dubbi tuoi né un'opinione personale


Il tempo fa riaffiorare i cadaveri, permette alle polveri di sedimentare e gratta via le incrostazioni dalla tela. A poco a poco, il quadro complessivo inizia a svelarsi, mostrando anche i piccoli dettagli.

Il 31 marzo 2009, la Commissione Grandi Rischi si riunisce a L'Aquila. L'assessore alla PC della Regione chiede a Franco Barberi, vicepresidente della Commissione, "se si possa affermare con sicurezza che non si possa dare credito a chiunque affermi di poter fare previsioni e proponga strumenti allo scopo". Ovviamente la domanda si traduce così: "Cosa dobbiamo fare con Giuliani?". Barberi risponde che "oggi non ci sono strumenti per fare previsioni, e qualunque previsione non ha fondamento scientifico". Ovviamente la risposta si traduce così: "Ignoratelo, è un ciarlatano" [cfr. Verbale della commissione grandi rischi - L'Aquila - 31 marzo 2009].

Quando esce dalla Commissione, Franco Barberi chiama subito Guido Bertolaso e lo informa di avere portato a termine con successo il compitino.

Bertolaso: "Ciao Franco, dimmi tutto!".
Barberi: "Stiamo rientrando con Chiccho da L'Aquila."
Bertolaso: "Sì..."
Barberi: "Mi sembra che quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto, compreso quello di dare qualche parola chiara sull'impossibilità di previsione... Quindi sul fatto che questi messaggi che arrivano sono totalmente privi di credibilità e poi anche una valutazione della situazione che, per quello che si può..., mi pare tutto bene.".

Perché Franco Barberi e Guido Bertolaso si preoccupano così tanto di dare qualche parola chiara? Per scoprirlo, diamo un'occhiata ai dieci comandamenti della comunicazione in tempo di crisi, meglio noti come Metodo Augustus, utilizzato dalla Protezione Civile sin dall'alluvione della Versilia nel 1996, perfezionato durante la crisi sismica in Umbria e nelle Marche del 1997 e pronto per l'uso il 31 marzo 2009 a L'Aquila.
A pag. 52 si legge testualmente che:

chi riceve una comunicazione pretesa [ndr: la gente che pretende di essere informata] deve ricevere un messaggio che non lo metta nella condizione di:

1. avere dubbi;
2. interpretare;
3. farsi una opinione personale;
4. prendere decisioni autonome;

Che la popolazione colpita da una catastrofe possa farsi un'opinione personale è quindi cosa sgradita, da evitare come la peste. Poco importa se si tratta di togliere l'ultima cosa rimasta integra, cioè la facoltà di pensare, a chi ha perduto tutto: deve essere trasformato in un automa programmabile, un organismo privo di coscienza e di ogni forma di individualità, un mero esecutore di ordini.
Questa è la formazione paramilitare, l'abc della Protezione Civile - come viene chiamato il Metodo Augustus in un numero di DPC Informa - che spinge due alti profili istituzionali, colleghi di Bertolaso, Boschi e Barberi, oppure loro stessi, a intercettare quello stesso giorno una troupe Rai per impedire la diffusione dell'intervista strappata a Giampaolo Giuliani.

Curiosamente, Franco Barberi deve averne fatta di strada rispetto a ciò che scriveva dopo il terremoto umbro, a pagina 35 di
un numero di DPC Informa: "Informazione corretta vuol dire descrivere come stanno le cose effettivamente, senza avere rispetto né per i dati che vengono forniti dall’amministrazione pubblica interessata, ma anche senza seguire l’infinitesima polemica da chiunque venga sollevata".
Una visione encomiabile del ruolo dell'informazione, che appena impercettibilmente stona con le intercettazioni dei suoi dialoghi con Bertolaso, ovvero quei toni da esecuzione capitale che se fossero stati profferiti da Marlon Brando sarebbero ancor meno controversi di quanto non siano: "quel che dovevamo fare, l'abbiamo fatto", una variante di quel "Tutto è compiuto" che Gesù Cristo pronunciò in croce, ad indicare un compito eseguito, una missione portata a termine, un obiettivo raggiunto: "dare qualche parola chiara sull'impossibilità di previsione...", sul fatto che "questi messaggi che arrivano sono totalmente privi di credibilità". In maniera che agli aquilani non potesse restare alcun dubbio, che non avessero a formarsi un'opinione personale.

E certamente pochi, pochissimi dubbi, anzi direi nessuno, aveva Paolo Giuntella, inviato del TG1 - lo stesso telegiornale che censurò l'intervista di Giuliani nel 2009 -, alla cui memoria è intitolata la Biblioteca Rai di viale Mazzini. Ecco le parole di Paolo, dopo la sua esperienza giornalistica durante il terremoto umbro-marchigiano.

« Il terremoto è stata anche la prima grande emergenza, la prima catastrofe, che avrebbe dovuto affrontare il nuovo governo dell’Ulivo. Dunque il normale, necessario e indispensabile, controllo democratico dell’opinione pubblica sulla puntualità degli aiuti, sull’organizzazione degli aiuti, sulla sistemazione dei prefabbricati e dunque l’urbanizzazione delle aree, si è trasformata anche in una occasione “politica” per l’opposizione [ndr: all'opposizione c'era Berlusconi] per cercare di utilizzare contro il governo ritardi, defaillances, problemi organizzativi, proteste della popolazione. E questo ha profondamente influenzato l’informazione.

Resterà famosa, come caso giornalistico, la storia delle chiavi dei primi containers consegnati a Colfiorito e quindi – secondo un articolo del «Corriere» poi ripreso dalle Tv ed enfatizzato da «Striscia la notizia» – ritirate a cerimonia ufficiale conclusa dalle mani dei terremotati assegnatari. La notizia fu poi smentita: non era stata una messa in scena. Ma nessuno se ne è più occupato. Noi stessi, al tg1, avevamo chiesto e ospitato un servizio ispirato alla notizia dello «scandalo», poi non abbiamo mandato in onda, il giorno dopo, un servizio, pur realizzato, che ridimensionava tutto.

Anche a me, come ho già affermato in pubblico, è capitato di drammatizzare la situazione del freddo o dei ritardi: ho raccontato da Casenove (Foligno) che nei containers ci pioveva, tagliando però il terremotato intervistato quando chiariva che, in ogni caso, la mattina stessa erano venuti i tecnici a coprire il tetto del prefabricato.

Abbiamo costantemente «censurato» gli intervistati che elogiavano protezione civile, vigili del fuoco, governo (a me è capitato a Serravalle del Chienti) per la rapidità e l’impegno nei soccorsi. Abbiamo un po’ esagerato nell’ignorare lo straordinario impegno della protezione civile. Così mi è capitato di essere stato accusato dal sottosegretario Barberi, con il quale ho avuto poi un confronto-chiarimento molto sereno e positivo, di fare informazione cattiva o non obiettiva»


Della medesima opinione era anche lo stesso Franco Barberi, sempre in occasione del terremoto umbromarchigiano, a equilibri di governo rovesciati. Nel suo racconto, l'accanimento dei media contro il Governo Prodi, successivamente ripetutosi con il Governo Prodi II [cfr. Il vergognoso grafico della disinformazione]

« Un giorno di dicembre, accompagnavo Prodi in una visita alle zone terremotate e naturalmente, essendoci il Presidente del Consiglio, c’era un codazzo di giornalisti. Credo che nessuno meglio dei giornalisti italiani conosca la capacità di protesta degli italiani. Se gli italiani devono protestare, protestano, lo sappiamo bene e quale occasione migliore della visita del capo del governo?
Durante i contatti con la gente il Presidente del Consiglio invece ha ricevuto apprezzamenti sul nostro operato. Un gruppo di giornalisti si chiedeva allora cosa scrivere il giorno dopo se nessuno protestava o urlava. »

Farsi un'opinione personale non sembra essere deprecabile solo per i terremotati nelle tendopoli, ma anche realisticamente impossibile per i telespettatori dei telegiornali. A seconda dei casi, si racconta che va tutto male oppure che va tutto bene. Ma se la redazione del TG1, organo istituzionale tradizionalmente ancorato al partito di maggioranza, dava addosso al Governo Prodi durante il Governo Prodi, e se lo stesso magnifica ora il Governo Berlusconi durante il Governo Berlusconi, e se per di più le emittenti private sono di Silvio Berlusconi, allora è possibile che esistano ancora dubbi su chi detenga il controllo dell'informazione in Italia?

Siamo un popolo disastrato, agonizzante, abbandonato sotto alle macerie della libertà di stampa. In quanto tale, a maggior ragione, non ci è consentito avere dubbi, interpretare, farci un'opinione personale né prendere decisioni autonome.

Su questo, almeno, non ci sono dubbi.

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